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Accordi Parigi

Accordi di Parigi, in vigore dal 4 novembre 2016. Cosa cambia per l’Italia

Dal 4 novembre 2016 entreranno in vigore gli accordi di Parigi, Ma per l’Italia non sarà facile mantenere gli impegni Anche il Parlamento Europea ha ratificato, a quasi un anno di distanza dalla firma, l’Accordo di Parigi sul clima. Ora sono 74 (su 197) le nazioni che hanno depositato gli strumenti di ratifica o accettazione e il…

Dal 4 novembre 2016 entreranno in vigore gli accordi di Parigi, Ma per l’Italia non sarà facile mantenere gli impegni

Anche il Parlamento Europea ha ratificato, a quasi un anno di distanza dalla firma, l’Accordo di Parigi sul clima. Ora sono 74 (su 197) le nazioni che hanno depositato gli strumenti di ratifica o accettazione e il totale delle emissioni dei Paesi firmatari è il 58,82% di tutte le emissioni di gas climalteranti. Questo significa che l’accordo può entrare in vigore a partire dal 4 novembre 2016 (dovevano firmare almeno 55 Paesi, e questi avrebbero dovuto coprire almeno il 55% delle emissioni di gas a effetto serra).

“Dobbiamo e possiamo consegnare alla futura generazioni un mondo più stabile, un pianeta più sano, società più giuste e le economie più prospere. Questo non è un sogno. Questa è una realtà ed è alla nostra portata. Oggi siamo più vicini ad essa”, ha affermato Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea.

Obama: è l’occasione per salvare il pianeta

L’accordo di Parigi “da solo non risolverà la crisi, ma è l’opportunità migliore per salvare il pianeta”, ha detto li presidente degli Stati Uniti Barack Obama.

Se rispetteremo gli impegni come l’accordo prevede, la storia lo giudicherà come un punto di svolta per il pianeta. Naturalmente c’è voluto molto tempo per arrivarci, uno dei motivi per cui mi candidai a questa carica fu di portare gli Usa a essere leader in questa missione, e negli anni passati lo abbiamo fatto” – ha aggiunto Obama.

Gli impegni dell’accordo di Parigi

L’Accordo, negoziato per anni e finalizzato nei suoi dettagli testuali a Parigi nel Dicembre del 2015, incoraggia trasformazioni profonde dei settori industriali e non (energia, trasporti, edilizia, agricoltura, ecc.), con l’obiettivo di ridurre le emissioni e contenere l’aumento di temperatura.

In particolare, i firmatari si sono impegnati a mantenere le temperature al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli pre-industriali, e se possibile contenere il riscaldamento entro 1,5 gradi. Per centrare l’obiettivo, le emissioni devono cominciare a calare dal 2020, ma già nel 2018 si chiederà agli Stati di aumentare i tagli delle emissioni.

L’accordo prevede anche fondi per l’energia pulita. A partire dal 2020, i paesi di vecchia industrializzazione erogheranno cento miliardi all’anno, per diffondere in tutto il mondo le tecnologie verdi e decarbonizzare l’economia. Non solo: sono previsti anche dei rimborsi ai paesi più esposti. L’accordo dà il via a un meccanismo di rimborsi per compensare le perdite finanziarie causate dai cambiamenti climatici nei paesi geograficamente più vulnerabili.

E il Governo Italiano?

Anche il Consiglio dei Ministri ha approvato, in data 4 ottobre, il disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell’Accordo di Parigi. Non sarà certo facile rispettare gli accordi: il Bel Paese, per riuscire a mantenere le promesse, dovrà aumentare (sensibilmente) la quota rinnovabili, puntare su una mobilità più sostenibile e rinnovare il sistema edilizio.

accordo ParigiCon gli attuali target, “l’Italia dovrà ridurre di un terzo, entro la fine del prossimo decennio, le emissioni climalteranti non connesse alle industrie energivore. Il che implica l’attivazione di nuove incisive politiche sui fronti di trasporti, edilizia, agricoltura, piccole e medie imprese. Riteniamo positivo il provvedimento, che sta per essere varato, volto a facilitare la riqualificazione energetica ‘spinta’ di interi edifici e quartieri, mentre è molto limitata l’attenzione al decollo della mobilità elettrica essenziale per il raggiungimento degli obiettivi al 2030. Serve inoltre un salto di qualità nel coordinamento delle politiche: la Presidenza del Consiglio deve svolgere un ruolo chiaro e attivo per consentire al nostro paese di avviare le profonde trasformazioni che ci aspettano”, ha affermato Gianni Silvestrini, presidente del Coordinamento Free,  – Fonti rinnovabili ed efficienza energetica.

Della stessa idea è Giovan Battista Zorzoli, Presidente Onorario Coordinamento FREE (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) – Docente al Master Energia e Ambiente, Università di Roma Tre. “L’Italia dovrebbe svegliarsi. Il grande equivoco su cui si regge questo torpore che esiste nel nostro Paese riguardo agli obiettivi al 2030 sulle fonti rinnovabili, si basa su un’affermazione che non si spiega, per cui si dice nel 2015 noi abbiamo già raggiunto l’obiettivo che dovevamo raggiungere nel 2020, ovvero il 17% di produzione di rinnovabili. Ma questo non è vero. Nel 2010, quando l’Italia fece il suo piano per le rinnovabili al 2020, aveva un dato per l’uso delle biomasse in Italia che era totalmente sbagliato. Un’indagine dell’Istat del 2013, ha messo in evidenza che già nel 2010 l’Italia per produrre calore, bruciava biomassa in misura maggiore degli obiettivi che ci eravamo dati al 2020. per questo l’obiettivo è stato raggiunto facilmente. L’incremento delle rinnovabili dal 2010 al 2015 è equivalente ad aver consumato in meno 4 milioni di tonnellate di petrolio. Per arrivare al 27%, che è l’obiettivo che l’Unione Europea ci da al 2020, dobbiamo produrre quattro milioni di tonnellate equivalente di petrolio, una prima volta dal 2015 al 2020, una seconda volta dal 2020 al 2025 e una terza volta dal 2025 al 2030. Essendo stati fermi, ora dobbiamo correre. Lo sforzo fatto dall’Italia dal 2010 al 2015 è quello che ora bisogna fare fino al 2030”.

La ratifica degli accordi di Parigi è la giusta occasione per il Governo di accelelare, quindi, sui temi della green economy.
“È giusto il momento per il Governo Renzi di agire, di prestare fede alla promesse fatte a Parigi, di dimostrare lungimiranza e ambizione sui temi della Green Economy, di puntare davvero sulle fonti rinnovabili e sull’eolico, dando impulso ad un settore in grado di apportare benefici all’ambiente, all’economia e all’occupazione, e ad un processo di transizione che riduca l’utilizzo di fonti fossili e inquinanti prediligendo le energie pulite. Dopo le parole servono i fatti e quindi aspettiamo gli strumenti atti a realizzare gli investimenti necessari a trasformare “l’ambizione in azione”. In tal senso il settore eolico potrà continuare a dare il suo contributo, se si pensa che solo in Italia è giunto a oltre 9.300 MW di potenza installata sul territorio nazionale in grado di produrre energia elettrica pari a 14,6 TWh di energia pulita, che corrispondono a circa il 6% dei consumi totali di energia elettrica e che permettono di risparmiare 21 milioni di barili di petrolio e di coprire il fabbisogno di 15 milioni di persone circa”, ha dichiarato Simone Togni, Presidente di Anev.

È chiaro dunque, che l’Italia debba mettersi a lavoro, subito. “Con poche azioni mirate si potrebbero ottenere grandi risultati”, ha assicurato il Presidente di Assorinnovabili, Agostino Re Rebaudengo. Il Governo potrebbe optare per “una riforma della politica energetica italiana che porti ad una maggiore elettrificazione dei consumi, riduca l’uso delle fonti fossili maggiormente inquinanti e permetta un ulteriore sviluppo delle fonti rinnovabili, le sole in grado di rendere – insieme all’efficienza energetica – le economie più sostenibili e più indipendenti dal punto di vista dell’approvvigionamento. Si dovrebbe incoraggiare la diffusione (oggi ostacolata) del piccolo impianto alimentato a energia verde e di microcogenerazione permettendo anche la possibilità di fornire l’energia a più consumatori permettendo la creazione di reti private, e valorizzare il più possibile l’utilizzo efficiente delle biomasse nazionali per produrre energia verde e biometano, che ha grandi margini di sviluppo”.

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