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Carbone

Che cosa cambierà per l’Ue dopo l’embargo del carbone russo

L'Unione europea vuole vietare gli acquisti di carbone dalla Russia. Ecco l'impatto per Mosca e per gli Stati europei. Tutti i dettagli

 

Dopo il massacro di civili compiuto dall’esercito russo nella città di Bucha, vicina alla capitale dell’Ucraina, la Commissione europea ha proposto nuove sanzioni economiche contro la Russia. Che comprendono, tra le altre cose, il divieto di importazione di carbone russo, per un valore di 4 miliardi di euro all’anno.

Per fare un paragone, l’Unione europea acquista da Mosca gas e petrolio per circa 100 miliardi di euro all’anno; il distacco da questi due combustibili fossili è però più complesso e osteggiato da alcuni stati membri (come la Germania), vista la profonda dipendenza e le difficoltà di sostituzione immediata con fornitori diversi. La Commissione, comunque, anche su spinta francese, ha detto di stare lavorando all’imposizione di sanzioni sul petrolio russo.

L’economia e le entrate della Federazione russa dipendono dalla vendita di idrocarburi all’estero: il combustibile più redditizio è il petrolio, seguito dal gas. HuffPost scrive che il carbone vale il 3,5 per cento dei ricavi energetici del regime di Vladimir Putin.

UN PRECEDENTE IMPORTANTE

Al di là del valore dell’interscambio, la mossa della Commissione europea sul carbone è importante perché segna un precedente: sono le prime sanzioni del blocco verso la Russia a prendere di mira l’energia, finora lasciata fuori dalle ritorsioni economiche per l’invasione dell’Ucraina.

La Russia vale oltre il 46 per cento del carbone importato dall’Unione europea, circa il 40 per cento del gas naturale e intorno al 30 per cento del petrolio.

I FORNITORI DI CARBONE ALL’UNIONE EUROPEA

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L’Unione europea importa carbone principalmente dalla Russia, gli Stati Uniti e l’Australia.

REPORT BRUEGEL

Il think tank Bruegel sottolinea che il carbone metallurgico russo (quello utilizzato per produrre l’acciaio) rappresenta tra il 20 e il 30 per cento delle importazioni di carbone dell’Unione europea. La quota russa sulle importazioni di carbone termico (utilizzato per la generazione di energia) è invece quasi il 70 per cento: Germania e Polonia sono i paesi più dipendenti.

L’IMPATTO SULLA GERMANIA

Come ricorda Bloomberg, circa il 10 per cento dell’elettricità tedesca viene generata attraverso la combustione dell’antracite, un tipo di carbone ad alta densità energetica. Il ministro dell’Economia Robert Habeck sostiene che il paese riuscirà a fare a meno del carbone russo entro la fine dell’anno: non sarà facile, e sarà probabilmente costoso.

Il mese scorso la società energetica EnBW ha annunciato l’avvio di un percorso di diversificazione degli approvvigionamenti di carbone per ridurre la dipendenza dalla Russia (altissima, sopra l’80 per cento nel 2021), specificando due cose: che il rimpiazzo totale sarà possibile solo nel medio termine, e che il carbone di paesi come l’Australia e il Sudafrica costerà di più.

È POSSIBILE FARE A MENO DELLA RUSSIA?

Il distacco dalla Russia non si riduce a un aumento degli acquisti da altri produttori: è necessario trovare qualità di carbone simili per potere calorifero e per contenuto di zolfo, in modo che gli impianti possano riceverlo e lavorarlo in maniera efficace. Il carbone indonesiano, per esempio, non è un sostituto ottimale.

Le alternative al carbone russo esistono, sulla carta, ma difficilmente si riveleranno altrettanto economiche: c’è anche un fattore di prossimità geografica tra la Russia e l’Europa che agevola la logistica. E, soprattutto, difficilmente queste alternative si riveleranno accessibili: la disponibilità di carbone sul mercato è limitata, ed è possibile che possa nascere una competizione internazionale per l’accaparramento dei volumi non-russi disponibili.

Il mercato internazionale del carbone – si legge su S&P Global Platts – ammonta a circa 1,2 miliardi di tonnellate all’anno; la Russia vale circa il 20 per cento, ovvero 240-250 milioni di tonnellate. Pur perdendo gli acquirenti europei, potrebbe aumentare le vendite all’India e alla Cina.

I PREZZI

I prezzi sono già saliti. Martedì, dopo la notizia della proposta di ban della Commissione, il carbone europeo è cresciuto del 14 per cento; rispetto all’inizio dell’anno, i contratti (futures) sono raddoppiati di valore, riporta Bloomberg. La situazione è simile anche al di fuori dell’Europa: a marzo in Asia il carbone ha toccato un livello record; la settimana scorsa negli Stati Uniti il prezzo del combustibile è arrivato a 100 dollari la tonnellata per la prima volta in tredici anni.

CHI COMPRA IL CARBONE RUSSO

I principali acquirenti di carbone termico russo sono l’Europa (nettamente), seguita dalla Cina, la Corea del sud e il Giappone.

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Grafico via Bloomberg, aggiornato al 2020.

IL CARBONE AMERICANO NON PUÒ GIUNGERE IN EUROPA

Gli Stati Uniti non potranno aiutare l’Unione europea con il loro carbone, di cui sono importanti produttori, perché le grandi aziende minerarie americane hanno già venduto in anticipo, attraverso contratti di lungo termine, quasi tutto il carbone che estrarranno nel 2022. E non sono in grado di aumentare la produzione perché la loro capacità produttiva è satura, data la mancanza di investimenti in nuove miniere per questioni di impatto ambientale e di transizione verso le fonti a basse emissioni.

Ci sono, infine, problemi logistici – la carenza di lavoratori, ad esempio – che complicano il trasporto di tonnellate e tonnellate di carbone dai luoghi di estrazione ai porti.

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