Eni ha annunciato oggi la firma di un contratto di compravendita di energia elettrica con Commonwealth Fusion Systems, la startup statunitense di fusione nucleare di cui è azionista strategica e partner tecnologica.
LA CENTRALE ARC DI COMMONWEALTH FUSION SYSTEMS
L’accordo, dal valore di oltre 1 miliardo di dollari, riguarda l’acquisto da parte di Eni dell’elettricità prodotta dalla centrale a fusione Arc, che Commonwealth Fusion Systems intende costruire in Virginia e collegare alla rete entro la prima metà degli anni 2030.
Nelle intenzioni, Arc sarà la prima centrale elettrica a fusione di tipo commerciale, dalla capacità di 400 megawatt. Attualmente, però, Commonwealth Fusion Systems non è ancora riuscita a ottenere un bilancio energetico positivo (net energy gain, in gergo) dalla reazione di fusione né a stabilizzarla per lunghi periodi di tempo: si tratta di condizioni necessarie – non le uniche, ma le principali – per l’avviamento di un impianto commerciale.
COME FUNZIONA LA FUSIONE A CONFINAMENTO MAGNETICO
La fusione, semplificando, è un processo inverso alla fissione che produce energia dall’unione di atomi leggeri (l’idrogeno), anziché dalla rottura di atomi pesanti (l’uranio).
Nel caso di Commonwealth Fusion Systems, il processo utilizzato si chiama “confinamento magnetico”: prevede l’utilizzo di tokamak, delle macchine a forma di ciambella al cui interno vengono generati dei potenti campi magnetici in grado di confinare il plasma. Il plasma è uno stato della materia ottenuto dalla fusione ad alte temperature (sopra i 100 milioni di gradi Celsius) di deuterio e trizio, due isotopi dell’idrogeno.
Come la fissione nucleare, la fusione permette di produrre energia in maniera continuativa e senza emissioni di gas serra. Il vantaggio ulteriore di quest’ultima sta nel fatto che, in teoria, una volta stabilizzato il plasma, questo permetterebbe di generare elettricità per decenni. La quantità di combustibile richiesta, inoltre, sarebbe ridotta e il deuterio (in particolare) e il trizio sono relativamente facili da recuperare.
Al momento, comunque, la fusione si trova allo stato sperimentale.
ANCHE GOOGLE PUNTA SULL’ENERGIA DA FUSIONE
I termini finanziari dell’accordo con Eni non sono stati divulgati. Si tratta, però, già del secondo accordo di compravendita energetica firmato da Commonwealth Fusion Systems in tre anni: a giugno era stata Google a siglato un contratto di fornitura dalla centrale Arc, da 200 MW.
Un’altra compagnia tecnologica statunitense, Microsoft, si era accordata già nel 2023 con Helion Energy, un’altra azienda statunitense di fusione, per l’acquisto di 50 MW da un impianto in fase di realizzazione: si stima sarà pronto nel 2028. L’energia andrà ad alimentare i centri dati del colosso guidato da Satya Nadella.
CHI FINANZIA COMMONWEALTH FUSION SYSTEMS
Legata inizialmente al Massachusetts Institute of Technology, Commonwealth Fusion Systems è stata fondata nel 2018 e ha sede a Devens. Ad oggi ha raccolto circa 3 miliardi di dollari, più di qualsiasi altra startup del settore.
Sostenuta da Eni (fin dal 2018), da Google e dal fondo di clean tech Breakthrough Energy di Bill Gates, Commonwealth Fusion Systems ha organizzato a fine agosto un giro di finanziamenti che le ha permesso di ottenere 863 milioni di dollari: hanno partecipato, tra gli altri, Nvidia (attraverso il fondo di venture capital NVentures), Neva Sgr di Intesa Sanpaolo e un consorzio di dodici aziende giapponesi capeggiato da Mitsui.
COSA FA ENI NEGLI STATI UNITI
Eni è attiva negli Stati Uniti dal 1968, operando nei settori degli idrocarburi (con una produzione annua di 12 milioni di barili di petrolio), della bioraffinazione, della vendita di lubrificanti e dell’energia rinnovabile (gestisce una ventina di parchi eolici e solari). A Boston ha sede Eni Next, società controllata di venture capital dedicata agli investimenti nelle tecnologie energetiche innovative.