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Carlo De Benedetti

Tutti i giochetti di potere fra Elkann e De Benedetti

Le tonitruanti dichiarazioni stizzite di De Benedetti dopo la mossa di Elkann sul quotidiano la Repubblica commentate da Gianfranco Polillo Nell’intervista resa a Salvatore Merlo, su Il Foglio, non si può certo dire che Carlo De Benedetti, al tempo di Spadolini simpatizzante repubblicano, quindi tessera n. 1 della sinistra post-comunista, nel susseguirsi delle identità assunte…

Nell’intervista resa a Salvatore Merlo, su Il Foglio, non si può certo dire che Carlo De Benedetti, al tempo di Spadolini simpatizzante repubblicano, quindi tessera n. 1 della sinistra post-comunista, nel susseguirsi delle identità assunte da quella formazione politica, non se la sia presa. “Vogliono snaturare Repubblica? – questo il titolo del pezzo che corrisponde alla sostanza dell’intervento – Allora andrà fondata una nuova Repubblica”. Tutto nasce dalla decisione di John Elkann di affidare la direzione del giornale a Maurizio Molinari, che lascia quindi La Stampa. Massimo Giannini, una vita spesa, tra mille altre cose, proprio nel giornale fondato da Eugenio Scalfari, a sua volta, ne prenderà il posto a Torino. Insieme alla direzione della galassia di giornali locali posseduti dal gruppo. Mattia Feltri, infine, è diventato direttore di Huffington Post Italia, lasciato libero, tempo fa, da Lucia Annunziata.

Piccola rivoluzione, dovuta al fatto che John Elkann, lo scorso dicembre, tramite la Exor, aveva rilevato il gruppo Gedi, posseduto in precedenza proprio da De Benedetti, ad un prezzo pari a 102,4 milioni di euro. Di solito, in questi casi, scatta un obbligo di non concorrenza. Vale a dire il cedente si impegna, almeno per un certo periodo di tempo, a non mettere in atto alcuna manovra che possa, in qualche modo, recare nocumento all’acquirente. Forse un patto del genere, in questo caso, non è stato sottoscritto. Sebbene queste pratiche siano business as usual. Ma così va il mondo della carta stampata. Fa comunque un certo effetto assistere sciopero, venerdì, da parte dei giornalisti di Repubblica. Che ne hanno l’uscita e non hanno aggiornato il sito.

La critica di De Benedetti è diretta: “Penso che John Elkann voglia modificare la natura di Repubblica. Lo portano più a destra. Credo sia in animo uno snaturamento sostanziale del filone culturale che è stato all’origine del giornale fondato da Eugenio Scalfari”. Maurizio Molinari, infatti, sarà anche un ottimo professionista, “ma non è un giornalista di Repubblica. E’ un conservatore alla anglosassone”. Che c’entra, quindi, con Repubblica? “Non ho dubbi – prosegue – che porterà il giornale da un’altra parte rispetto alla sua storia e alla sua tradizione. E questo anche da un punto di vista editoriale e industriale lascerà campo libero. Spazio. Direi praterie anche ad un nuovo giornale che recuperi lo spirito più vero di Repubblica”.

Da qui l’annuncio, quindi, che dovrebbe portare, quanto prima, alla nascita della Repubblica 2.0. Con Scalfari, Ezio Mauro e Carlo Verdelli. Commenta Salvatore Merlo: “Svuotare Repubblica delle sue firme storiche, che sono quasi tutti pensionati i cui contratti di collaborazione scadono a dicembre e quindi rifondare attorno a un gruppo di giornalisti riconosciuti il quotidiano della sinistra italiana: agile, corsaro, popolare e partigiano”. Già ma con quali prospettive politiche più immediate? La risposta di Merlo non si fa attendere: “I soliti maliziosi, tuttavia, parlano di questo ipotetico nuovo quotidiano come del ‘giornale di Giuseppe Conte’, per intendere con questa semplificazione quell’area del paese e del potere, quell’intersezione insiemistica che raccoglie ciò che resta del M5s e la sinistra, quel cosmo che in realtà in questi giorni i sondaggi danno in crescita”.

Sarà anche così. Del resto lo stesso De Benedetti, seppure in modo indiretto, avalla questa possibile interpretazione. Per lui, come ripete nell’intervista, l’Italia è diventata “un paese invertebrato. Allo sbando. In pericolo”. Repubblica 2.0 è destinata a rimanere l’ultimo baluardo per far fronte ad un “governo” che “non esiste”. A “partiti” che “non esistono”. A “istituzioni” che si “sono liquefatte”. Al punto che “se arrivasse l’uomo forte, gli italiani se lo prenderebbero, come ha scritto Stefano Folli l’altro giorno”.

Ed allora Giuseppe Conte, sostenuto dal nuovo giornale? Questa è un possibile ipotesi. Che può esplicitare, tuttavia, il senso dell’operazione che è a monte del cambio della guardia. Con John Elkann che guarda altrove. A Mario Draghi dovrebbero essere fischiate le orecchie.

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