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Petrolio

Petrolio, ecco gli effetti geopolitici dell’attacco all’Arabia Saudita

L’approfondimento di Giuseppe Gagliano

Gli attentati del 14 settembre al secondo giacimento del Paese, Khurais, in grado di produrre circa 1,5 milioni di barili di petrolio al giorno e all’impianto di Abqaiq,  considerato il più grande del mondo, sarebbero opera di droni e missili dei ribelli Houthi che svolgono un ruolo di rilievo nella guerra in Yemen in funzione anti saudita e che sono finanziati militarmente dall’Iran. Infatti, sia gli Usa sia Israele che Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti sono perfettamente consapevoli che, sotto il profilo politico-militare le milizie sciite houti presenti in Yemen sono uno strumento iraniano in funzione anti-saudita e anti-emiratina. Sotto il profilo strettamente militare l’autonomia dei droni tradizionali è molto limitata e proprio per questa ragione è verosimile che siano stati lanciati o dal territorio saudita o dall’Iran o dall’Iraq stando alle immagini satellitari diffusi dopo gli attacchi.

A tale proposito, fonti in Iraq e a Washington affermano che gli attacchi sono stati lanciati dall’Iraq, molto probabilmente dalle milizie filo-iraniane che operano all’aperto e che sono guidate dalle Guardie rivoluzionarie comandate dal maggiore generale Qasem Soleimani.

Fra queste fonti certamente la più autorevole è quella di Entifadh Qanbar, presidente e fondatore della Future Foundation che è stato Vice Addetto militare iracheno  e consigliere del Vice Primo Ministro iracheno. Secondo l’accreditato analista ,l’Iran ormai da tempo ha posto in essere una strategia di natura militare che consiste nell’usare l’Iraq per colpire le strutture petrolifere saudite facendo sembrare le sue offensive militari pianificate dagli Houti i quali,a loro volta, hanno l’interesse politico – secondo le analisi di Qanbar – di assumersi la responsabilità di queste offensive militari  limitate allo scopo di accreditarsi come nemici autorevoli e temibili .

Non dobbiamo dimenticare che offensive di questa natura portati in essere dai ribelli non costituiscono una novità: infatti proprio il 17 agosto i ribelli sciiti avevano attuato un’offensiva contro il giacimento di petrolio di Shaybah.

Proprio per questa ragione l’accusa dell’amministrazione americana, ed in particolare del Segretario di Stato Mike Pompeo che vede un coinvolgimento iraniano, appare del tutto prevedibile al di là della possibilità di accertare i veri responsabili di questo attentato; accertamento questo che sarà certamente fatto in stretta sinergia con l’intelligence saudita.

Al di là della scontata smentita del portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Abbas Moussavi, le implicazioni economiche immediate sono relative all’aumento del prezzo del petrolio che è cresciuto del 20%, alla necessità di attingere eventualmente alle risorse strategiche da parte americana  e alla interruzione delle forniture petrolifere per circa 5,7 milioni di barili (come ammesso dal ministro dell’Energia saudita Abdulaziz bin Salman) mentre su medio-lungo periodo questo attacco potrebbe avere da un lato gravi ripercussioni soprattutto per l’Asia e, in modo particolare, per la Cina e il Giappone che dipendono fortemente dalle importazioni di petrolio saudite e dall’altro potrebbe porre un freno al progetto politico economico saudita.

A livello invece di implicazioni geopolitiche questa offensiva di natura militare, secondo alcuni analisti internazionali, potrebbe contribuire a sciogliere le riserve dell’amministrazione Trump su un eventuale risposta di tipo militare nei confronti dell’Iran consentendo quindi ai paesi del Golfo e a Israele di arrestare la proiezione di potenza iraniana in Medio Oriente.

Tuttavia una eventuale risposta militare che andrebbe concordata con l’Arabia Saudita e che vedrebbe il coinvolgimento certamente anche di Israele appare inverosimile visto le implicazioni che potrebbe avere non solo nello scacchiere mediorientale ma a livello globale. Anche nel caso di una risposta militare limitata da parte americana e dei suoi alleati sarebbe molto arduo contenere una escalation.

Invece, a livello di geopolitica regionale, questa offensiva dei ribelli Houthi contribuirà a implementare l’attuale conflitto in Yemen. Infatti, l’Aeronautica dell’Arabia Saudita ha posto in essere una ritorsione immediata attraverso attacchi mirati sui siti militari degli Houti nello Yemen.

Ebbene, indipendentemente dalla decisione che prenderà l’amministrazione americana, questa offensiva militare limitata e circoscritta potrebbe tornare utile a  livello politico alla Repubblica islamica  per aumentare la pressione politica sulla amministrazione  americana  come d’altronde sta avvenendo sullo Stretto di Hormuz.

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