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Chi stoppa i progetti di ArcelorMittal sull’acciaio green

A causa del costo dell'energia, della concorrenza cinese ma anche del "dazio sulla CO2" voluto da Bruxelles, ArcelorMittal ha sospeso i progetti per l'acciaio verde in Europa. Tutti i dettagli.

Il gruppo siderurgico indiano-lussemburghese ArcelorMittal ha fatto sapere che sospenderà i progetti per la produzione di acciaio “verde” (cioè a basse emissioni di gas serra) in Europa a causa sia del contesto energetico e di mercato svantaggioso, sia della regolazione europea sfavorevole.

La società – la seconda maggiore produttrice di acciaio al mondo – ha spiegato che i piani per la sostituzione dei tradizionali altiforni con degli impianti di riduzione diretta del ferro abbinati a forni elettrici ad arco “si basavano su una combinazione favorevole di sviluppi normativi, tecnologici e di mercato che avrebbero facilitato gli investimenti nella decarbonizzazione, contribuendo a compensare i costi di capitale e operativi significativamente più elevati”.

I PROBLEMI DELL’EUROPA SECONDO ARCELORMITTAL: IDROGENO, GAS, CBAM E CINA

Niente di tutto questo, però, si è realizzato: il mercato dell’idrogeno “verde” fatica a partire e anche il gas naturale – da utilizzare come combustibile nel processo di riduzione diretta prima del passaggio all’idrogeno – non ha prezzi competitivi. “Inoltre”, aggiunge ArcelorMittal, “il meccanismo di aggiustamento delle frontiere per il carbonio presenta notevoli carenze”.

La società fa riferimento al CBAM, quel meccanismo che dovrebbe garantire la parità di condizioni tra le aziende europee e quelle che hanno sede in paesi che non si sono dotati di politiche climatiche altrettanto rigorose: si tratta, in parole povere, di un dazio sulle merci ad alta intensità di CO2.

Il problema del CBAM – come spiegava Startmag già un anno fa – è che si applica alle materie prime per l’acciaio, ma non ai manufatti e ai beni finali realizzati con questa lega. Il rischio, dunque, è che il meccanismo vada a svantaggiare i produttori europei di acciaio e derivati rispetto a quelle aziende (sempre europee) che si limitano a importare dall’estero direttamente il prodotto finito.

Nel comunicato ArcelorMittal sottolinea anche che l’Unione europea non ha implementato “misure di protezione commerciale” in grado di rispondere “all’aumento delle importazioni [di acciaio, ndr] legate alla sovraccapacità della Cina”. Il paese è il maggior produttore di acciaio al mondo e riversa all’estero il suo forte surplus produttivo, saturando il mercato della lega in questione e facendone crollare i prezzi, spesso al di sotto dei costi di produzione delle aziende europee.

Si prevede che quest’anno la Cina esporterà più di cento milioni di tonnellate di acciaio, il massimo dal 2016.

NON SOLO ARCELORMITTAL: ANCHE THYSSENKRUPP È IN DIFFICOLTÀ

Il problema della concorrenza cinese è stato sollevato di recente anche dal conglomerato tedesco Thyssenkrupp come motivazione dietro al licenziamento del 40 per cento dei suoi addetti nel ramo siderurgico. Così, entro il 2030 cinquemila posti di lavoro saranno rimossi e altri seimila verranno esternalizzati. Verrà inoltre chiuso uno stabilimento di lavorazione dell’acciaio e la capacità produttiva annua dell’azienda sarà ridotta di un quarto, a 8,7-9 milioni di tonnellate.

GLI AIUTI EUROPEI ALL’ACCIAIO VERDE

La siderurgia è un’industria responsabile del 7 per cento delle emissioni globali di CO2 ed è difficile da decarbonizzare. Un’opzione low-carbon è quella rappresentata – come si diceva – dalla combinazione di impianti di riduzione diretta del ferro con forni elettrici. A differenza dell’altoforno, che utilizza il carbone coke, nella riduzione diretta si usa il gas naturale (e in prospettiva l’idrogeno da fonti pulite) per ottenere un materiale ferroso, che viene poi passato nel forno elettrico e trasformato in acciaio.

Nei piani iniziali di ArcelorMittal c’era la realizzazione di acciaierie green in Francia (a Dunkerque), in Spagna (a Gijón) e in Germania (ad Amburgo). “In tutti i casi”, ha dichiarato la società, “i paesi ospitanti hanno offerto un sostegno finanziario a questi progetti, con l’approvazione della Commissione europea”.

Dal 2022 la Commissione europea ha approvato sovvenzioni governative da oltre 8 miliardi di euro per sostenere i produttori siderurgici nella conversione alla riduzione diretta; solo ArcelorMittal ha ricevuto quasi 3 miliardi.

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