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Pirelli

La Cina vuole il controllo di Pirelli. E il golden power?

Svolta di Sinochem su Pirelli? Il gruppo cinese, maggiore azionista con il 37 per cento, sembrava intenzionato a mantenere l'italianità dell'azienda. Adesso, invece, pare voglia influenzare le scelte operative e di management. Il governo prepara il golden power. Tutti i dettagli

Pirelli corre “un grave rischio”, ha scritto Il Messaggero. Stando alle indiscrezioni raccolte dal quotidiano, infatti, l’autonomia decisionale dell’azienda di pneumatici verrà limitata dal gruppo cinese Sinochem, l’azionista più importante (possiede il 37 per cento delle quote), che tuttavia fino a soli pochi giorni prima dichiarava di volerne “proteggere l’italianità”.

Secondo Il Messaggero, Sinochem non vuole soltanto essere più presente nei processi operativi di Pirelli, ma anche “azzerare il diritto per Camfin” – la holding dell’amministratore delegato Marco Tronchetti Provera: possiede il 14 per cento – di selezionarne i quadri dirigenziali.

COSA PREVEDE IL NUOVO PATTO PER PIRELLI

Il nuovo patto parasociale per Pirelli, entrato in vigore il 22 maggio scorso ma sospeso fino all’intervento governativo con il golden power, prevede un rafforzamento della posizione di Sinochem: il conglomerato cinese porterà da otto a nove i suoi consiglieri in Pirelli. Camfin, invece, ne perderà uno, da quattro a tre. Resteranno invariati i tre consiglieri indipendenti.

Oltre alla ricomposizione del consiglio, l’intesa riguarda anche la carica di Tronchetti Provera, che perderà quella di amministratore delegato conservando però il ruolo di vicepresidente esecutivo. Il suo successore sarà Giorgio Bruno, già vice-CEO dal giugno 2021.

Il patto in questione durerà fino al 2025. Dopodiché il nuovo amministratore delegato potrebbe essere espressione della lista di maggioranza, vale a dire quella che fa capo a Sinochem. In altre parole, la guida di Pirelli potrebbe non essere più italiana. Le ricostruzioni giornalistiche (del Sole 24 Ore e del Corriere della Sera, ad esempio) sostenevano tuttavia che Sinochem volesse “proteggere l’italianità di Pirelli, considerata un asset imprescindibile per il futuro dell’azienda”. Secondo Il Messaggero, però, non è così.

COSA FARÀ IL GOVERNO?

Per il 23 giugno è attesa una decisione del governo su Pirelli attraverso il cosiddetto golden power, quell’insieme di poteri speciali a cui l’esecutivo può fare ricorso per tutelare l’interesse nazionale nei settori strategici, bloccando certe operazioni o imponendo precise condizioni.

Non è chiaro cosa comporterà, nel concreto, il procedimento di golden power. I provvedimenti più probabili sono due: restrizioni alla condivisione di informazioni sulle tecnologie strategiche di Pirelli con i membri del consiglio di amministrazione nominati da Sinochem, e limitazioni al diritto di voto di questi ultimi.

Gli analisti della banca Equita non escludono “che possa essere avviato un reshuffle dell’azionariato” di Pirelli, per diluire la quota – e dunque l’ingerenza – di Sinochem. Tempo fa si scriveva di un possibile aumento della partecipazione di Brembo, azienda italiana di impianti frenanti, che oggi possiede intorno al 6 per cento.

COSA DICONO I DOCUMENTI DEL GOLDEN POWER

Nei documenti per il golden power consultati dal Messaggero si legge che l’aumento dell’influenza di Sinochem su Pirelli rischia di portare all’isolamento dell’azienda sui mercati occidentali. Questa ingerenza dell’azionista cinese richiama “esplicitamente la linea dettata dal 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista con una evidente eterodirezione da parte di quest’ultimo” sul business e sulla composizione della dirigenza di Pirelli.

Il Messaggero aggiunge che da Pechino “viene sollecitata l’integrazione dei sistemi informatici delle controllate Pirelli in Cina con i sistemi di Sinochem per consentire la condivisione simultanea delle informazioni: chiaro l’intento di appropriarsi delle sofisticate tecnologie che hanno portato Pirelli sulla vetta dell’innovazione a livello mondiale”.

LA “CINESITÀ” DI PIRELLI DANNEGGIA GLI AFFARI NEGLI STATI UNITI?

Il quotidiano spiega che Pirelli ha dovuto interrompere il commercio dalla Cina agli Stati Uniti per via dei dazi (intorno al 76 per cento) imposti su Sinochem. In caso di deterioramento dei rapporti con Pechino, misure simili potrebbero venire introdotte anche dal Giappone, dalla Corea del sud, dall’Australia e pure dall’Unione europea, con gravi danni per gli affari dell’azienda.

“Tra l’altro”, scrive Il Messaggero, “il fatto che Sinochem sia qualificata da Washington come Chinese Military Company oltre a procurare a Pirelli danni sul trading, potrebbe avere quale conseguenza l’eliminazione del titolo dai portafogli di alcuni grandi investitori americani”.

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