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Intesa Sanpaolo

Ubi Banca, ecco strepitii e piroette sull’Ops di Intesa Sanpaolo

Ecco posizioni, commenti e mosse di patti e comitati di azionisti di Ubi Banca sull'Ops lanciata da Intesa Sanpaolo.

Intesa Sanpaolo ha lanciato un’offerta pubblica di scambio su Ubi Banca e il suo amministratore delegato, Carlo Messina, ha voluto essere ecumenico negli scorsi giorni: “Non parlo solo all’amministratore delegato e a management ma a tutte le persone che lavorano in Ubi, questa è a mia proposta a tutti loro”.

Peccato che ci sia qualcuno che non voglia ascoltarlo. O che dica di non volerlo ascoltare. Magari sperando di trarne qualche giovamento. Sono gli azionisti riuniti in patti e comitati che in totale possiedono circa il 27-28% del capitale di Ubi mentre il resto è in mano ai grandi fondi di risparmio internazionali (favorevoli all’Ops di Intesa Sanpaolo, secondo le cronache) e ai piccoli azionisti.

COMITATO AZIONISTI DI RIFERIMENTO (CAR)

I primi a dire di no alle profferte di Messina, il 20 febbraio scorso, sono stati i componenti del Comitato azionisti di riferimento, il cosiddetto Car, che hanno bollato l’operazione come “non concordata, ostile e irricevibile”.

Il Patto denominato Car, composto dalle famiglie bergamasche e bresciane Radici (imprenditori tessili), Lucchini, Bosatelli (Gewiss), Gussalli Beretta (armatori) e Andreoletti e dalle Fondazioni di Cuneo e del Monte, ha una quota poco sotto il 18%: proprio all’indomani dell’Ops i Bosatelli (con una giravolta) hanno venduto 1,1 milioni di azioni nell’ambito di un riassetto societario – dicono – portando a quota al 17,7%. In totale la Fondazione Cuneo (5,9%) e la Fondazione del Monte (3,95%) hanno circa il 10% del capitale.

Ma cosa pensano dell’Ops di Intesa gli altri esponenti del Car? Secondo Giandomenico Genta, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, “l’operazione non è coerente con i valori impliciti di Ubi e dunque inaccettabile e irricevibile” mentre Mario Cera, vicepresidente del Consiglio di Sorveglianza, invita a guardare il bilancio per dedurne che “è insufficiente la contropartita economica”.

Fabio Pavesi su Affaritaliani.it ricorda però che se è vero che il patrimonio di Ubi è pari a 9,5 miliardi e che l’offerta di Intesa Sanpaolo vale 4,9 miliardi occorre notare che “da anni Ubi, come gran parte delle banche quotate, viene valutata dal mercato meno della metà del suo capitale”. E ancora: “Le incertezze sui crediti malati in portafoglio e la redditività compressa fanno sì che le banche italiane, dall’inizio della crisi del 2008, valorizzino in Borsa molto meno del loro patrimonio netto. Basta vedere quanto capitalizzava Ubi prima dell’arrivo dell’offerta di Intesa il 30% del capitale”. Il valore dell’istituto guidato da Victor Massiah negli ultimi 5 anni è stato in media ben sotto il 50% del patrimonio con punte al ribasso anche sotto tale soglia.

La verità, spiega Pavesi, è che “venire assorbiti e finire di fatto diluiti nella nuova grande banca che dovrebbe nascere toglie a loro qualsiasi velleità di potere e di controllo sulla banca”. In effetti, parecchi componenti del Car hanno messo sul tavolo “pochi soldi per trovarsi di fatto a governare la banca, imporre i propri uomini nel Cda e, perché no, avere rapporti di affidamento privilegiato con l’istituto”.

PATTO DEI MILLE

Pollice verso all’offerta di Intesa Sanpaolo anche dal Patto dei Mille che ha in pancia l’1,6% del capitale ed è costituito da azionisti di origine bergamasca ed è presieduto da Emilio Zanetti. Il Patto dei Mille “ha valutato negativamente l’Ops”, si legge in una nota riportata da Milano Finanza, in quanto “sottovaluta significativamente il valore intrinseco del titolo Ubi e non considera adeguatamente le sue prospettive reddituali”. Inoltre, dal Patto, rileva il Corriere della Sera, si evidenzia come – sotto il profilo industriale – ne deriverebbero “conseguenze negative sul capitale umano e sul ruolo centrale di Ubi quale storica banca del territorio “ per gli sportelli da cedere a Bper, tra i 400 e i 500 qualora l’operazione vada in poto.

SINDACATO AZIONISTI UBI

Ancora non è invece emersa la posizione del terzo patto di sindacato, il bresciano Sindacato azionisti Ubi Banca che in cui spicca la famiglia del presidente onorario di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli. Il gruppo doveva riunirsi a inizio settimana ma l’incontro è saltato a causa dell’emergenza coronavirus. Il Sindacato azionisti, rammenta Il Sole 24 Ore, detiene una quota del  7,685, cui va aggiunto no 0,8% per un totale di 8,37%.

TEMPI DELL’OPERAZIONE

Per quanto riguarda il prosieguo della vicenda, la bozza del documento dell’Ops di Intesa Sanpaolo va preparata entro il 7 marzo e da quella data partono i 90 giorni per il via libera da parte delle diverse authority coinvolte, ossia Bce, Banca d’Italia, Antitrust, Ivass e per il nulla osta della Consob. In seguito Intesa Sanpaolo, che ha quali advisor Mediobanca e lo studio Pedersoli, avvierà contatti con le istituzioni per far partire le adesioni a luglio. C’è però da scommettere che però nel frattempo Ubi – assistita da Credit Suisse, BonelliErede e Linklaters – studi le contromosse per esempio “possibili contestazioni all’operazione, in particolare rispetto a una presunta ipotesi di ‘concerto’ o di supporto” a causa dell’accordo Bper-Unipol che però verrebbe facilmente respinta perché l’intesa scatterebbe solo in caso di buon esito dell’ops.

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