Di chi sono le vere responsabilità del buco di Saipem?
Intervistato dal Sole 24 Ore riguardo al processo di gestione del rischio della società, l’amministratore delegato di Saipem Francesco Caio ha parlato di “problemi” che “vengono da lontano”: “Bisogna ricordare”, ha spiegato, “che negli ultimi 6 anni questa azienda ha accumulato quasi 5 miliardi di perdite e si trova a competere in un contesto in rapidissima evoluzione e con una organizzazione in cui il centro aveva delegato molto alle divisioni”.
A dicembre 2021 il direttore operativo della divisione E&C Onshore, Maurizio Coratella, ha lasciato l’azienda; lo stesso ha fatto Stefano Porcari, direttore della divisione E&C Offshore.
LIMITI ALLA LIBERTÀ DELLE DIVISIONI
“Abbiamo”, ha proseguito Caio, “innanzitutto inserito una soglia di 250 milioni rispetto a una situazione in cui le divisioni avevano libertà di manovra per commesse fino a un miliardo: ora, se superano la nuova asticella, vanno riviste al tavolo del vertice aziendale e, in alcuni casi, anche il cda può avere visibilità e un monitoraggio più stretto. Insieme a questo, la creazione di una direzione commerciale e di una direzione acquisti e approvvigionamenti uniche rende strutturalmente necessario il confronto stretto con un ruolo molto più gestionale della corporate”. Caio, dunque, conferma le indiscrezioni di giorni fa di Startmag proprio sull’ampia autonomia delle divisioni, i conseguenti borbottii nel cda per questa ragione e anche il fatto che il vertice non aveva ritenuto prima di rivedere questo assetto delle deleghe appannaggio dei top manager del gruppo.
GUAI, NUMERI E MANOVRE DI SAIPEM
Il 31 gennaio scorso Saipem ha ritirato gli outlook diffusi il precedente ottobre e fatto sapere di prevedere di chiudere il bilancio civilistico dell’esercizio 2021 con perdite superiori a un terzo del suo capitale sociale.
Nella lettera agli azionisti contenuta nella relazione finanziaria annuale al 31 dicembre 2021 la società ha scritto che “il 2021 si è chiuso con ricavi gestionali consolidati adjusted pari a 6.875 milioni di euro, in calo del 6,4% rispetto al 2020. L’EBITDA gestionale consolidato adjusted del 2021 è risultato negativo per 1.192 milioni di euro (positivo per 614 milioni di euro nel 2020).
Il 25 marzo scorso il consiglio di amministrazione di Saipem ha approvato la manovra di rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale: prevede un aumento di capitale da 2 miliardi di euro da realizzare entro fine 2022, una nuova linea di finanziamento revolving fino a 1 miliardo e linee di firma su base bilaterale per 1,3 miliardi. Eni e CDP Industria, i due maggiori azionisti, hanno preso l’impegno a sottoscrivere complessivamente il 43 per cento dell’aumento di capitale previsto, in proporzione alla loro partecipazione. La restante parte (57 per cento) è coperta da un accordo con banche italiane ed estere. Caio è stato affiancato da Alessandro Puliti, nuovo direttore generale voluto da Eni, e da Paolo Calcagnini, già dirigente di Cassa depositi e prestiti.
La manovra finanziaria, inoltre, prevede un intervento di liquidità da 1,5 miliardi, che al 31 marzo risulta coperto per 645 milioni “a titolo di versamento in conto futuro aumento di capitale” da parte di CDP Industria e di Eni.
IL PROBLEMA NEI CONTRATTI, SECONDO CAIO
Al Sole 24 Ore Caio oggi ha parlato poi dei contratti più problematici per Saipem, i quali “sono nati probabilmente dall’ipotesi di utilizzare dei mezzi che non avevano in un certo momento molto lavoro da fare su altri fronti e, poiché erano sotto soglia e non dovevano passare in consiglio, sono stati interamente gestiti dalle divisioni che hanno visto in questi un’opportunità”.
“Così, però”, aggiunge, “non è stato perché siamo andati a prendere impegni molto più onerosi del valore della commessa avendo di fronte non il nostro tradizionale cliente, la compagnia oil & gas, ma cordate fatte soprattutto da investitori finanziari che hanno un interesse legato a un ritorno sul capitale investito, a fronte di un contratto, e un budget finito. Con il risultato che la backlog review ha fatto emergere, su questi progetti, un miliardo di costi in più rispetto a quello previsto. Sui due contratti, che abbiamo portato in evidenza nella backlog review, adesso abbiamo l’opportunità di completarli cercando di minimizzare il danno e lavorando con i clienti per una gestione il più ragionevole possibile di questi rischi. E i risultati del negoziato sono incoraggianti. Per il futuro, poi, ci stiamo poi attrezzando anche con la prospettiva di un partenariato con forme contrattuali che non scarichino il rischio tutto sulle spalle di Saipem”.
Nelle linee guida della revisione del Piano strategico 2022-2025, iniziata a seguito della backlog review, Saipem disse di volersi riposizionare su attività a basso rischio nell’eolico offshore. L’obiettivo è distaccarsi dai contratti più problematici come Neart na Gaoithe, un parco eolico nel mare a est della Scozia di cui la francese EDF è comproprietaria, che avrebbe causato a Saipem perdite per oltre 500 milioni di euro. Nello specifico, il contratto prevede per Saipem l’ingegneria, l’approvvigionamento, la costruzione e l’installazione di 54 fondazioni (jacket) per un equivalente numero di turbine eoliche e di due fondazioni per le sottostazioni elettriche.
Nelle linee guida viene anche specificato la ricerca di una “maggiore selettività nelle acquisizioni del business E&C onshore, privilegiando commesse a maggior contenuto tecnologico nei segmenti LNG”, relativi cioè al gas naturale liquefatto. C’è in realtà un contratto sul gas liquefatto particolarmente critico per i conti di Saipem: è il progetto LNG Mozambique, in Mozambico, portato avanti assieme a TotalEnergies. La compagnia francese spera di riattivarlo nel 2022. I lavori, infatti, sono stati sospesi l’anno scorso per le minacce alla sicurezza rappresentate da un gruppo islamista, legato allo Stato islamico, che opera nel nord del Mozambico: dopo un attacco alla città di La Palma, la società ha ordinato il ritiro dall’area di tutto il persone e dichiarato la forza maggiore sul progetto. LNG Mozambique ha un valore di 20 miliardi di dollari e, secondo le previsioni iniziali di TotalEnergies, dovrebbe entrare in funzione nel 2024.
COSA HA DETTO PULITI
Il direttore generale Alessandro Puliti ha detto al Sole 24 Ore che “escludendo le attività di perforazione onshore e offshore che sono tradizionalmente largamente positive, la backlog review ha riguardato il 90% di tutto il carico di lavoro di ingegneria e costruzione [E&C, ndr] che è l’area in cui si sono concentrati i problemi”.
“È stata un’attività estensiva per ampiezza e intensiva come profondità”, ha aggiunto, “e si è andati a fondo di ogni singolo progetto. Dei 22 contratti analizzati, si contano sulle dita di una mano quelli che hanno contribuito in maniera sostanziale all’emersione delle criticità. Ciò detto, non ci saranno altre sorprese e, rispetto ai nostri competitor, che non hanno fatto questo esercizio, probabilmente il backlog di Saipem è più robusto perché la revisione ha già catturato una buona parte del trend di inflazione dei costi delle materie prime al quale stiamo assistendo”.