Lunedì il governo degli Stati Uniti ha emesso a Holtec, un’azienda di apparecchiature energetiche, un prestito da 1,5 miliardi di dollari per la riattivazione della centrale nucleare di Palisades, in Michigan. Si tratta di un impianto da 805 megawatt di capacità che era stato chiuso nel maggio 2022 per ragioni di sconvenienza economica, ma che dovrebbe tornare in servizio – è il primo caso di questo tipo nel paese – nel 2025: il merito è anche dell’intelligenza artificiale, una tecnologia molto energivora che sta facendo crescere la domanda di elettricità negli Stati Uniti dopo decenni di stagnazione.
L’ENERGIA NUCLEARE PER I CENTRI DATI
Per garantire il soddisfacimento del fabbisogno energetico dei centri dati – ovvero le strutture fisiche alla base del funzionamento e del progresso dei sistemi di intelligenza artificiale, che necessitano di elettricità a ogni ora del giorno e della notte – e contemporaneamente rispettare gli obiettivi sulla riduzione delle emissioni, il governo americano e le principali società tecnologiche hanno deciso di puntare sul nucleare. C’entra il fatto che i reattori permettono di produrre grandi quantità di elettricità con bassi costi operativi, senza emettere CO2 e in maniera stabile e continuativa, indipendentemente dalle condizioni meteo.
COSA FANNO LE COMPAGNIE TECNOLOGICHE E LE SOCIETÀ ENERGETICHE
A fine settembre aveva suscitato grande clamore la notizia della riattivazione di uno dei reattori della centrale nucleare di Three Mile Island, quella dell’incidente del 1979: tutta l’elettricità prodotta – l’impianto ha una capacità di 837 MW – verrà venduta per vent’anni a Microsoft, che la utilizzerà per alimentare i suoi data center.
Lo scorso marzo Amazon Web Services aveva firmato un contratto di compravendita fino a 960 MW dalla centrale nucleare di Susquehanna, sempre in Pennsylvania e sempre con lo scopo di alimentare un centro dati.
La società energetica NextEra sta valutando la riapertura della centrale nucleare Duane Arnold, in Iowa, da 622 MW di capacità: era stata chiusa nel 2020 per problemi di costi, ma il contesto attuale appare più favorevole.
LA DOMANDA DI ELETTRICITÀ PER l CENTRI DATI
L’Agenzia internazionale dell’energia ha scritto in un rapporto che i data center rappresenteranno un terzo del nuovo fabbisogno energetico negli Stati Uniti fino al 2026. A livello globale, invece, queste strutture potrebbero raggiungere un consumo elettrico totale superiore a 1000 terawattora nel 2026, rispetto ai 460 TWh del 2022. “Questa domanda è grossomodo equivalente al consumo di elettricità del Giappone”, ha aggiunto l’organizzazione.
LE BIG TECH DIVENTERANNO DELLE PRODUTTRICI DI ENERGIA?
L’elettricità, ovviamente da fonti pulite, è un vettore energetico cruciale per la transizione ecologica. Nel 2023 la quota dell’elettricità sul totale dei consumi energetici finali era del 20 per cento, ma secondo lo scenario Net Zero Emissions by 2050 dell’Agenzia internazionale dell’energia arriverà al 30 per cento circa nel 2030 e al 50 per cento nel 2050.
Considerata questa rilevanza, e considerati gli accordi di fornitura stretti ultimamente dalle “Big Tech” con le società energetiche – non soltanto sul nucleare ma anche sulla geotermia: è il caso di Meta e di Google -, ci si chiede se le grandi compagnie tecnologiche non decideranno in futuro di puntare sull’integrazione verticale e di prodursi da sé l’elettricità di cui hanno bisogno.
Oltre che produttori, i colossi del digitale potrebbero eventualmente diventare anche dei rivenditori di energia, seguendo un approccio integrato simile a quello di Tesla: la casa automobilistica di Elon Musk, infatti, non vende soltanto veicoli elettrici ma anche pannelli solari (con i quali generare in casa l’energia per ricaricare la vettura) e sistemi di accumulo (per immagazzinarla in vista dell’uso). Similmente, le Big Tech potrebbero offrire ai clienti non solo potenza di calcolo ma anche gigawatt di potenza.