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Arresto Scandalo Wirecard

Tutte le diavolerie della tedesca Wirecard

Continuano gli arresti di top manager della società fintech tedesca Wirecard. Le ultime novità sullo scandalo finanziario in Germania e i ruvidi commenti di Onado e Arese Lucini

 

Continuano gli arresti per lo scandalo Wirecard, la società tedesca di servizi finanziari molto attiva nel settore dei pagamenti elettronici che nelle ultime settimane è al centro di un grosso caso in Germania per la scoperta di un ammanco di 1,9 miliardi nel bilancio. Miliardi che potrebbero non esistere affatto.

L’ARRESTO DI OLIVER BELLENHAUS

Ieri la polizia tedesca ha arrestato a Monaco un altro manager di Wirecard, Oliver Bellenhaus, accusato di frode aggravata e altri reati. Si trova attualmente sotto custodia giudiziaria per prevenire il rischio di una sua fuga. È il secondo arresto di un dirigente di altissimo livello della società, dopo quello dell’ex-amministratore delegato Markus Braun – poi liberato su cauzione – alla fine di giugno.

Bellenhaus dirigeva CardSystems Middle East, la divisione di Wirecard con sede a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, che incideva sul 40 per cento dei profitti del gruppo, stando al Financial Times.

GLI ALTRI INDAGATI

Le autorità tedesche stanno indagando anche sul direttore finanziario di Wirecard, Alexander von Knoop, e sul chief product officer Susanne Steidl. Ai loro nomi si aggiunge quello del direttore operativo Jan Marsalek, al momento irrintracciabile.

IL COMMENTO DI MARCO ONADO

Marco Onado, economista esperto di diritto bancario e già commissario Consob, ha scritto oggi sul Sole 24 Ore che con lo scandalo Wirecard “è tutto il sistema di controlli sull’operato delle imprese e in particolare il modello tedesco che subisce un fiero colpo”.

“Le difese delle varie parti coinvolte sono quasi delle aggravanti”, prosegue Onado. “Si sono sentite solo trite giaculatorie sull’impossibilità di difendersi dalle frodi ben architettate. Come se la grande macchina di difesa fatta dalle autorità di controllo di Borsa, dalle società di revisione, dalla corporate governance delle società potesse essere efficace solo per scoprire truffe ingenue come quelle dei film di Totò”.

“Tutto questo, si badi, dopo che per decenni abbiamo assistito a tutti i livelli a un autentico diluvio di nuove norme proprio nel tentativo di rendere più efficace sia il sistema della revisione contabile, sia i controlli interni delle imprese. Adesso in Germania dicono che vogliono riformare la disciplina delle società di revisione, ma anche questo è un vecchio copione. Non più tardi dello scorso autunno, nel Regno Unito era stata avanzata una proposta di riforma che partiva giustamente dal tema chiave del conflitto di interesse (chi vuole scontentare chi ti paga?) ma finiva con una proposta all’acqua di rose: separare l’attività di consulenza da quella di revisione. Capirai la differenza”.

Secondo Onado, “è anche il modello tedesco di governance delle società che subisce un altro fiero colpo, dopo quello – tremendo – delle false dichiarazioni di grandi case automobilistiche in materia di emissioni inquinanti e dopo che Deutsche Bank è da anni saldamente al comando della classifica internazionale delle banche più sanzionate per irregolarità e comportamenti fraudolenti”.

L’ANALISI DI BENEDETTA ARESE

Su Affari & Finanza di ieri Benedetta Arese Lucini, già numero uno di Uber Italia, ha scritto che “il collasso di Wirecard, uno dei gioiellini del fintech, uno dei titoli che componeva il Dax 30 e una azienda sempre difesa dal regolatore tedesco Bafin, è la dimostrazione che oggi anche i tedeschi fanno la figura dei cialtroni”.

“Oltre alla figuraccia del regolatore tedesco e di una delle più grandi aziende di revisione, Ernst & Young, l’impatto sul mercato azionario e sugli investitori e le banche che hanno sostenuto l’azienda negli anni”, ha commentato Arese, “chi sta soffrendo davvero le conseguenze di questo fallimento è il settore fintech europeo”.

Wirecard, infatti, era un cosiddetto unicorno, “una delle poche aziende nate in Europa ad avere una valutazione di oltre un miliardo. Si era posizionata nel mercato dei pagamenti e aveva cominciato a offrire anche le carte prepagate”.

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