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Cop26 Turismo

Turismo, cosa (non) va nel decreto Rilancio

Nel decreto Rilancio sono state inserite risorse economiche per il turismo. Basteranno? Le aziende del settore sbuffano

 

È risuscito ad ottenere 4 miliardi diretti, più un fondo da 25 milioni di euro per agenzie di viaggio e tour operator. Dario Franceschini sperava in una stagione 2020 forte. Per mesi, prima della pandemia, abbiamo sentito programmi e piani sulla sostenibilità dei nostri siti per vederli poi naufragare sotto l’emergenza pandemica.

Nel decreto Rilancio sono state inserite risorse economiche e va bene. Ma, come si vede nelle piazze e non solo, non sufficienti a spegnere le polemiche esplose in tutta Italia. D’altra parte il ministro aveva chiesto all’Europa di sostenere il settore in maniera condivisa. Cosa che non c’è stata.

Il decreto, oltre ai soldi di cui si diceva, ha stabilito che dal 3 giugno l’Italia riapre le frontiere. Resta, però, da vedere in queste ore cosa ne sarà degli accordi tra Germania, Francia, Austria, Svizzera per una circolazione limitata ai loro Paesi.

Conte ha fatto la voce grossa con l’Unione europea attaccando quegli accordi cercando di dare qualche ulteriore speranza a migliaia di albergatori, ristoratori, addetti ai servizi turistici. In pratica l’Italia chiede che dal 3 giugno si torni a circolare liberamente in tutta Europa.

Franceschini per tutto il lockdown ha fatto il possibile per far godere italiani e stranieri delle bellezze di musei e siti archeologici attraverso molte piattaforme web. Ma la sostenibilità vera, con persone in carne ed ossa, è altra cosa. Il Ministro ha rivendicato la bontà della strategia che vede insieme turismo e cultura.“È frutto dell’ascolto delle rappresentanze delle diverse categorie della filiera turistica e di quella culturale. Due settori che insieme, producono il 20 per cento del Pil nazionale”, ha commentato.

L’inconveniente, diciamo così, sta nel fatto che i crediti di imposta per gli affitti, i ristori per alberghi e aziende, il fondo di 20 milioni per la promozione turistica, non ripagano il settore per i cali di presenza che mettono a rischio gli interventi strategici a favore dell’ambiente, della qualità urbana, del decoro dei luoghi turistici.

Non a caso la protesta del settore ha una sponda formidabile nei sindaci, che con entrate in ribasso, potrebbero comprimere la spesa su quei servizi qualificanti. Meno tasse di soggiorno, meno eventi culturali e musicali, meno rassegne, non porteranno soldi nelle case degli Enti locali. Nessuno si augura una tale decurtazione, ma non si può escludere nulla per il godimento di chi riuscirà ad andare in vacanza. Non ci penseranno nemmeno i privati ad abbellire le location, a sponsorizzare piantumazione di alberi, a sistemare panchine e giardinetti. Figuriamoci.

Sconsolanti le dichiarazioni del Presidente di Federalberghi Bernabò Bocca. Il Decreto Rilancio è un passo avanti ma non basta per sistemare il turismo italiano post Covid 19. “Quello che noi contestiamo è che non si faccia una graduatoria di gravità dei settori e si continuino a fare dei provvedimenti erga omnes che sono sufficienti per alcuni settori, ma che sono assolutamente insufficienti per settori come il nostro la cui coda della crisi sarà molto ma molto più lunga”, ha detto al Messaggero. Il discorso è generalizzato, ma quel pezzo di qualità ambientale che voleva rendere più attrattivi i siti italiani – città d’arte, mare, montagna, laghi, borghi antichi -nel panorama internazionale appare compromesso. Forse c’è ancora tempo per recuperare con altri provvedimenti di legge per non trovarci a fine estate con posti famosi, ma trascurati.

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