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Sabotaggio Nord Stream

Come si rigasano Germania e Russia sul Nord Stream 2

Le nuove mosse di Russia e Germania per la realizzazione del Nord Stream 2

Nelle acque del Baltico riprende la partita a scacchi sul Nord Stream 2, il raddoppio del gasdotto tra Russia e Germania, ostacolato da Stati Uniti, Polonia, Ucraina e Repubbliche Baltiche. Si tratta ormai delle battute finali e decisive di un confronto che si trascina da molti anni e che nelle prossime settimane troverà, in un modo o nell’altro, la sua soluzione.

A fare la prima mossa sulla scacchiera, dopo un anno di paralisi, è stata la nave russa Akademik Cherskiy, giunta tempo fa nell’isola di Rügen per sostituire le due navi della società svizzera Allseas ritiratasi per timore delle sanzioni americane. La Akademik Cherskiy è salpata giovedì scorso dal porto tedesco di Mukran in direzione Kaliningrad e, secondo i dati Gps della app Vesselfinder, si trova al momento in un punto centrale del Baltico tra Svezia, Polonia, Lituania e, appunto, l’enclave russa di Kaliningrad. Gazprom voleva affidare a lei la posa degli ultimi 76 chilometri di tubi che completeranno i 1200 chilometri del gasdotto da 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno, una portata doppia rispetto a quella già oggi garantita dal Nord Stream 1. Ma la nave è rimasta ancorata nel porto di Mukran per mesi, prima dell’inattesa mossa di giovedì.

La seconda mossa è arrivata dalla Germania, e precisamente dall’Ufficio per le vie navigabili e lo shipping “Ostsee” (che è il nome con cui i tedeschi chiamano il Mar Baltico) di Stalsund, che ha diramato a tutti i capitani un avviso di prudenza per avvio di lavori nell’area a sud della riserva naturale marina di Adlegrund. È la zona in cui si trovano le due estremità dei tubi che dal capolinea tedesco di Lubmin si proiettano verso il Baltico. Le operazioni, che riguardano 2,6 chilometri di tubature, riprenderanno sabato 5 dicembre, ha comunicato l’autorità marittima.

E così la partita riprende in grande stile, con gli Stati Uniti nel mezzo di una transizione presidenziale turbolenta che potrebbe rendere meno efficace la risposta di Washington. Una gara contro il tempo per chiudere quei 76 chilometri (circa il 6% dell’intera opera) che ancora impediscono al Nord Stream 2 di entrare in funzione: 16 chilometri si trovano nelle acque territoriali tedesche, i restanti 60 in quelle danesi.

Se l’accelerazione può essere comprensibile nell’ottica di Mosca, meno chiaro appare il vantaggio per Berlino. Il governo tedesco, pur non facendosi troppe illusioni, non aveva nascosto la speranza di poter intavolare con la nuova amministrazione Biden una nuova discussione a tutto campo e di poter trovare qualche spiraglio di compromesso anche sulla questione del Nord Stream 2, magari mettendo sul piatto della bilancia una più netta chiusura tedesca a Huawei sui progetti infrastrutturali del 5G, come sussurravano esperti dell’Spd all’Handelsblatt.

Ora invece democratici e repubblicani potranno a loro volta puntare ad approfondire le sanzioni esistenti, inasprendo il Protecting Europe’s Energy Security Act (Peesa), approvato dal Congresso proprio con lo scopo di mandare a gambe all’aria il gasdotto russo-tedesco. Nella sua versione attuale il Peesa aveva raggiunto l’obiettivo di bloccare il completamento dell’opera proprio sul miglio finale, costringendo la società svizzera Allseas a ritirare le sue navi di posa dei tubi. Ora, secondo un’indiscrezione di Bloomberg, i rappresentanti dei due partiti, che su questo filone si muovono compatti, avrebbero raggiunto l’accordo per mettere nel mirino di nuove sanzioni anche società assicurative e di certificazione coinvolte nel progetto. In un primo momento a Berlino avevano quasi tirato un respiro di sollievo, dal momento che in estate si erano accavallate voci su possibili ritorsioni economiche contro porti e funzionari tedeschi delle agenzie di autorizzazione: i falchi non hanno prevalso, erano stati i commenti dei quotidiani. Ma ora la doppia mossa che rimette in moto i lavori può essere interpretata a Washington come una fuga in avanti e ridare fiato alle posizioni più dure, tanto più che Joe Biden, almeno in teoria, non pare molto più morbido di Donald Trump sul Nord Stream 2: “Un progetto commerciale fondamentalmente cattivo e da impedire”, lo ha definito il nuovo presidente in un documento elettorale. Il Congresso vuole approvare l’inasprimento del Peesa entro la fine dell’anno.

E analisti americani ritengono che anche solo le sanzioni alle società di certificazione possano infliggere un colpo mortale al gasdotto. E forse non hanno torto. Il solo annuncio della misura ha causato il ritiro di Det Norske Veritas-Germanischer Lloyd (DNV-GL), la più grande società di classificazioni di navi del mondo. In un comunicato, la società norvegese ha detto di ritenere che “le attività di gestione del rischio per le navi attrezzate che servono il progetto Nord Stream 2 siano soggette a sanzioni statunitensi” e che non verrà intrapreso alcun servizio in contrasto con il Protecting Europe’s Energy Security Act.

Dalla Svizzera, dove la società che gestisce Nord Stream 2 ha la sua sede, una portavoce non ha voluto commentare con i quotidiani tedeschi la ritirata di DNV-GL, limitandosi a osservare che spetta ai governi e alla Commissione europea proteggere le aziende europee da sanzioni extraterritoriali illegali.

Il rifiuto norvegese riguarda tuttavia solo i servizi di certificazione legati alle navi che posano i tubi sul fondale e non quelli relativi alla pipeline stessa. Ma questa è una fotografia allo stato attuale e nessuno può prevedere se Washington adotterà ulteriori misure. Già in estate la DNV-GL si era detta sicura di poter assicurare le proprie prestazioni nel rispetto del regime sanzionatorio statunitense, ma solo pochi mesi dopo il quadro è cambiato.

L’Handelsblatt avanza un’ulteriore ipotesi. E cioè che alla fine possa tornare in gioco proprio la nave russa Akademik Cherskiy, dal momento che i danesi, nelle cui acque territoriali devono ancora essere posati 60 chilometri di tubi, non hanno indicato una precisa società di certificazione nel momento in cui hanno dato il via libera a Nord Stream 2 e quindi potrebbero accettare una sostituzione rispetto alla DNV-GL. E nel settore si specula da mesi che Gazprom potrebbe tentare la strada di una società di certificazione russa.

Ancora sul fronte tedesco, la tv regionale pubblica Nord Deutsche Rundfunk ha rivelato che il Land Meclemburgo-Pomerania Anteriore (dove si trovano i terminali di Nord Stream) avrebbe intenzione di creare una fondazione senza scopo di lucro per il progetto Nord Stream 2, sotto la cui protezione il gasdotto può continuare a essere costruito nonostante le minacce di sanzioni statunitensi. “Gli addetti ai lavori definiscono la fondazione un trucco legale intelligente”, racconta Ndr, rivelando che a capo della fondazione potrebbe essere designato l’ex presidente del Land Erwin Sellering (Spd).

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