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Raffaele Barberio

Raffaele Barberio, chi è (e cosa pensa) il consulente del sottosegretario Butti

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alessio Butti (Fratelli d'Italia), ha nominato suo consulente Raffaele Barberio, direttore del sito Key4Biz, che aveva appoggiato ripetutamente le posizioni di Butti (con cui aveva fatto anche un'intervista fluviale). I fatti, i nomi e la ricostruzione del quotidiano Domani

 

Da un’intervista fluviale a un esponente politico a una consulenza per lo stesso esponente politico il passo può essere breve. È quello che ha compiuto Raffaele Barberio, giornalista e direttore del sito Key4Biz, specializzato in telecomunicazioni.

Barberio è infatti diventato consulente del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alessio Butti (Fratelli d’Italia), che ha la delega all’innovazione e segue per conto del partito e del governo il dossier rete unica.

CHI E’ RAFFAELE BARBERIO

“Esperto in Comunicazione e Relazioni istituzionali, Barberio è direttore di Supercom, società di business relations che opera al servizio di istituzioni e imprese. Nel 2001 ha fondato Key4biz, il quotidiano online sull’economia digitale e la cultura del futuro, di cui è direttore responsabile”, si nelle nella biografia di Barberio.

COSA FA KEY4BIZ

“Key4biz.it – si legge sul sito – offre servizi di Business Relations, servizi avanzati di comunicazione e relazioni pubbliche, assieme all’organizzazione di eventi, la produzione di video, il content managing, come strumenti di sostegno alle attività delle aziende e delle Pubbliche Amministrazioni”.

LE POSIZIONI DI BARBERIO

Negli anni recenti il sito sul tema 5G e dintorni non ha avuto posizioni filo Usa come quelle del governo Meloni (“Usa-Cina. Una guerra Hi-Tech che danneggia tutti e da cui l’Europa deve sfilarsi”, è il titolo di un suo editoriale), tanto da ospitare non saltuariamente le posizioni della cinese Huawei: posizioni simile a quelle del Movimento 5 Stelle i cui esponenti sono stati sempre presenti nelle iniziative editoriali del sito di Barberio.

DOMANI QUOTIDIANO SU BARBERIO E BUTTI

Su Barberio e Butti oggi il quotidiano Domani ha scritto: “Il sottosegretario Alessio Butti ha assunto nel suo staff il giornalista Raffaele Barberio. Butti ha la delega all’Innovazione e dunque la gestione della partita della rete unica nazionale. Compito affidatogli dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. A Barberio la garanzia di un ottimo compenso da 80mila euro per undici mesi di contratto, dal febbraio 2023 a gennaio 2024″.

“Il ruolo di Barberio imporrebbe ora un passo indietro dalla trincea giornalistica quantomeno su questioni direttamente collegate al sottosegretario per cui lavora. Eppure fino a pochi giorni fa il giornalista, senza curarsi del doppio ruolo, ha firmato un lunga analisi sul giornale che continua a dirigere dal titolo «Open Fiber al capolinea. Reset dell’azienda subito se si vuole rilanciare l’industria delle Tlc italiane». – ha scritto Giovanni Tizian del quotidiano diretto da Emanuele Fittipaldi – Di certo c’è anche un altro fatto rilevante in questa guerra di trincea: Open Fiber ha avviato un’azione civile nei suoi confronti chiedendogli 1,5 milioni di euro. Cifra notevole per un piccolo giornale. Barberio contattato da Domani scambia qualche parola con il cronista, si lascia andare in commenti molto duri sul direttore di Domani, ma subito dopo ha rimosso i messaggi dalla chat WhatsApp. «No comment», è la replica definitiva, «scrivi e leggerò per vedere se scrivi le stesse menzogne del tuo direttore»”.


ESTRATTO DELL’ARTICOLO DEL QUOTIDIANO DOMANI SU BARBERIO E BUTTI (QUI L’ARTICOLO INTEGRALE)

Nulla di strano se non fosse che Barberio è il direttore responsabile del sito specializzato Key4biz. Testata sulla quale sono stati pubblicati una raffica di articoli al vetriolo contro Cassa depositi e prestiti e Open Fiber, gli attori in campo più importanti nell’affare della rete unica nazionale. Barberio è stato assunto di recente con l’incarico di «responsabile immagine e promozione» nell’ufficio del sottosegretario Butti, che come rivelato da Domani in un articolo del novembre 2022, gradirebbe una soluzione alternativa a quella proposta da Cdp e Open Fiber e dai loro amministratori delegati, Dario Scannapieco (nominato da Mario Draghi) e Mario Rossetti.

Butti infatti ha (aveva) in mente un piano ribattezzato “Minerva”: la rete deve restare in capo non a Open Fiber, ma a Tim, la quale dovrà tornare in mani statali con l’entrata di Cdp. Nessuno, però, ha ancora mai visto un documento ufficiale del progetto Butti, che avrebbe delle conseguenze non proprio irrilevanti per le casse pubbliche: lo schema del dirigente di Fratelli d’Italia costringerebbe Cdp e altri soggetti a lanciare un’opa su Tim, avvantaggerebbe i francesi di Tim (Vivendi), ma il debito di 25 miliardi di euro della società telefonica peserebbe sui bilanci statali. Sul tema Meloni non si esprime, ma la sua fiducia per il fedelissimi ha qualche mese ha cominciato a vacillare. Anche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha da sempre molti dubbi sulle strategie del meloniano.

Questo è il contesto in cui si muove Barberio, diventato nell’estate del 2022 un pasdaran del piano di Butti. Barberio è ormai componente essenziale della squadra del sottosegretario, tanto da avere un suo indirizzo mail @teamdigitale.gov. Per capire la sintonia dei due è utile rileggere un’intervista al sottosegretario premonitrice del “piano Minerva”. Intervista realizzata tre mesi prima che Meloni vincesse le elezioni e Butti diventasse sottosegretario all’Innovazione.

Il 25 agosto 2022 Butti rispondeva così alle domande del direttore Barberio: «Una delle mutate condizioni risiede nel fallimento della gestione di Open Fiber… Purtroppo, con la nuova gestione Cdp di Open Fiber molte cose sono cambiate nella strategia aziendale. I manager migliori sono scappati o stanno lasciando l’azienda… Open Fiber purtroppo, e lo dico con sincero rammarico, non ha più la credibilità né la capacità di essere il perno dell’operazione “rete unica”, cosi come pensata sino ad oggi da Cdp. Mi lasci anche dire che il management deve essere scelto sulla base delle competenze manageriali e non dell’appartenenza politica».

L’intervista «esclusiva» seguiva a una serie di servizi contro Cdp e Open Fiber, a settembre dello stesso anno Barberio lo ritroviamo a moderare un convegno sulle telecomunicazioni con Butti presente insieme ai rappresentati delle più importanti aziende del settore. All’epoca qualcuno non ha potuto fare a meno di notare l’assenza di Open Fiber tra gli ospiti. Gli articoli sul “disastro” Open Fiber pubblicati da giugno a novembre sono in totale 42, la campagna è iniziata a giugno del 2022, in concomitanza di un’interrogazione sul tema presentata, ça va sans dir, da Butti, allora parlamentare di Fratelli d’Italia e responsabile media e telecomunicazioni per il partito di Meloni.

E così a gennaio il cerchio si è chiuso: Butti firma il decreto per contrattualizzare il direttore di Key4biz, giornalista, pubblicista e non iscritto nell’elenco dei professionisti come è solito per un direttore responsabile di una testata. La società editrice del giornale è Supercom srl, una società di lobby fondata da Silvana Torquati e Raniero Dragonetti, già consigliere in una ventina di società di cinema, bingo e immobiliare. Presidente di Supercom è Alberto Mannelli, un professore di Ancona nominato negli anni dei governi Berlusconi nei cda di Buonitalia, Sace e dell’istuto Crea.


ESTRATTO DALLA FLUVIALE INTERVISTA DI BARBERIO A BUTTI PUBBLICATA IL 2 NOVEMBRE 2022 (QUI L’ARTICOLO INTEGRALE)

Key4biz. Onorevole Butti in queste settimane se ne sono dette tante sul tema, ci può chiarire qual è la posizione del suo partito sulla rete unica e quale ruolo dovrebbero avere TIM ed Open Fiber?

Alessio Butti.  Nulla di nuovo sotto il sole. La nostra posizione è sempre stata chiara e coerente ed è stata recentemente ribadita dalla Presidente del nostro partito, Giorgia Meloni. Sconcerta, francamente, la falsa esegesi di qualche giornalista, evidentemente disinformato o in malafede. Noi vogliamo semplicemente che l’Italia torni ad essere un protagonista europeo nelle telecomunicazioni, come lo sono la Francia e la Germania, dove gli incumbent sono ancora sotto il controllo dei rispettivi governi.

Key4biz. Come declinare questo obiettivo strategico con la “rete unica”?

Alessio Butti. Quello che abbiamo sempre detto è che vogliamo che la nuova rete in fibra, fino alle case, sia una rete unica, nazionale, a controllo pubblico (quindi italiana) e wholesale only. Sin dall’inizio abbiamo sostenuto questo modello che separa la rete dai servizi e che ha tanti e importanti precedenti nel nostro Paese, basti pensare a Terna che serve le società operanti nel mercato elettrico, ma anche a RFI che offre l’infrastruttura a Trenitalia e Italo. Per tornare a noi, non è pensabile che l’incumbent nazionale della rete fissa sia presente anche nel mercato retail, soprattutto in un mercato delle telecomunicazioni come quello italiano dove, al contrario del resto d’Europa, non è mai esistito il cavo (che avrebbe cambiato la dinamica competitiva, come è peraltro accaduto nel resto d’Europa). Ma vorrei aggiungere anche un aspetto tutt’altro che secondario. FdI è l’unico partito ad aver presentato e sostenuto una serie di proposte di politica industriale sulla rete, sul cloud e sul 5G. E Giorgia Meloni è l’unica leader di partito ad essersi occupata in modo dettagliato di una partita di così straordinaria importanza per la trasformazione digitale del Paese, su cui gli altri partiti sono rimasti in silenzio per lunghi mesi, una partita tuttora aperta per la quale sono previsti oltre 40 miliardi di investimenti.

Key4biz. Allora entriamo nei dettagli, perché TIM dovrebbe mantenere la rete, come sostenete voi in contrasto con il piano CDP-TIM?

Alessio Butti. Questo è il secondo motivo che ci ha indotto ad elaborare la nostra proposta alternativa. Siamo convinti che TIM non possa e non debba perdere la rete. Non esiste al mondo alcun operatore di telecomunicazioni senza la rete. Sarebbe come avere un ristorante senza la cucina. La rete non va separata, deve rimanere invece in capo a TIM e deve essere semmai TIM ad aggregare sotto di sé la rete di Open Fiber. Sono i servizi a dover essere dismessi. E siamo così convinti di questa scelta, al punto da aspettarci una impennata del titolo in Borsa nei mesi successivi, perché è questo che cercano gli investitori internazionali: modelli di business convincenti, piani di sviluppo sostenibili, aderenza piena alle norme europee, benevolenza dei governi,

Key4biz. Ci spieghi meglio…

Alessio Butti. La motivazione è evidente, senza la rete e solo con la società di servizi, difficilmente TIM potrebbe stare in piedi. Tra l’altro, da qui a pochi mesi ci ritroveremo sicuramente con la perdita di altre migliaia di posti di lavoro, oltre ai 3.400 già annunciati, tra uscite volontarie e prepensionamenti. Parliamo quindi di conseguenze sociali pesantissime che non possiamo permetterci. Lasciare invece la rete in capo a TIM è quindi anche la migliore garanzia per la difesa occupazionale. Tutti gli addetti ai lavori sanno perfettamente che è la rete che garantisce il cash flow dell’azienda e che assicura i margini più alti.

Key4biz. Poi c’è il problema da un lato di Vivendi, che oggi è il socio di riferimento di TIM, e dall’altro di Macquarie e KKR, rispettivamente in Open Fiber e Fibercop…

Alessio Butti. Le assurde pretese di Vivendi che valuta addirittura 31/34 miliardi di euro la vecchia rete in rame di TIM rendono di fatto il piano CDP-TIM-OPEN FIBER irrealizzabile. Sarebbe impossibile giustificare il fatto che CDP debba pagare una cifra così spropositata per una rete che sarà dismessa entro il 2026, data in cui il governo italiano, per bocca del ministro Vittorio Colao, si è impegnato con l’Europa a coprire l’intero territorio italiano con la fibra fino alle case ed agli uffici. Nascerebbe quindi inevitabilmente un contenzioso ed una lunga discussione sul valore della rete, oltre alle problematiche tecniche per le difficoltà ed i tempi che può comportare lo scorporo di una rete. Quindi ripeto, chi e come potrebbe mai giustificare un esborso di tale natura da parte di CDP? Al Meeting di Rimini Arnaud De Puyfontaine, AD di Vivendi, ha sottolineato l’importanza della rete unica, invitando tutti a muoversi perché si faccia, senza preoccuparsi di chi sarà la proprietà, se pubblica o privata. Facciamo fatica a comprendere tale approccio, tanto più se dietro a queste affermazioni si sviluppa parallelamente una trattativa sulla cessione della rete di TIM a CDP, con, da una parte, i 31-34 miliardi di euro richiesti da Vivendi e, dall’altra, i 21-25 miliardi oltre cui CDP non vorrebbe andare.

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