Un anno fa gli affari di Starbucks in Cina non andavano a gonfie vele. Ora, la super catena di caffè di Seattle avrebbe ricevuto circa 30 offerte da parte di private equity straniere e locali per cedere le sue attività nel Paese. La valutazione complessiva, stando a Cnbc, potrebbe raggiungere i 10 miliardi di dollari.
UN’OPERAZIONE STRATEGICA, NON UNA DISMISSIONE COMPLETA
Non si tratterebbe, tuttavia, di una cessione totale. Un portavoce di Starbucks, infatti, ha chiarito a Cnbc che l’azienda intende mantenere “una partecipazione significativa” nel business cinese, con l’obiettivo di continuare a beneficiare della crescita futura. Alcune fonti parlano della possibilità che Starbucks mantenga una quota del 30%, lasciando il restante capitale suddiviso tra più investitori, nessuno dei quali supererebbe tale soglia.
CHI VUOLE METTERE LE MANI SU STARBUCKS IN CINA
Tra i gruppi interessati figurano Centurium Capital (azionista di maggioranza di Luckin Coffee, grande rivale di Starbucks in Cina), Hillhouse Capital, Carlyle Group e KKR. L’advisor dell’operazione è Goldman Sachs, che guida il processo di selezione dei candidati. La fase di shortlist potrebbe concludersi entro due mesi, ma la chiusura dell’accordo è improbabile prima della fine del 2025.
L’ATTRATTIVITÀ DI STARBUCKS NONOSTANTE LE SFIDE
Il business di Starbucks in Cina rappresenta oltre l’8% dei ricavi globali del gruppo – che ha una capitalizzazione di circa 108 miliardi di dollari. Secondo Cnbc, una valutazione “equa” si aggira intorno ai 9 miliardi di dollari.
Tuttavia, la catena affronta una serie di sfide nel mercato cinese: contrazione dei consumi, concorrenza locale agguerrita (in particolare da Luckin Coffee e marchi di tè e bubble tea) e pressioni sui costi operativi, soprattutto per gli affitti elevati dei suoi ampi punti vendita. Già lo scorso dicembre, l’Economist affermava che le aziende occidentali erano state superate dai competitor cinesi, come nel caso di Starbucks che aveva ceduto quote di mercato a Luckin Coffee, che nel settembre 2024 contava 21.000 negozi nel Paese, circa il triplo della catena americana e in rapida crescita rispetto ai 13.000 dell’anno precedente. In ottobre, lo stesso Brian Niccol, il nuovo ad di Starbucks, aveva dichiarato agli investitori di dover affrontare una concorrenza “estrema” in Cina.
L’operazione, osserva Cnbc, ricorda da vicino quanto fatto da McDonald’s nel 2017, quando vendette il 52% delle attività in Cina e Hong Kong alla statale cinese Citic Capital, e un 28% a Carlyle, mantenendo solo il 20% del controllo. Nel 2023, McDonald’s ha riacquistato la quota di Carlyle, portando la propria partecipazione al 48%, in un’operazione che ha rivalutato la quota a 6 miliardi di dollari.
UN MERCATO IN TRASFORMAZIONE
Stando ai dati di Euromonitor International citati da Cnbc, la quota di mercato di Starbucks in Cina è crollata dal 34% del 2019 al 14% nel 2024; mentre le vendite nei negozi sono rimaste stabili nel primo trimestre 2025, dopo essere diminuite per quattro trimestri consecutivi.
Per riconquistare clienti, Starbucks ha introdotto a giugno bevande senza zucchero e ha effettuato il primo taglio prezzi in Cina, abbassando oltre 20 tipi di bevande a base di tè e bibite fredde di circa 5 yuan ciascuna.
UNA STRATEGIA DI RILANCIO BASATA SU PARTNER LOCALI
Uno dei problemi principali, secondo Han Shen Lin, direttore per la Cina del think tank The Asia Group, è la lentezza nel prendere decisioni localmente, dovuta alla distanza culturale e gestionale tra la sede globale e il management cinese. L’ingresso di partner strategici locali potrebbe aiutare Starbucks a velocizzare le scelte e adattarsi meglio ai gusti e ai prezzi locali.
A settembre 2023, Starbucks ha nominato Molly Liu – ex responsabile della divisione digitale in Cina – come nuova responsabile del business nel Paese, un segnale del tentativo di rafforzare la governance locale.