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Tim, Kkr, Vivendi, la rete e i peana

Come alcuni giornali hanno commentato e analizzato l'offerta di Kkr per la rete Tim. La lettera di Francis Walsingham

Caro direttore,

sto portando avanti la lettura dei giornali italiani, come da tuo consiglio, e quindi non penso di sorprenderti se ti confesso di essermi appassionato parecchio all’affare Tim-Kkr per l’evidente intreccio di questioni economiche, finanziarie e geopolitiche. Pane per i miei denti, insomma.

Non sono invece un grande appassionato di letteratura greca, però non ho potuto fare a meno di soffermarmi sul peana intonato oggi dal quotidiano MF-Milano Finanza in onore del consiglio di amministrazione di Tim (formato da “amministratori seri”, leggo) e del collegio sindacale (“altrettanto scrupoloso”) per essersi espressi a favore dell’operazione con Kkr. Una decisione che apprendo essere stata “approfondita e ponderata” (si tralascia di ricordare che 3 consiglieri di amministrazione non hanno votato a favore). Dovrebbe essere la normalità, anche perché stiamo parlando di una grossa società quotata sul Ftse Mib e non del mio barbiere. Ma chi sono io per negare il canto a un aedo? Quel cda dal multiforme ingegno, dimmi…

Ma sto divagando (e la colpa è tua, caro direttore: ché si sa che ai giornalisti italiani piace compiacersi nella loro prosa ricercata e mi contagiano). Sto divagando ma devo tornare sul punto perché quell’articolo MF-Milano Finanza una giusta osservazione la fa: se Vivendi, singolo maggiore azionista di Tim e contrario all’operazione con Kkr, è davvero convinto che la rete non valga 20 miliardi di euro ma 30 miliardi, perché non si è organizzato per comprarla?

Ti segnalo poi, caro direttore – ma già so che non ti sarà sfuggito – un articolo di Paolo Mastrolilli su Repubblica, per il quale è niente po’ po’ di meno corrispondente dagli Stati Uniti. Mastrolilli è uno che frequenta molto gli ambienti dei cosiddetti “apparati”, cioè il dipartimento di Stato americano e il dipartimento della Difesa, di cui tende a riportare umori e posizioni. Immagino che anche stavolta Mastrolilli abbia dato voce alla loro opinione, viste le lodi spese per la vendita della rete di Tim a Kkr, un fondo con sede a New York.

Attraverso l’operazione, scrive Mastrolilli, Kkr si farà carico del debito di Tim e renderà l’azienda “più libera di usare il ‘cash flow’ per ammodernare l’infrastruttura. La cifra prevista è intorno ai 10 miliardi, per far passare la rete interamente dal rame alla fibra ottica. Una svolta tecnologica fondamentale per l’Italia, che così diventerebbe un paese totalmente cablato, dove la digitalizzazione potrebbe davvero funzionare […]. Questi proventi, tolti i costi, non verranno usati per generare dividendi, ma per fare gli investimenti necessari a cambiare le parti ancora in rame con la fibra ottica. Una volta completata l’operazione, la rete avrà bisogno solo di manutenzione, e gli affitti inizieranno a generare profitti. A quel punto, stimato fra 5 e 6 anni, Kkr uscirà”.

Tutto bellissimo, insomma. Ho un dubbio, però (e lascio volutamente da parte le espressioni un po’ troppo salivose per i miei gusti): ma Mastrolilli tutti questi dati dove li ha presi? Come fa a sapere che “l’orizzonte dell’investimento del fondo americano Kkr nella rete di Tim è di cinque o sei anni, il tempo necessario per ristrutturarla e rimetterla sul mercato”? L’operazione per la vendita della rete non è nemmeno conclusa (lo sarà entro l’estate 2024), eppure il corrispondente di Repubblica dagli States già ci informa sulla durata dell’investimento di Kkr. Informazioni che magari il colosso statunitense poteva veicolare anche al mercato oltre che a Mastrolilli.

In ultimo, segnalo una chicca apposta per te, caro direttore. Key4biz, il quotidiano specializzato sull’economia digitale diretto da Raffaele Barberio – che è anche consulente del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alessio Butti, che segue anche il dossier rete unica – ha aperto ieri con un articolo sulla “nuova guerra di Vivendi in Italia” per via dell’operazione Tim-Kkr. Solo che l’articolo di Key4biz non è davvero un articolo di Key4biz: è una rielaborazione di quanto scritto anche dal quotidiano francese Le Figaro. Si potrebbe dietrologicamente pensare che Butti – via Barberio – sia attento alle posizioni di Vivendi e di Merlyn (un piano non proprio lontanissimo come impostazione dal Piano Minerva che illustrò Butti). Ma io non sono un giornalista e dunque manco un dietrologo.

Comunque, per tornare al pezzo in questione, nulla di male, per carità: il giornalismo è fatto anche di rielaborazione e contestualizzazione del lavoro altrui. Però per un direttore come Barberio (che afferma di scrivere “per determinare quello che succederà domani” anziché di “quello che è successo ieri”) e per un giornale come Key4biz (che si occupa solo di economia digitale, telecomunicazioni e materie affini) mi pare grave che sulla vicenda della rete di Tim non abbia altro da dire se non quello che ha già detto Le Figaro. In compenso, Key4biz ha pubblicato un’intervista al segretario della Uilcom contrario a Kkr. Da uno come Barberio, che non si occupa di “cose marginali”, mi sarei aspettato una conversazione con un protagonista dell’operazione, invece che con il segretario della federazione dei lavoratori del settore che fa parte del terzo sindacato italiano…

Ma io cosa ne voglio sapere, peraltro. Io che, al massimo, leggo per conoscere quello che potrebbe succedere domani; mica scrivo per determinare quello che succederà.

Un caro saluto,

Francis Walsingham

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