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Che cosa succede al Fondo per la transizione energetica?

Perché sul Fondo per la transizione energetica la Corte dei Conti europea richiama la politica. L'articolo di Nunzio Ingiusto

 

Gira sottovoce, ma il problema non potrà essere eluso. La decarbonizzazione rischia di trasformarsi in una vittima del Recovery Fund. Ha del paradossale la nota della Corte dei conti europea secondo cui il Fondo per la transizione energetica (Just Transition Fund), dopo la maratona per la suddivisione degli aiuti post Covid, ha bisogno di un regolamento più chiaro. Qualcosa di più preciso sul legame con gli obiettivi climatici dell’Ue.

Deve essere addirittura progettato con maggiore attenzione ai bisogni reali e ai risultati, scrivono i giudici. La trattativa sulle risorse è stata un successo politico-diplomatico, ma di fatto ha aperto una buca bella larga lungo il percorso della riconversione energetica. Conclusa con dichiarazioni altisonanti sulla ritrovata unità europea, quell’accordo ha avuto un prezzo alto con tagli di alcune importanti voci di spesa. Rispetto ai cambiamenti climatici, continueremo a dire che è stato un capolavoro? E le posizioni ambientaliste di Francia, Italia, dei leader della sinistra?

Al JTF, sono andati 20 miliardi dei 40 previsti. La Commissione è intervenuta con una revisione della spesa che ha sollecitato il giudizio della Corte dei Conti. Qualcuno nei prossimi giorni dovrà pur dire qualcosa di ufficiale sulle operazioni fatte. I giudici non sono entrati nel merito del negoziato sul Recovery Fund, ma non c’è dubbio che con il loro parere hanno condizionato i prossimi passaggi fino al 2021, quando i soldi dovranno essere assegnati. Senza aggiustamenti, dicono, si potrebbero sprecare risorse con il rischio che il cambiamento strutturale che il Fondo per la transizione energetica vuole promuovere non si concretizzi. Magari per raggiungere gli obiettivi della decarbonizzazione al 2050 bisognerà trovare poi altri soldi. È realistico pensare, allora, che in quel caso si aprirà una partita altrettanto difficile, vista la ritrosia di alcuni governi ad abbandonare il carbone nei prossimi anni.

Per ora girano le dichiarazioni di Nikolaos Milionis, membro della Corte dei Conti europea. “Il Fondo per una transizione giusta è uno strumento chiave del Green Deal europeo. Serve a garantire che la transizione verso un’economia climaticamente neutra si svolga in modo equo, senza lasciare indietro nessuno”. Una visione positiva nella linea del Piano green della Presidente Ursula Von der Layen, sebbene il collegamento tra performance ambientali e finanziamenti sia relativamente debole. Possibile, aggiungono i giudici contabili, che Bruxelles “non ha effettuato una valutazione d’impatto a priori per giustificare l’importo modificato”? Vai a sapere chi e perché lo ha chiesto, senza avere opposizioni.

I fondi devono aiutare le economie nazionali a riconvertirsi, abbandonando gradualmente le fonti fossili. La preoccupazione maggiore che emerge è che le risorse da distribuire dopo la pandemia siano il freno principale per un passaggio epocale. Chi ha a cuore le sorti di un processo generazionale non se ne capacità. E sarebbe ancora più paradossale alla fine dover constatare maggiore pragmatismo in giudici contabili che in capi di Stato e di governo. Tutti esultanti della nuova Europa unita.

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