“Uno spettro si aggira tra gli europeisti” (semicit.): siamo sicuri che l’eccesso di dirigismo da parte dell’Unione Europea sulla gestione del cambiamento climatico, la tutela della privacy e la digitalizzazione non rischi di produrre risultati economici deludenti, e nel contempo di stroncare la fiducia di chi di suo apprezza il disegno federale europeo?
Sotto il profilo geopolitico, è ovvio come le dimensioni contino, per cui l’Unione Europea è comparabile per dimensioni a Usa e Cina, mentre ciò non è vero per i singoli stati europei, nemmeno per Germania e Francia. Dunque si capisce la spinta ad agire in maniera coordinata a livello continentale, ma tale spinta deve partire da un dibattito politico aperto sugli obiettivi desiderati e sui mezzi disponibili. Ad esempio, dove sta scritto che la politica europea debba per forza imporre traiettorie specifiche all’innovazione tecnologica e industriale?
IL DIRIGISMO EUROPEO SUL CLIMA E SULLA PRIVACY
Una delle questioni più scabrose è in primis rappresentata dalle politiche ambientali. Sebbene sia importante affrontare il cambiamento climatico in maniera efficace, l’obbligo di transizione verso veicoli elettrici o l’adeguamento energetico degli edifici costituiscono scelte precise, coercitive, e di fatto vogliose di imporre tecnologie specifiche.
Anche la normativa europea sulla privacy spicca gagliardamente per la sua rigidità. Mentre la protezione dei dati personali è un diritto fondamentale, la normativa europea potrebbe risultare asfissiante per gli oneri imposti a cittadini e imprese, creando inefficienze e ostacolando l’innovazione nel settore. Diciamolo: qualcuno davvero spera che la mossa competitiva giusta per l’Unione Europea stia nell’ergersi ad alfiere della regolamentazione più stretta, quando in realtà il malcelato obiettivo di politica industriale è un altro, ovvero quello di imbrigliare le grandi aziende tecnologiche di USA e Cina (Amazon, Google, Meta e Apple da un lato, Tencent, Baidu e Alibaba dall’altro) e di risollevarsi da una situazione in cui il campione europeo nel settore è Spotify, cioè un’azienda che occupa una nicchia piuttosto ristretta e che vale un ordine di grandezza sotto rispetto ai campioni cinesi e americani?
L’UNIONE EUROPEA SPACCIA LA POLITICA PER SCIENZA
Da liberale europeista, provo fastidio per la sicurezza spocchiosa con cui i politici europei spacciano per scientificamente incontrovertibili scelte di regolamentazione economica che di fatto sono scelte politiche, ovvero dovrebbero nascere dal dibattito e dalle decisioni democratiche dei cittadini.
A mio parere, la volontà da parte dell’Unione Europea di porsi come terzo attore globale dovrebbe basarsi su un bilanciamento tra saggia regolamentazione e capacità innovativa di imprese e cittadini (senza nessuna preclusione per imprese pubbliche, ovviamente) ma soprattutto dovrebbe provenire da un mandato politico dei cittadini. Così si fanno le cose in una democrazia liberale. Oppure avete in mente un altro modello di stato?
(Articolo tratto da Il Riformista)