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Globalizzazione

Perché le tensioni su Taiwan minacciano la ripresa delle filiere

Dati e sondaggi dicono che la crisi delle filiere sta migliorando, ma l'inflazione e le crisi geopolitiche potrebbero ostacolare la ripresa. Ecco perché.

 

È iniziato con la pandemia e i lockdown, è proseguito con l’incagliamento della Ever Given nel canale di Suez e si è aggravato ulteriormente con l’invasione russa dell’Ucraina. Adesso però il periodo di crisi delle “catene di approvvigionamento” – è il nome del maxi-sistema che fa da base ai commerci mondiali – sembra dirigersi verso una “relativa calma” dopo diciotto mesi “turbolenti”, scrive il Financial Times.

Rimangono ritardi e intoppi, ma i dati e i sondaggi raccontano una situazione più rilassata.

COME VA IL TRASPORTO MARITTIMO E QUELLO AEREO

Secondo l’azienda di spedizioni merci Freightos, per esempio, il costo medio per il trasporto marittimo di un container da 40 piedi è sceso del 45 per cento rispetto allo scorso autunno. Al porto di Los Angeles il numero delle navi in attesa di scaricare è calato del 75 per cento dall’inizio dell’anno: è il porto più importante degli Stati Uniti, che a ottobre 2021 si trovava in una condizione di ingolfamento talmente grave che il presidente Joe Biden annunciò che sarebbe rimasto operativo “24/7” (cioè per tutto il giorno, tutti i giorni della settimana).

La società di logistica Flexport ha fatto sapere che anche i tempi di consegna del trasporto aereo – è spesso la scelta di ripiego, perché più costoso, in situazioni di congestionamento dei porti – stanno migliorando. A luglio l’indice di pressione delle filiere globali, elaborato dalla Federal Reserve Bank di New York, è sceso del 57 per cento rispetto al suo picco.

COSA DICONO I SONDAGGI

Non solo i dati, ma anche i sondaggi sono positivi. L’ultimo sondaggio mensile di S&P Global dice che a luglio le imprese attive in molte delle maggiori economie mondiali hanno segnalato una diminuzione dei tempi di consegna di materiali e componenti. Stando ai sondaggi della Commissione europea, la carenza di materiali e di attrezzature non è più un fattore di limite alla produzione manifatturiera in Europa.

Nell’industria c’è ottimismo, insomma: si pensa che nei prossimi mesi gli intoppi saranno ancora meno. Più del 40 per cento delle aziende americane che hanno partecipato a un sondaggio della Federal Reserve Bank di Philadelphia dicono di aspettarsi miglioramenti nei tempi di consegna nel prossimo semestre.

IL PROBLEMA DEL FIUME RENO IN EUROPA

I periodi di attesa per lo scarico dei container rimangono comunque lunghi nei porti sulla costa est degli Stati Uniti e in quelli nell’Europa settentrionale. In Europa, in particolare, i livelli bassissimi delle acque del Reno – fondamentale per il movimento delle merci sul continente – dovuti al caldo estremo e alla siccità stanno danneggiando il trasporto fluviale: alcune chiatte non possono navigare, mentre altre sono costrette a ridurre il carico di tre quarti.

IL PARERE DI KONINGS (ING BANK)

Joanna Konings, economista a ING Bank, ha detto al Financial Times che “le pressioni sulla catena di approvvigionamento erano così gravi che le aziende stavano interrompendo la produzione e la scarsità [di prodotti, ndr] faceva salire i prezzi”. Adesso invece “stiamo ricominciando a vedere che le merci possono arrivare dove devono arrivare. E che il sistema del commercio internazionale è dinamico e può riprendersi”.

LE CONSEGUENZE DELL’INFLAZIONE

Nonostante le belle notizie, questa ripresa della logistica potrebbe trovare però un mercato non particolarmente ricettivo. L’inflazione generalmente alta sta infatti incidendo sul potere d’acquisto dei consumatori, facendone calare la domanda di beni.

In certi casi – scrive il Financial Times – lo “sblocco” delle catene del valore è stato agevolato proprio dai minori ordini di prodotti, che hanno favorito lo smaltimento dei carichi arretrati. Altre volte, tuttavia, la più rapida gestione del backlog è stata possibile grazie all’efficientamento del lavoro negli hub logistici, ad esempio tramite l’automazione dei processi.

LE ESERCITAZIONI DELLA CINA A TAIWAN

Al di là dell’economia, c’è poi un fattore che minaccia le cosiddette supply chains: la geopolitica.

Le recenti esercitazioni militari della Cina nei pressi di Taiwan hanno obbligato le imbarcazioni cariche di merci o di energia a cambiare rotta e ad allungare i tempi di spedizione. Le acque intorno all’isola sono fondamentali per il commercio marittimo: quest’anno sono state attraversate dall’88 per cento delle principali navi portacontainer. Altre crisi nello stretto – si parla già di una “nuova normalità” di tensione per Taipei – potrebbero dunque sconvolgere nuovamente la situazione generale delle filiere. Spingendo ancora più su l’inflazione, forse, che in parte è dovuta proprio all’aumento dei costi delle spedizioni.

DA JUST-IN-TIME A JUST-IN-CASE

Il sistema che regola le supply chains globali sta peraltro intraprendendo un’ampia transizione dal modello just-in-time (“giusto in tempo”: punta a minimizzare i costi di produzione e prevede tantissimi passaggi in giro per il mondo) a uno più robusto, just-in-case, basato sulle scorte e perciò capace di resistere meglio agli intoppi di produzione e spedizione.

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