I bonus edilizi pesano come spesa pubblica direttamente nel primo anno di avvio, senza essere invece spalmati nell’arco degli anni previsti dalla detrazione. E’ questo il “verdetto” al quale sono giunti Istat ed Eurostat per calcolare l’impatto sui conti pubblici dei crediti d’imposta, a partire dal Superbonus, per il quale il governo Meloni ha deciso a febbraio di eliminare i meccanismi di sconto in fattura e cessione del credito, cercando in questo modo di limitarne proprio l’effetto sul deficit.
Dai dati Istat diffusi oggi emerge dunque l’impatto sul 2021 (anno chiuso con il deficit al 9%) e soprattutto sul 2022, che rispetto alle tempi del 5,6%, ha invece registrato un deficit dell’8%. Nel 2023 e negli anni a seguire, considerando lo stop alle cessioni e la nuova classificazione statistica, il peso sull’indebitamento dovrebbe invece essere decisamente inferiore, più lasciando spazio di manovra per eventuali altri interventi di politica economica. La differenza sta nella classificazione del credito, se sia cioè da considerare ‘pagabile’ o ‘non pagabile’. Nel caso in cui vi siano limiti alla fruibilità del credito, il credito è definito come “non pagabile”, quindi da registrare nei conti pubblici come minore entrata nel momento del suo utilizzo.
Nel caso in cui, invece, esista una ragionevole certezza che, nel corso del tempo, il credito sarà utilizzato nella sua interezza, il credito fiscale è da ritenersi “pagabile” e quindi deve essere registrato come spesa delle amministrazioni pubbliche, per un ammontare pari all’intero importo maturato, nell’anno di sostenimento della spesa agevolata.
Quando la misura è classificata “non pagabile”, l’impatto è diluito negli anni di utilizzo del credito fiscale; quando la misura è classificata “pagabile”, l’impatto sull’indebitamento delle amministrazioni pubbliche si concentra invece esclusivamente nel primo anno.
“Alla luce del nuovo quadro interpretativo e a seguito dell’esito degli approfondimenti metodologici condotti congiuntamente da Istat e Eurostat, – spiega l’Istituto di statistica – è mutato il trattamento contabile del Superbonus 110% e del cosiddetto bonus facciate a partire dall’anno di stima 2020. Entrambi i crediti di imposta sono ora classificati come crediti di imposta di tipo pagabili e registrati nel conto consolidato delle amministrazioni pubbliche come spese per l’intero ammontare, ossia nel momento di sostenimento della spesa di investimento agevolata. Nelle precedenti stime, entrambe le agevolazioni erano state classificate come crediti di imposta di tipo non pagabili ed erano quindi registrate come minor gettito nell’anno di utilizzo del credito (quindi, come minore entrata tributaria)”.
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Vediamo in sintesi cosa ha comunicato l’Istat.
La cessione dei crediti fiscali dei bonus edilizi, a partire dal superbonus, fa lievitare il deficit nel 2022, ricalcolato sulla base delle nuove regole dell’Eurostat.
Lo scorso anno, certifica ora l’Istat, l’indebitamento si è attestato all’8% del Pil, superando l’obiettivo del 5,6% indicato dal governo Meloni nella Nota di aggiornamento al Def rivista e integrata a novembre.
E questo è avvenuto perché l’indebitamento, in miglioramento rispetto al 9% registrato nel 2021, è stato rivisto a seguito del cambiamento introdotto nel trattamento contabile dei crediti di imposta, che ha portato a una revisione peggiorativa nel rapporto deficit/Pil per gli anni 2020 e 2021 pari rispettivamente a -0,2 e -1,8 punti percentuali.
Nel 2020 il deficit si è attestato quindi al 9,7% del Pil, dal 9,5% stimato a settembre scorso, e nel 2021 l’indebitamento netto e’ stato ritoccato al 9%, dal 7,2% previsto in precedenza.
In valore assoluto, l’indebitamento per il 2022 è pari a 153,447 miliardi di euro, in qualifica di circa 7,8 miliardi rispetto a quello dell’anno precedente. Tuttavia si tratta di un livello di deficit ben superiore a quello che sarebbe stato generato da una crescita del Pil certificata oggi dall’Istat al 3,7%, una “crescita decisa” ma inferiore rispetto a quella del 2021 e piu’ bassa rispetto al 3,9% delle stime preliminari.
Il rapporto debito/Pil e’ sceso invece al 144,7% dal 149,8% del 2021, dato migliore rispetto alla stima inclusa nella Nadef che, per il 2022, indicava un debito al 145,7% del Pil. E la pressione fiscale e’ risultata pari al 43,5%, in aumento rispetto all’anno precedente, per effetto della crescita delle entrate fiscali e contributive (+7%) superiore rispetto a quella del Pil a prezzi correnti (+6,8%). La spinta piu’ forte alla crescita del Pil arriva dalla domanda interna. Nel 2022 la spesa per consumi finali e’ cresciuta in volume del 4,6% (+4,7% nel 2021), trainata dalle spese per alberghi, ristoranti e servizi culturali, e questo ha fornito un apporto alla crescita del Pil. La spesa per consumi di beni, rileva l’Istat, e’ aumentata del 2,4% e quella per servizi dell’8,8%. Gli incrementi piu’ significativi, in volume, si rilevano nelle spese per alberghi e ristoranti (+26,3%), per ricreazione e cultura (+19,6%) e per vestiario e calzature (+14,8%). Si registrano variazioni negative nelle spese per alimentari e bevande non alcoliche (-3,7%), per istruzione (-1, 2%) e per servizi sanitari (-0,4%).
Come hanno reagito all’Istat gli imprenditori del settore?
“I pareri di Istat e Eurostat hanno chiarito una volta per tutte che i crediti derivanti dai bonus edilizi sono già stati contabilizzati nel bilancio dello Stato e quindi, come sosteniamo da tempo, possono e devono essere pagati subito alle famiglie e alle imprese dell’edilizia”. Ad affermarlo in una nota è il presidente Ance, Federica Brancaccio, alle comunicazioni fornite oggi dagli istituti di statistica.
“Quelle stesse imprese – spiega – che, come certifica l’Istat, hanno trainato il Pil del 2021 e del 2022 (+20,7% e +10,2% il valore aggiunto delle costruzioni nei due anni) e che se messe in condizioni di operare possono fornire un apporto determinante anche alla crescita del 2023”. Si tratta di numeri che fanno ben comprendere il valore e il peso del settore delle costruzioni per la tenuta socio economica del Paese. “Per questo emerge con ancora più forza – conclude Brancaccio – la necessità di risolvere il problema della liquidità delle imprese e delle famiglie così da non vanificare lo sforzo che è stato fatto per spingere l’economia”.
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ECCO IL COMUNICATO INTEGRALE DELL’ISTAT:
Nel 2022 il Pil ai prezzi di mercato è stato pari a 1.909.154 milioni di euro correnti, con un aumento del 6,8% rispetto all’anno precedente. In volume il Pil è cresciuto del 3,7%.
Dal lato della domanda interna nel 2022 si registra, in termini di volume, un incremento del 9,4% degli investimenti fissi lordi e del 3,5% dei consumi finali nazionali. Per quel che riguarda i flussi con l’estero, le esportazioni di beni e servizi sono salite del 9,4% e le importazioni del 11,8%.
La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito positivamente alla dinamica del Pil per 4,6 punti percentuali, mentre l’apporto della domanda estera netta è stato negativo per 0,5 punti e quello della variazione delle scorte per 0,4 punti.
Il valore aggiunto ha registrato aumenti in volume del 10,2% nelle costruzioni e del 4,8% nelle attività dei servizi. Si rilevano contrazioni dell’1,8% nell’agricoltura, silvicoltura e pesca e dello 0,1% nell’industria in senso stretto.
L’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche (AP), misurato in rapporto al Pil, è stato pari a -8,0%, a fronte del -9,0% nel 2021. Il valore dell’indebitamento per gli anni 2020 e 2021 è stato rivisto a seguito del cambiamento introdotto nel trattamento contabile dei crediti di imposta (si veda il paragrafo delle revisioni).
Il saldo primario (indebitamento netto meno la spesa per interessi) misurato in rapporto al Pil, è stato pari a -3,7% (-5,5% nel 2021).
Nel 2022 l’economia italiana ha registrato una crescita decisa, ma inferiore rispetto a quella del 2021. A trascinare la crescita del Pil (+3,7%) è stata soprattutto la domanda nazionale al netto delle scorte, mentre la domanda estera e la variazione delle scorte hanno fornito contributi negativi. Dal lato dell’offerta di beni e servizi, il valore aggiunto ha segnato crescite nelle costruzioni e in molti comparti del terziario, mentre ha subito una contrazione nell’agricoltura. La crescita dell’attività produttiva si è accompagnata a una espansione dell’input di lavoro e dei redditi. Il rapporto tra l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche e il Pil ha registrato un miglioramento rispetto al 2021. Il valore dell’indebitamento è stato rivisto a seguito del cambiamento introdotto nel trattamento contabile dei crediti di imposta.