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Spesa Sanitaria

Spesa sanitaria in aumento ma le regioni non rispettano i Livelli essenziali di assistenza (Lea)

L’aumento della spesa sanitaria non basta per consentire alle Regioni di raggiungere gli standard fissati dai Lea (Livelli essenziali di assistenza). In base ai risultati del monitoraggio pubblicato dalla Corte dei Conti sono sette le Regioni che hanno riportato un punteggio insufficiente. Ecco tutti i dettagli

 

Le Regioni provano a fare spending review ma la buona volontà si scontra contro gli strascichi della pandemia. È quanto emerge, in estrema e approssimativa sintesi, dalla Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni e Province autonome  approvata dalla Sezione delle autonomie della Corte dei Conti che ha analizzato gli andamenti tendenziali della finanza regionale.

IL CONTENIMENTO DELLA SPESA NEL 2021: UNICA ECCEZIONE LA SANITÀ

Nel 2021 la Corte ha rilevato un contenimento per la spesa 2021 per il personale (5 miliardi di euro circa, in lieve calo sul 2019). Unica eccezione, il personale sanitario. Gli impegni di spesa sono scesi, nel 2021, a 85,5 miliardi di euro, tornando in linea con il livello del periodo pre-pandemico. Anche in questo caso l’unica eccezione è la sanità. “Nella composizione della spesa corrente – si legge sul sito della Corte dei Conti – incidono maggiormente gli oltre 130 miliardi di spesa per la missione 13 (Salute), costituiti in gran parte da trasferimenti alle aziende per il Servizio sanitario”.

IL COVID E L’AUMENTO DELLE SPESE PER LA SANITÀ

Come riporta il documento della Corte dei conti, la spesa sanitaria complessiva (Spesa corrente, Spesa in conto capitale, Spesa per incremento attività finanziarie e Spesa per rimborso prestiti) passa dai 124,1 miliardi di euro del 2019 ai 139,9 miliardi di euro del 2021. L’incidenza della spesa sanitaria sul totale della spesa regionale arriva, dunque, a superare il 62%. La ragione è riconducibile alle maggiori risorse destinate dallo Stato al settore sanitario per fronteggiare l’emergenza sanitaria da Sars-Cov2. La spesa sanitaria aumenta di oltre 12,6 miliardi di euro nel 2020 e di 3,1 miliardi di euro nel 2021, in buona parte finanziata dallo Stato. “Il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato evidenzia una dinamica crescente (+5,3% nel 2020 e +1,3% nel 2021) – si legge nella relazione della Corte -, con una crescita accentuata a seguito ai molteplici interventi normativi attuati in relazione alla situazione straordinaria determinata dall’evento pandemico”.

IL PESO DELLA SPESA SANITARIA CORRENTE

All’interno della spesa complessiva, la spesa sanitaria corrente costituisce la parte preponderante con valori pari 120,8 miliardi di euro nel 2019 e 126,9 miliardi di euro nel 2020 e 130,1 miliardi di euro nel 2021, con una crescita nel triennio pari a 9,3 miliardi di euro, di cui 6,2 nel solo 2020. Anche in questo caso l’andamento crescente della spesa sanitaria corrente è in buona parte attribuibile alle maggiori risorse statali destinate al Fondo sanitario nazionale e alle Regioni/Province autonome per fronteggiare l’emergenza sanitaria Sars-Cov2. “Nel triennio l’incidenza della spesa sanitaria corrente sulla spesa sanitaria complessiva oscilla tra il 97,3% del 2019 ed il 93% del 2020: la riduzione è dovuta al notevole incremento della spesa del Titolo 3 (Spesa per incremento attività finanziarie) e in particolare per una diversa contabilizzazione utilizzata dalla Regione Campania per i flussi relativi ad una società partecipata che svolge la funzione di centrale acquisti e pagamenti”, si legge nel documento.

DOVE CRESCE LA SPESA SANITARIA CORRENTE

La maggiore crescita della spesa corrente si concentra nelle Regioni a statuto ordinario con un incremento complessivo di 7,9 miliardi di euro. È proprio nelle Regioni a statuto ordinario che si registra il quasi l’85% dei 9,3 miliardi di euro. Nel triennio 2019-2021 gli aumenti maggiori si registrano in Lombardia (1,8 miliardi di euro, 8,9%), Veneto (1 miliardo di euro, 10,8%), Emilia-Romagna (872 milioni di euro, 9,3%), Piemonte (772 milioni di euro, 8,9%), Lazio (763 milioni di euro, 6,4%) e Toscana (664 milioni di euro, 8,8%).

L’AUMENTO DELLA SPESA SANITARIA NON FACILITA IL RISPETTO DEI LEA

L’aumento della spesa sanitaria non è bastato, però, per consentire alle Regioni di raggiungere gli standard fissati dai LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza. In base ai risultati del monitoraggio pubblicato dalla Corte dei Conti sono sette le Regioni che hanno riportato un punteggio insufficiente, al di sotto del punteggio minimo, pari a 60 in almeno una delle tre aree assistenziali del SSN (Prevenzione, Distrettuale e Ospedaliera). Tra queste la Valle d’Aosta e Calabria sono risultate insufficienti in tutte e tre le aree, la Sardegna in due, e quattro solo in una (Provincia autonoma di Bolzano, Molise, Campania, Sicilia). È un risultato migliore rispetto al 2020, quando le Regioni con almeno un punteggio negativo erano 10. Tuttavia, la sanità regionale non ha ancora completamente riassorbito lo “shock” dovuto alla pandemia del Covid, visto che nel 2019 le Regioni con valori al di sotto del valore soglia erano solo 6.

AREA PREVENZIONE: MALE PREVENZIONE TUMORALE E VACCINAZIONI

Nella prima delle tre aree analizzate, l’area prevenzione, sono quattro gli enti che, nel 2021, non raggiungono il punteggio minimo, Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Regione siciliana e Sardegna. Tutti enti a statuto speciale. I risultati più insoddisfacenti riguardano i bassi livelli di adesione ai programmi di screening per le principali patologie tumorali, che si registrano prevalentemente nel Mezzogiorno. La pandemia ha aggravato il dato di fondo: nel 2019, erano insufficienti sette Regioni, tutto il Mezzogiorno ad eccezione dell’Abruzzo, mentre nel 2020 sono diventate tredici, tutto il Mezzogiorno, cui si sono aggiunte Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria e Lazio. Negativo è anche il dato sull’adesione alle vaccinazioni in età pediatrica (esavalente e trivalente) nei bambini a 24 mesi: i dati risultano inferiori al 2019, segnando quindi una battuta di arresto nel percorso di miglioramento avutosi nel triennio 2017-2019.

AREA DISTRETTUALE: I RITARDI DEL MERIDIONE

In quest’area le Regioni con punteggio insufficiente sono quattro: Campania, Calabria, Sardegna e Valle d’Aosta. Risultano diffuse su tutto il territorio nazionale le carenze in materia di deceduti per causa di tumore assistiti dalla Rete di cure palliativi: solo Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana ottengono punteggi oltre la soglia minima. Nell’ambito dell’assistenza domiciliare integrata le regioni del Mezzogiorno, a eccezione di Sicilia e Sardegna, vanno un po’ meglio posizionandosi al di sopra del valore soglia, mentre nel Nord e Centro-Italia sono sottosoglia solo la Valle d’Aosta, la Provincia autonoma di Bolzano e l’Umbria. Il Veneto, la Toscana e le Marche raggiungono il punteggio massimo.

AREA OSPEDALIERA: BENE I TASSI DI OSPEDALIZZAZIONE, MENO L’APPROPRIATEZZA DELLE CURE

Nella macroarea per l’assistenza ospedaliera, nel 2021 ottengono un punteggio insufficiente quattro Regioni, di cui tre del Mezzogiorno: Molise, Calabria e Sardegna, e una del Nord, la Valle d’Aosta. Le regioni italiane sembra abbiano raggiunto una buona capacità di gestire i tassi di ospedalizzazione standardizzati, meno positivi, invece, i dati relativi a qualità e sicurezza delle cure: arrancano le regioni del Mezzogiorno, con le sole eccezioni di Puglia e Regione siciliana.

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