Riad ha fermato temporaneamente la produzione nelle due raffinerie saudite colpite ieri da droni lanciati dai ribelli yemeniti, interrompendo circa metà della produzione totale della società.
COME GLI USA HANNO COMMENTATO
Gli Stati Uniti si dicono “pronti a impiegare le riserve petrolifere strategiche, se necessario, per compensare qualsiasi interruzione dei mercati petroliferi” e, alla vigilia di un possibile incontro sul nucleare tra Donald Trump e il presidente iraniano Hassan Rohani, puntano il dito contro Teheran per gli attacchi.
ECCO LA REPLICA DELL’IRAN
L’Iran replica sostenendo che le accuse: “Non hanno senso” e sono solo un pretesto per giustificare una rappresaglia contro la repubblica islamica. Ecco quello che è successo.
CHE COSA HANNO FATTO I RIBELLI HOUTHI DELLO YEMEN
Due dei più importanti impianti petroliferi della compagnia di Stato saudita Aramco sono stati colpiti da un attacco con i droni, rivendicato dai ribelli Houthi dello Yemen sostenuti dall’Iran.
IL TAGLIO DELLA PRODUZIONE DI PETROLIO
Il bombardamento di due impianti di Saudi Aramco ha costretto Riad a dimezzare la produzione di greggio, con una perdita di circa 5 milioni di barili al giorno: volumi pari al 5% dei consumi mondiali, di cui sarebbe difficile fare a meno.
CHE COSA E’ SUCCESSO AD ARAMCO
Con un attacco di droni destinato inevitabilmente a fare aumentare ulteriormente le tensioni fra l’Iran da una parte e Arabia Saudita e gli Usa dall’altra, i ribelli yemeniti alleati di Teheran hanno colpito due delle strutture della compagnia petrolifera saudita Aramco, tra le più importanti non solo per Riad ma per l’industria energetica globale.
LA RIVENDICAZIONE DEGLI HOUTHI SOSTENUTI DALL’IRAN
Il portavoce degli Houthi, tra l’altro, ha detto che gli attacchi sono stati effettuati “con la collaborazione di persone rispettabili all’interno del Regno” saudita. E la raffineria di Abqaiq si trova nella Provincia Orientale del Paese, la più ricca di greggio e dove è più forte la presenza della minoranza sciita, che Riad vede come una quinta colonna di Teheran.
IL RUOLO DELL’IMPIANTO
Con una capacità di 7 mbg Abqaiq è il più grande impianto di stabilizzazione al mondo, secondo l’americana Energy Information Administration (Eia): qui il greggio saudita (prevalentemente quello di qualità leggere) viene desulfurizzato prima di essere inviato via pipeline alle raffinerie e ai mercati di esportazione, attraverso il terminal petrolifero di Ras Tanura (anch’esso il più grande del mondo) e quelli di Jubail e Yambu sul Mar Rosso.
GLI SCENARI PER IL PETROLIO
Sia Washington che Riad si sono dette pronte ad utilizzare le loro riserve strategiche di petrolio (rispettivamente di 630 e di 188 milioni di barili) per far fronte alle perdite della produzione causate dagli attacchi agli impianti del primo Paese esportatore di greggio al mondo: 5,7 milioni di barili al giorno, circa metà della produzione saudita, che copre il 10% delle forniture mondiali. Aramco sta lavorando alacremente per ripristinare la piena produzione ma secondo gli esperti occorreranno settimane, non giorni. E questo, anche se Riad ha assicurato che le esportazioni continueranno regolarmente in questa settimana per effetto delle riserve, potrebbe far schizzare verso l’alto il prezzo del petrolio, sino a 70 dollari al barile.
I PRECEDENTI
Altri attacchi missilistici o con i droni erano stati effettuati in precedenza dagli Houthi in Arabia Saudita, anche se non di questa portata. Nel maggio scorso i ribelli yemeniti avevano in particolare rivendicato un raid con velivoli senza pilota contro una stazione di pompaggio ad Al Dawadmi, lungo l’oleodotto di vitale importanza che attraversa il Paese da est ad ovest.
LE MOSSE DI BIN SALMAN IN ARAMCO
Gli osservatori attendono ora la riapertura dei mercati lunedì per sapere se ci saranno ripercussioni in seguito agli ultimi attacchi contro l’Aramco, la più grande compagnia petroliera al mondo, che prossimamente dovrebbe fare la sua prima offerta pubblica di azioni. Un passo fondamentale nel quadro delle ambiziose riforme economiche volute dal principe ereditario Mohammad bin Salman, che negli ultimi giorni ha ribaltato i vertici aziendali del colosso energetico.