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Tim venderà la rete per non far scoppiare la bomba del debito

Che cosa ha detto il capo azienda di Tim, Labriola. Lo scenario con Kkr. E i rapporti tempestosi con Vivendi. Ecco le ultime novità su Tim

Tim obbligata a vendere la rete NetCo a Kkr sotto il peso del debito.

Lo scorso 5 novembre il cda di Tim ha approvato la vendita della rete al fondo americano senza subordinarla al voto degli azionisti. La decisione è stata presa nonostante l’opposizione del maggiore azionista, la compagnia francese Vivendi, che ha annunciato che “utilizzerà ogni strumento legale” a sua disposizione contro la decisione del cda. Anche se il vero obiettivo del gruppo transalpino è uscire da Tim senza perdere una caterva di soldi vista la minusvalenza emergente rispetto all’investimento iniziale.

Ma la vendita era necessaria per il debito, spiega oggi l’ad di Tim Pietro Labriola, fautore del progetto di vendita della rete, in un’intervista a Repubblica. Allo stesso tempo, Labriola ha detto di essere “molto fiducioso” di vendere NetCo il prossimo anno “entro l’estate”. Secondo il Sole 24 Ore “Il closing per la rete con Kkr potrebbe arrivare prima del previsto”.

Tutti i dettagli.

L’IMPELLENZA DEL DEBITO

L’offerta di Kkr valorizza la rete fissa fino a 22 miliardi di euro e consente al gruppo una riduzione del debito di circa 14 miliardi di euro. L’accordo, che Telecom prevede di concludere entro l’estate del 2024, dovrebbe consentire alla società di ridurre il proprio debito di 14 miliardi di euro.

“Abbiamo venduto la rete per dare una opportunità strategica a quello che resta”, ha detto Labriola in una intervista a Bloomberg il 28 novembre secondo cui Tim non è “in vendita”.

E stamani l’ad di Tim torna sull’argomento nell’intervista a Repubblica in cui evidenzia che “Il rischio di non riuscire a finanziare il debito oggi è davvero elevato e se le cose vanno male, è l’amministratore delegato a pagarne le conseguenze. Se al nostro Ebitda (margine operativo lordo), togliamo il capex (investimenti in conto capitale), ci restano solo i soldi per pagare gli interessi sul debito. In uno scenario di tassi in rialzo, si va incontro a una crisi finanziaria. Quindi o si vende qualcosa o si fa un aumento di capitale, che nessuno voleva fare”.

Riguardo l’urgenza del debito, Labriola specifica che si tratta di “Nove miliardi di euro nei prossimi tre anni. Ma esiste un problema non solo di costo del debito, anche di rifinanziamento. Lo scorso anno ce l’abbiamo fatta, non è detto che ci riusciremo sempre. C’è concorrenza tra chi chiede finanziamenti quindi dobbiamo essere bravi nel rimborsare i creditori e soprattutto credibili verso il mercato”.

UNA SOCIETÀ SERVCO PIÙ SNELLA

Dopodiché, il numero uno di Tim ha illustrato la struttura della nuova Tim (ServCo): “Dei 36 mila dipendenti attuali (full time equivalent), 20 mila andranno in NetCo, la società che gestirà la rete, mentre gli altri 16 mila faranno capo alla nuova Tim, divisi in 5mila su Enterprise e i restanti 11mila su Consumer, di cui 4 mila nei call center. Sta qui una delle differenze con gli altri competitor, che affidano questi servizi a soggetti terzi”. (Qui l’approfondimento di Startmag su Come sarà Tim con la nascita di Netco. Documento riservato).

LA POSIZIONE DI LABRIOLA SULLA “VECCHIA” TIM

Ma oltre ad allentare la pressione del debito, dalla cessione della rete ci saranno altri benefici secondo il capo azienda. “Separare la rete dai servizi ci consente di focalizzarci sui clienti e sull’innovazione. L’integrazione verticale tra la rete fissa e i servizi ci ha penalizzato sul piano regolamentare. I nostri prezzi di mercato sono regolati mentre quelli dei nostri concorrenti no” ha osservato a Repubblica Labriola.

“NUOVA” TIM PRONTA AL CONSOLIDAMENTO

Inoltre, una volta ceduta la rete, l’unica via da seguire per il settore italiano è il consolidamento per Labriola.

“Tim è pronta a svolgere un ruolo attivo in qualsiasi contesto di consolidamento del settore delle telecomunicazioni in Italia” ha sottolineato in settimana l’amministratore delegato della società in una intervista a Bloomberg TV. “Fusioni e acquisizioni sono ‘sul radar’, ha aggiunto Labriola secondo cui la società è alla ricerca di opzioni per la sua unità consumer dove “sarebbe un acquirente, non un venditore”.

A LAVORO SUL NUOVO PIANO

Intanto il management si prepara al nuovo piano “senza rete” che sarà presentato a marzo all’investor day.

“Sarà un piano che ridarà un respiro strategico e industriale al gruppo. Grazie alla vendita della rete, non sarà più un piano di sopravvivenza. Anzi possiamo riaccelerare e crescere anche attraverso acquisizioni. Non dico che annunceremo qualche operazione a marzo, ma comunicheremo una struttura finanziaria che ci permetterà di valutare diversi percorsi. Oggi una politica di dividendi, per esempio, è ancora impensabile, ma dopo il closing avremo una struttura di capitale solida (rapporto debito/Ebitda inferiore a 2 volte) che ci permetterà di guardarci intorno con un’altra prospettiva. Magari anche per operazioni sul capitale: il nostro è di 11 miliardi, quando quello di Enel è di 9 miliardi” ha spiegato sempre a Repubblica Labriola.

Una volta ceduta la rete, “Non saremo più in una gestione di emergenza. Dobbiamo razionalizzare, — ha aggiunto l’ad di Tim — abbiamo più di 120 scatole societarie che non hanno più senso o partecipazioni che non sono strategiche”.

IL TIMING

L’assemblea di Tim, in calendario il prossimo 23 aprile, dovrà approvare il bilancio 2023 e nominare il nuovo board che traghetterà il gruppo verso il closing della cessione della rete.

“Già a fine maggio, secondo gli analisti, il traguardo potrebbe essere in vista, dal momento che prima della vendita di un ramo d’azienda devono trascorrere sei mesi dalla sua costituzione, il 24 novembre per la divisione della rete. Nel frattempo dovrebbero essere stati completati l’iter autorizzativo presso l’Antitrust Ue e quello del golden power, che, secondo le stime, dovrebbero richiedere due-tre mesi” rileva il quotidiano confindustriale.

INCOGNITA VIVENDI

Infine, resta il nodo Vivendi da sciogliere.

Come già detto, l’approvazione del cda alla vendita a Kkr è stata immediatamente criticata dall’azionista francese, che da tempo si oppone ai piani di cessione della rete, “il bene più prezioso di Telecom Italia” ricordava Bloomberg. Dopo il via libera del cda, Vivendi ha dichiarato infatti che “utilizzerà tutti i mezzi legali a sua disposizione per contestare questa decisione e proteggere i suoi diritti e quelli di tutti gli azionisti”.

A questo proposito, Labriola ha sottolineato a Bloomberg TV come in questa fase “sia importante più che mai il dialogo con tutti gli stakeholders e non solo con tutti gli azionisti. Sono stato sempre in contatto con Vivendi per valutare se ci fosse una alternativa al nostro piano. “Vivendi – ha concluso Labriola – a luglio era in cda quando era stato approvato il piano di separazione e vendita della rete” ma “non c’è un piano alternativo” migliore all’operazione appena conclusa sulla rete.

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