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Ecco come Gazprom farà gasare la Germania sul Nord Stream 2

Tutte le novità sul Nord Stream 2 in Germania: la nascita della fondazione pubblica in Meclemburgo (con soldi Gazprom, secondo i media) per aggirare le sanzioni Usa e portare a termine il gasdotto, le reazioni di Berlino (livello federale) e le polemiche

Galeotta fu la fondazione. A Schwerin, capitale del Meclemburgo-Pomerania Anteriore, il Land della Germania settentrionale che si incunea verso la Polonia ed è bagnato dal Mar Baltico, è nato un nuovo think-tank. Si chiama “Stiftung Klima- und Umweltschutz”, che tradotto in italiano suona come “Fondazione per la difesa del clima e dell’ambiente”. Ma non è ecologico lo scopo per cui è nata, in fretta e furia, con il voto favorevole dei deputati regionali di maggioranza (Spd e Cdu), dell’opposizione di sinistra (Linke) e con l’astensione di gran parte dei parlamentari dell’estrema destra di Afd. L’obiettivo vero è quello di “contribuire allo stato di avanzamento dei lavori del gasdotto Nord Stream 2”, avviando, nel quadro delle competenze di questa nuova istituzione pubblica e senza scopo di lucro, attività di natura commerciale.

Lo statuto lo permette. È l’atteso “trucco”, il colpo di mano, con cui un singolo Land tedesco intende scrivere pagine di politica estera ed energetica.

A rendere la vicenda più scottante, la circostanza rivelata da media tedeschi (Bild, Welt, Spiegel) che della dotazione finanziaria di partenza, ben 20 milioni di euro siano arrivati da Gazprom, attraverso la controllata Nord Stream AG, e solo 200.000 euro siano stati stanziati dalle casse pubbliche del Meclemburgo. Soldi russi per una struttura tedesca che serve ad aggirare sanzioni americane. Suona paradossale e rimanda a intrecci da guerra fredda, con i ruoli invertiti. E in più l’imbarazzo dell’utilizzo di soldi dei contribuenti tedeschi, seppur in misura largamente minoritaria.

La presidente del Land, la socialdemocratica Manuela Schwesig, ha difeso la sua creazione, di cui si parlava già da qualche mese. Non ha negato l’interesse specifico nella battaglia sul gasdotto, ma lo ha relegato a un casuale effetto collaterale, quasi insignificante. In un messaggio video, Schwesig ha invece speso minuti e parole per enfatizzare il futuro sostegno della fondazione a progetti in difesa dell’ambiente, aggiungendo che l’idea di mettere in piedi una organizzazione specifica è nata dal desiderio di venire incontro alla volontà mostrata dai cittadini di impegnarsi sul terreno ecologista. Un eccesso di confidenza che ha fatto infuriare gli ecologisti.

Per il Meclemburgo, il gasdotto è questione vitale. A Lubmin, nei pressi di Greifswald, si trovano i terminali dei due controversi condotti che connettono la Russia con la Germania: il Nord Stream 1, già operativo dal 2011, e il Nord Stream 2, cui mancano solo pochi chilometri di tubature in acque territoriali danesi per essere completato. Alla sua attività sono legati posti di lavoro e introiti fiscali, nonché un accresciuto rilievo geopolitico per un’area altrimenti periferica rispetto ai grandi giochi europei. Lo scatto in avanti è stato probabilmente facilitato anche dai timori che le sanzioni americane potessero prima o poi abbattersi anche su istituzioni pubbliche della regione, come le autorità portuali che hanno fornito sostegno alle operazioni legate al gasdotto. Misure in tal senso erano state minacciate in estate, scatenando un dibattito preoccupato sulla loro legalità o meno. Poi gli stessi legislatori statunitensi avevano lasciato cadere l’ipotesi.

Le prime sanzioni americane avevano bloccato i lavori proprio all’ultimo miglio, costringendo le navi della società svizzera All Sea, specializzata nelle operazioni di posa sottomarina dei tubi, a ritirarsi dal progetto per timore di conseguenze economiche. Sotto il Baltico tutto è rimasto in silenzio per un anno, fino a quando lo scorso mese la società controllata di Gazprom, Nord Stream 2 AG (anch’essa con sede in Svizzera), ha annunciato la ripresa dei lavori. Una prima parte è stata già esaguita nei giorni scorsi, a ridosso del terminale di Lubmin. Adesso si tratta di completare il segmento mancante nelle acque danesi. All’opera la motonave russa Fortuna, nei mesi scorsi rimasta ancorata in un porto dell’isola di Rügen, sempre in Meclemburgo, e ora mossasi verso la zona delle operazioni dove sarà assistita da altre navi russe, tra cui la Baltic Explorer e la Murman.

Ora la fondazione regionale si offre da scudo per tutte le attività dei partner coinvolti nella realizzazione del del gasdotto. Queste passeranno attraverso la fondazione pubblica sfuggendo in tal modo al radar delle sanzioni statunitensi.

Da Mosca nessuna reazione specifica sulla nascita della fondazione. Il vice primo ministro Alexander Novak è tornato sul tema Nord Stream 2 in un’intervista alla tv Rbk per ribadire la tesi che l’opposizione Usa sia dovuta solo a motivi concorrenziali per il gas naturale e dirsi sicuro che le aziende europee impegnate nel progetto collaboreranno per portarlo a termine, senza preoccuparsi delle ritorsioni di Washington. Di sicuro, l’intervento del Meclemburgo può fornire il cappello legale necessario.

E Berlino? Come al solito la politica nazionale tedesca mantiene basso il tono sulla vicenda. Dopo il ruolo decisivo giocato nella definizione dell’accordo Ue-Cina sugli investimenti, il gasdotto russo-tedesco è il secondo grave punto di frizione tra Germania e Stati Uniti. È di dominio pubblico la notizia che il nuovo presidente Joe Biden non abbia gradito la fuga in avanti sulla Cina, e non sarebbe sorprendente che fosse irritato anche da questa ulteriore mossa preventiva.

Il ministro degli Esteri di Berlino, Heiko Maas, ha provato a gettare acqua sul fuoco. In una dichiarazione si è detto scettico sulle funzioni della fondazione pubblica: “È una decisione assunta dal Land del Meclemburgo, non dal governo federale”. Il ministro ha detto di continuare a sperare in un “accordo amichevole” tra Germania e Stati Uniti sulla questione, sottolineando come, nel nuovo regime di sanzioni degli Usa contro l’infrastruttura, sia previsto un meccanismo di consultazione: “Prima che le sanzioni vengano attuate, ci saranno consultazioni governative”. Ed è qui che la Germania spera di presentare offerte che possano risultare vantaggiose per tutti. Di certo, da Berlino non arriva alcun segnale di voler rinunciare al progetto, che si risolverebbe in un disastro economico non solo per i consorzi energetici che vi stanno partecipando. Ma gli analisti invitano a non farsi troppe illusioni sul cambio della guardia alla Casa Bianca. La Germania intende riprendere da capo il filo delle relazioni con Washington, immaginando che Biden sia in sintonia con la strategia del multilateralismo tedesco. In questo senso va intesa la recente proposta di un Piano Marshall per la democrazia Usa-Ue, lanciato nel fine settimana dallo stesso Maas in un’intervista all’agenzia di stampa tedesca Dpa. Ma si tratta di un’offerta generica che si è già attirata gli sfottò della stessa stampa tedesca, che trova un po’ imbarazzante il fatto che proprio la Germania, con la sua storia, possa immaginarsi come un’ancora della democrazia per gli Stati Uniti.

D’altronde, per quel che vale, le reazioni dei media sono state sarcastiche anche nel commentare la nuova fondazione di Schwesig. Non solo la stampa conservatrice del gruppo Springer (dal tabloid Bild all’ammiraglia Die Welt), ma anche quella liberal, come Spiegel e Tagesspiegel: un trucco ipocrita e imbarazzante, è stato il coro pressoché unanime, “un buon affare per Gazprom, non per la Germania”.

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