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Mercato Immobiliare

Ecco quanto costerà agli italiani la mazzata Bce sui tassi

L’effetto tassi dopo le ultime decisioni della Bce per le famiglie italiane secondo un’analisi dell’ufficio studi della Fabi, la federazione dei bancari guidata dal segretario generale Lando Maria Sileoni.

I tassi medi praticati dalle banche sono più cari per le famiglie italiane che vivono in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia (4,18%) e quelle che risiedono in Sardegna e Sicilia (4,23%) rispetto alla media nazionale del 4,1%. Nelle regioni settentrionali, le condizioni di accesso al credito per acquistare immobili sono più favorevoli rispetto al resto del Paese: 4,09% nel Nord Ovest (Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta) e 3,99% nel Nord Est (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto). Nel Centro (Lazio, Marche, Toscana e Umbria) gli aumenti più significativi negli ultimi due anni con uno spread di 251 punti.  Pesano alcuni fattori di rischio, maggiori nel Mezzogiorno e nelle isole. In arrivo uno shock finanziario per le famiglie col tasso Bce portato al 4,25%. Il peso dei debiti sul reddito disponibile dal 9,5% del 2019 al 10,5% del 2023. Case, automobili, elettrodomestici: quanto costa oggi comprare a rate.

I MUTUI SPACCANO L’ITALIA IN DUE

Italia divisa in due sul costo dei prestiti per comprare casa: mutui meno cari al Nord e interessi alle stelle nel Mezzogiorno e nelle Isole. I tassi praticati dalle banche sono infatti più “salati” per le famiglie italiane che vivono nel Sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia) oltre che in Sardegna e Sicilia: chi risiede in quelle due aree geografiche del Paese, infatti, paga rate mediamente più alte rispetto a chi abita nel resto d’Italia. Nelle Isole, la media dei tassi d’interesse è del 4,23% e nel Mezzogiorno è al 4,18%, contro il 4,10% del dato nazionale. Una penalizzazione, legata anche ad alcuni fattori di rischio, maggiori in alcuni territori, che si aggiunge a quella che sta colpendo indiscriminatamente tutti gli italiani, costretti a far fronte, negli ultimi 12 mesi, durante i quali il costo del denaro è stato portato, con nove rialzi, dallo zero al 4,25%, ad aumenti vertiginosi delle rate dei mutui.

Rispetto alle condizioni di finanziamento esistenti a fine 2021, le famiglie più penalizzate dai ritocchi sui tassi, sono concentrate nelle aree del Paese meridionali e centrali (Lazio, Marche, Toscana e Umbria) dove i tassi hanno subìto incrementi più ampi: la variazione più rilevante, fra il 2021 e il 2023, si è registrata nelle regioni del Centro con uno spread di 251 punti e gli interessi arrivati al 4,16% medio, nelle Isole la variazione è stata di 248 punti e al Sud di 247.

Le famiglie residenti nelle aree settentrionali godono, invece, di condizioni sui mutui più favorevoli e hanno patito meno, rispetto al resto del Paese, gli effetti della politica monetaria della Banca centrale europea: nel Nord Ovest (Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta) la media dei tassi è pari al 4,09%, con uno spread, rispetto a due anni fa, di 241 punti; nel Nord Est (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto), invece, i tassi medi sono quelli più bassi d’Italia, cioè 3,99%, e l’aumento è pari a 226 punti rispetto al 2021.

Il quadro dei tassi mostra alcune differenze, rispetto alle medie, se si analizzano le condizioni praticate dalle banche sulla base della dimensione del finanziamento. Per quanto riguarda la categoria di mutui di importo fino a 125mila euro, i livelli più alti di tassi si riferiscono ai prestiti alle famiglie che risiedono nelle Isole e nelle aree del Nord Est, dove il costo di un mutuo per abitazione ha raggiunto rispettivamente il 4,56% e il 4,51%; in questa fascia la media nazionale è del 4,47% e i tassi sono del 4,46% nel Centro, del 4,45% nel Nord Ovest e del 4,43% nel Sud che, solo per questo tipo di importi, gode di medie più favorevoli. Per la categoria di importo intermedio, compresa tra i 125mila e i 250mila euro, i tassi hanno toccato la punta del 4,19% nelle zone isolane del Paese, nel Sud e nel Centro del 4,15%, nel Nord Ovest del 4,11% e del 3,95% nel Nord Est, contro un livello del 4,09% a livello nazionale. Infine, le condizioni di prestito per importi superiori a 250mila euro (media nazionale pari 3,74%) vedono le regioni del Sud e delle isole ancora penalizzate, con un tasso medio del 3,97% e del 3,95%, mentre nel Centro è pari al 3,88%, nel Nord Ovest del 3,70% e nel Nord Est del 3,51%.

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SHOCK FINANZIARIO IN ARRIVO PER LE FAMIGLIE CON IL TASSO BCE AL 4,25%

Già provati da inflazione e rincari delle bollette, le famiglie italiane devono fare i conti con una nuova stangata che si è abbattuta sulle loro tasche: il costo del denaro portato giovedì 27 luglio al 4,25% dalla Banca centrale europea. L’analisi dei tassi per classe dimensionale dei mutui ipotecari rispetto a fine 2021 e 2022 mostra un quadro drammatico, quasi comparabile a uno shock finanziario per gli italiani con mutui a tasso variabile o per quelle persone che intendono ancora acquistare casa.

Nel corso di 12 mesi, infatti, la strategia di raffreddamento dell’inflazione da parte della Bce ha surriscaldato il portafoglio delle famiglie italiane indebitate. Per tutte le categorie di importo dei mutui per acquisto di abitazioni, la rincorsa dei prezzi ha seguito l’andamento dei tassi della Bce. Tutti i clienti hanno subìto una crescita in media di 240 punti base, con tassi che hanno avuto una crescita esponenziale e che superano il 4,5% in alcune aree del Paese.

Nel mese di marzo 2023, per i mutui fino a 125mila euro il tasso medio sul totale dei prestiti è salito in Italia al 4,47%, al 4,09% per la classe di mutui fino a 250mila euro e, infine, al 3,74% per importi superiori a 250mila euro. Peccato che le stesse famiglie italiane, a fine 2021, pagavano in media un tasso compreso tra l’1,49% dei prestiti superiori a 250mila euro, dell’1,71% per quelli di importo compreso fra 125mila e 250mila euro e l’1,87% per i mutui di importo più contenuto.

Si tratta di dati medi, aggiornati a marzo scorso, quando il costo del denaro era ancora al 3,5%: gli ulteriori 0,75 punti “aggiunti” nei messi successivi comporteranno gioco-forza nuovi incrementi degli interessi applicati ai mutui su tutto il territorio nazionale, rendendo ancora più grave la fotografia scattata. Sul mercato, oggi, i tassi dei mutui hanno già ampiamente superato, in alcuni casi, la soglia del 6%.

MAGGIORI RINCARI AL CENTRO, IL NORD EST MENO PENALIZZATO DAGLI AUMENTI

Quello che è accaduto con il rimbalzo dei tassi non è stato omogeneo in tutte le zone geografiche del Paese, con il Centro che appare l’area del Paese afflitta dai maggiori rincari e il Nord Est, invece, meno penalizzato dagli aumenti. Rispetto a fine anno 2022, il differenziale dei tassi in Italia è arrivato a toccare punte di 40 punti base, per la classe di mutui di importo contenuta entro i 125 mila euro, fino ad arrivare a 45 punti base per quella inferiore. In alcune aree del Paese, come per le regioni del Nord Est, il differenziale dei tassi si è assestato a 55 punti base (classe fino a 125mila euro) e a 47 punti base per isole (classe fino a 125mila euro).

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Quanto alle operazioni fino a 250mila euro, gli incrementi più rilevanti si sono riscontrati nel Nord Est e nel Nord Ovest con gli spread che hanno toccato 46 punti base. Infine, per la categoria di importo superiore a 250mila euro, le maggiori differenze si sono riscontrate per le regioni del Centro e del Nord Ovest, con differenziali che hanno toccato i 35 e i 38 punti base.

Rispetto alle condizioni di finanziamento esistenti a fine anno 2021, le famiglie più penalizzate dai ritocchi sui tassi, sono concentrate nelle aree meridionali e centrali del Paese dove il costo del denaro ha subìto incrementi più ampi. In particolare, il Centro dell’Italia è l’area geografica che presenta la situazione più disastrata, con un aumento maggiore di 266 punti base per i finanziamenti di importo fino a 125 mila euro, 246 punti base per quelli compresi fino all’importo di 250mila euro e 241 punti base per i mutui di importo superiore. Analoga situazione per le famiglie del Sud, dove lo scarto più basso si è registrato per la sola classe di mutui di importo fino a 250mila euro, con un differenziale pari a 242 punti base, mentre il differenziale più ampio si è registrato nella categoria di mutui fino a 125mila euro, con 256 punti base mentre nella categoria riferita ai mutui fino oltre 250mila euro il differenziale è stato pari a 243 punti base.

Nel ranking delle famiglie, quelle del Nord Est hanno subìto gli effetti del rialzo del costo del denaro con un’intensità minore rispetto al resto del Paese: in quest’area il differenziale di tasso ha sfiorato quota 250 punti base per la sola classe di importo oltre 250mila euro, mentre per le altre categorie di mutui il differenziale si è attestato tra i 222 (fino a 125mila euro) e i 259 (fino a 250mila euro) punti base.

SILEONI: «DIFFERENZE SUI MUTUI LEGATE AD ALCUNI FATTORI DI RISCHIO. CONTRO L’INFLAZIONE STIPENDI PIÙ ALTI E SANZIONI SU CHI SPECULA COI PREZZI»

«Le differenze territoriali sul costo dei mutui dipendono da alcuni fattori di rischio: il Sud e le Isole sono, purtroppo, più indietro economicamente rispetto al Nord. I numeri dei fallimenti di imprese o di difficoltà economica sono numericamente più rilevanti e le famiglie faticano a pagare le rate dei prestiti e dei mutui. Per le banche il fattore rischio quindi è maggiore, anche se in questi ultimi tempi c’è più disponibilità da parte degli istituti di credito e più sensibilità rispetto a prima ai problemi di famiglie e imprese. La politica monetaria attuata negli ultimi 12 mesi dalla Banca centrale europea per contrastare la repentina crescita dell’inflazione non sta portando ai risultati sperati, quantomeno rispetto ai tempi. L’inflazione calerà solo a partire dal prossimo anno e probabilmente la soglia del 2%, che la stessa Bce ha come obiettivo sin dalla nascita dell’area euro, secondo il parere di molti esperti e banchieri, sarà difficile da raggiungere di nuovo in futuro. Il ciclo economico ha subìto importanti cambiamenti strutturali negli ultimi anni e, forse, dobbiamo abituarci a livelli diversi per il futuro, magari leggermente più alti. In ogni caso, l’inflazione, oggi, che è principalmente figlia della speculazione internazionale, in particolare sulle materie prime e sull’energia, si combatte, a mio giudizio, anche con altri strumenti. Il primo è l’aumento degli stipendi e nel settore bancario abbiamo appena avviato il negoziato con l’Abi per il rinnovo del contratto nazionale di 280.000 lavoratrici e lavoratori chiedendo alle banche 435 euro di incremento medio mensile da distribuire in più rate per tutta la durata del prossimo contratto; ma in Italia altri 7 milioni di lavoratori hanno i contratti scaduti e vanno tutti rinnovati con riconoscimenti economici adeguati al nuovo costo della vita. Il secondo strumento da utilizzare per contenere l’inflazione si basa su un maggior controllo dei prezzi da parte delle istituzioni, sia italiane sia europee, accompagnando le verifiche con l’introduzione di sanzioni a carico di chi specula causando danni economici alle famiglie e sta aumentando il disagio sociale», commenta il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.

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