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Borse Coronavirus

Che cosa ci dicono Borsa, spread e giornali stranieri sulla crisi di governo

Il Taccuino di Gianfranco Polillo fra mercati e politica su crisi di governo, giudizi dei giornali stranieri, corsi di Borsa e andamenti dello spread La più brutta notizia della giornata di ieri non è stata (si fa per dire) la brusca impennata degli spread o il martedì nera della borsa, quanto leggere la stampa internazionale.…

La più brutta notizia della giornata di ieri non è stata (si fa per dire) la brusca impennata degli spread o il martedì nera della borsa, quanto leggere la stampa internazionale. In perfetta consonanza con gli andamenti del mercato. Ciò che più impressiona è l’univocità dell’analisi, al di là delle preferenze soggettive dei singoli commentatori.

CHE COSA SCRIVONO I GIORNALI STRANIERI

Alcuni, come il Guardian, da tempo rapiti dal fascino dell’Italexit, non esitano a dubitare delle scelte compiute da Mattarella. Forse era meglio consentire la formazione del governo giallo-verde, piuttosto che avviare il Paese verso l’incerto destino delle prossime elezioni. Gli fa eco Il Wall Street Journal che teme per la tenuta della stessa Europa, la cui eventuale crisi avrebbe un impatto deflazionistico sugli stessi Stati Uniti. Tesi quest’ultima ricorrente. Non è più il problema dell’Italia a preoccupare, ma il riflesso della crisi di un Paese, che non è una mini-Grecia, sugli equilibri economici – finanziari dell’intero Occidente.

TRA ANALISI E VIGNETTE

L’elenco dei giornali che, nei loro pezzi d’apertura, si occupano delle vicende italiane è impressionante. Non sono solo le grandi testate, ma giornali meno noti ed appartenenti a Paesi meno presenti sulla scena internazionale. Sui primi, tuttavia, sono anche le vignette satiriche che impressionano. Ed ecco allora uno stivale, con sopra impressi i colori della bandiera europea, che scivola su una buccia di banana che ha la forma dell’Italia. Oppure un bus rosso bianco e verde in bilico su un burrone, con i rappresentati delle élite stivati nei sedili di coda. Per non parlare infine della botola che si apre all’improvviso sotto i piedi del primo ministro incaricato, Giuseppe Conte, di fronte la scrivania di Sergio Mattarella. Modi efficaci per tramettere un messaggio al grande pubblico.

IL RUOLO DI SAVONA

I giornali esteri, da lontano, sono in grado di vedere la dimensione della foresta, piuttosto che soffermarsi sul singolo albero. Nessuna indecisione a riguardo: il Governo verde-giallo era pronto ad uscire dall’euro. E la presenza di un ministro dell’Economia euroscettico, altro non era che la ciliegina posta sulla torta. Questo il giudizio condiviso. Pericolo tutt’altro, che scongiurato, vista la prospettiva delle imminenti elezioni, in cui si giocherà una partita decisiva tra chi vuol rimanere, impegnandosi comunque a modificare trattati che hanno fatto il loro tempo, e chi ha gettato la spugna: preferendo l’avventura alla pazienza necessaria per perseguire un possibile compromesso. Prospettiva, quest’ultima, che si accompagna alle ipotesi di un assalto alla diligenza, con una crescita della spesa pubblica capace di alterare definitivamente i fragili equilibri della finanza pubblica italiana.

DOSSIER TITOLI

Qualche prima avvisaglia si è già vista, in mattinata, nelle nuove emissioni di titoli italiani. L’asta relativa ha riguardato 5,5 miliardi di Bot a sei mesi, più altri 3 con una scadenza maggiore. Inutile dire che le relative sottoscrizioni sono avvenute, pagando dazio, con rialzo dei relativi rendimenti. Rispetto alle ultime emissioni il maggior costo supera i 100 milioni. Lo spread sui rendimenti a breve (i Bot a 6 mesi) ha tuttavia superato quello relativo ai titoli a più lunga scadenza. Un segnale che potrebbe essere incoraggiante. Dimostrerebbe la forte “emotività” dei mercati, parola di Vincenzo Visco, che guadagnano sul breve, mentre in prospettiva non sono così sicuri del possibile sfascio. Come dire: tutto dipenderà dall’intelligenza del popolo italiano e dalla sua capacità di sfuggire al fascino delle sirene. Che potrebbero, tuttavia, trasformarsi nelle urla dei quattro cavalieri dell’Apocalisse.

CHE COSA E’ SUCCESSO ALLO SPREAD

Il resoconto della seduta somiglia a quelle radiocronaca delle partite in cui le due squadre hanno entrambe una difesa troppo debole. Un susseguirsi di gol e di autogol, tale da rendere impossibile ogni pronostico. Se poi ci si mettono anche gli errori arbitrali, il risultato è sconcertante. Intorno alle 16,30 lo spread sui Btp era sceso a circa 270 punti base. Subito dopo le agenzie battevano l’improvvida dichiarazione di Gunther Oettinger, commissario europeo al bilancio: “Lo sviluppo negativo dei mercati porterà gli italiani a non votare più a lungo per i populisti”. Poi corretto con “i mercati insegneranno agli italiani a votare nella maniera giusta”. Benzina buttata sul fuoco. Forse una coincidenza fortuita, ma da quel momento gli spread cominciavano la lunga rincorsa verso quota 303,40. Dato di chiusura.

IL CONFRONTO ITALIA-SPAGNA

Intanto gli stessi bonos, con una Spagna colpita da una crisi dagli esiti imprevedibile, raggiungevano quota 132,10, con un aumento del 12,4 per cento. Resta il fatto che la distanza dell’Italia rispetto alla Spagna continua ad aumentare, con una differenza pari a 171,3 punti. Segno evidente che, nella valutazione dei mercati, la crisi italiana appare peggiore. Nonostante Madrid sia stata colpita da una sindrome che ricorda da vicino le vicende di “mani pulite” di qualche anno fa.

L’ANDAMENTO DELLA BORSA

Per il resto siamo nel profondo rosso, con la borsa che, tra alti e bassi, chiude a meno 2,65 per cento. Un completo otto volante, con rimbalzi in positivo e in negativo che si susseguivano nello spazio di pochi minuti. Ed un definitivo esito negativo. Nessuna ricopertura quindi, ma forse momenti di vero e proprio panico. Tutti i titoli in caduta libera, con la sola esclusione di Eni, Saipem e Tenaris. Le banche perdono in media oltre il 5 per cento. In fumo altri 7 miliardi. In 11 sedute le perdite complessive del listino ammontano a circa 80 miliardi. Un valore più o meno pari alle coperture che mancano al “programma per un governo del cambiamento.” Ci stiamo facendo, decisamente, del male.

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