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Treccani Banca Ifis

Pure Banca Ifis nel calderone Treccani

Treccani accoglie Banca Ifis nella propria compagine sociale, particolarmente variegata come del resto il business dell'Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani 

Al povero Giulio Tremonti non hanno mai perdonato di aver pronunciato l’improvvida (infatti l’ex ministro del Tesoro ne ha sempre smentita la paternità) frase “con la cultura non si mangia”. Per comprendere che non sia vero, basta vedere quanto è effervescente il mondo Treccani e quanti soci annoveri.

L’INGRESSO DI BANCA IFIS IN TRECCANI

Nelle ultime ore pure Banca Ifis, controllata dalla famiglia Furstenberg, è entrata nella compagine azionaria dell’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani con la sottoscrizione di una partecipazione del 2,4% nell’ambito dell’aumento di capitale deliberato ieri dalla società. Ernesto Furstenberg Fassio (nella foto di apertura), presidente di Banca Ifis, entra così nel board.

L’anno del resto era iniziato con l’ingresso di altri soci: Digit’Ed, la società di formazione presieduta da Gianandrea De Bernardis, e di BFF Bank S.p.A. Esattamente un anno fa, ovvero il 22 dicembre del 2022, si era tenuta un’assemblea straordinaria dell’Enciclopedia Treccani per approvare l’ingresso nell’azionariato della prima con un capitale di 4 milioni di euro e della seconda con un 1 milione di euro. Prima dell’operazione, l’ultimo a salire a bordo era stato l’Istituto per il Credito Sportivo.

TUTTI I SOCI DI TRECCANI

Un parterre di azionisti sempre più variegato, che va dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, alla Fondazione Sicilia, passando per: Bnl, Unicredit, Cassa Depositi e Prestiti, Intesa Sanpaolo, Assicurazioni Generali, Invitalia, Fondazione Cassa Di Risparmio In Bologna, Telecom Italia, Fondazione Monte Dei Paschi di Siena, Banca d’Italia, Fondazione Cariplo, Leonardo, Fondazione di Venezia, Fondazione Sviluppo e Crescita – Crt, Banca Popolare di Sondrio, Rai, Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale, Ferrovie dello Stato Italiane, Fondazione Editoriale Domani, Fondazione di Sardegna, Snam.

Proprio l’ingresso di Digit’Ed si va a intrecciare con la carriera post Covid di Domenico Arcuri, ex amministratore delegato della holding statale Invitalia ed ex commissario straordinario anti Coronavirus al tempo della pandemia. Come ha raccontato nei mesi scorsi Start Magazine, è entrato nel consiglio di amministrazione di Digit’Ed, società attiva nel settore, sempre più effervescente, della formazione ad alto livello.

IL RUOLO DI ARCURI

Arcuri è già presidente di Treccani Reti, e tra Treccani (di cui Arcuri è vicepresidente) e con Digit’Ed è in corso una “partnership strategica” da circa un anno che ha per oggetto lo sviluppo di percorsi formativi “altamente qualificanti dedicati a neolaureati, professionisti, manager e aziende” connessi ai servizi proposti da Intesa Sanpaolo Formazione e AltaFormazione, con l’obiettivo di fare di Digit’Ed “la piattaforma di riferimento in Italia per il reskilling e l’upskilling strategico a supporto del Sistema Paese”.

Treccani – scriveva Start – ha tra i propri soci non solo Digit’Ed, ma pure Invitalia di cui Domenico Arcuri è stato amministratore delegato dal 2007 al 2022. E proprio durante gli anni della sua guida, Invitalia aiutò Treccani con una rilevante iniezione di liquidità, come ricorda un articolo del 2015 di Repubblica: “L’Agenzia di proprietà del ministero dell’Economia entra nel capitale dello storico istituto culturale presieduto da Franco Gallo e guidato dall’ex ministro Massimo Bray iniettando nelle casse risorse per 3,44 milioni e con una partecipazione del 7,7%. La società nel 2014 ha realizzato perdite per 4,45 milioni contro l’utile di 572mila euro del 2013 e il rosso di 8,35 milioni del 2012, quando alla guida c’era Fanco Tatò”. Ovviamente con l’ingresso di Invitalia, Arcuri entrava nel cda di Treccani.

“Invitalia – proseguiva l’articolo di Repubblica -, sotto la guida dell’amministratore delegato Domenico Arcuri, inietterà risorse nelle casse dell’enciclopedia Treccani per 3,44 milioni portando così il capitale complessivo da 41,25 a 44,49 milioni. L’operazione, si legge nel verbale dell’assemblea straordinaria del 29 aprile che l’ha varata, ha l’obiettivo di sfruttare la “specifica competenza tecnica e relazionale” di Invitalia “nel settore dell’innovazione tecnologica e multimediale”, nel quale la Treccani “ha intenzione e interesse di sviluppare la propria attività istituzionale, per meglio radicare e diffondere i propri contenuti anche sul mercato non cartaceo”. L’obiettivo della mossa è dunque quello di salire sul treno del digitale”.

COSA FA TRECCANI

Se la compagine azionaria di Treccani è variegata, lo è ancora di più il business. Sarebbe un grosso errore crederla “solo” la principale enciclopedia vantata dal Paese. Il gruppo Treccani, infatti, oltre all’Istituto comprende le controllate Reti, Scuola, Giunti, Accademia e Edulia. C’è poi un magazine, che a dispetto di quanto si potrebbe pensare non è verticale sulla cultura, spaziando dall’attualità alla politica e, parallela, una business unit sulla comunicazione aziendale: “Treccani – si legge sul sito – offre alle imprese la possibilità di comunicare la propria identità attraverso omaggi che hanno il carattere di originalità e autorevolezza: creazioni su misura in tiratura rigorosamente limitata e certificata, realizzate con materiali pregiati e ricercate tecniche di lavorazione, eccellenza del Made in Italy. Un team specializzato di designer, creativi ed esperti di arte e di cultura in grado di sviluppare un progetto personalizzato ed unico per Comunicare ad arte”. A ciò si aggiunge l’organizzazione di eventi.

TRECCANI IN NUMERI

Come ricordano da Radiocor, Treccani ha chiuso il 2022 con ricavi per 53 milioni, in netto calo dai 72 milioni dell’anno precedente e un risultato operativo in perdita per 25,7 milioni complici perdite su crediti dopo la cessione pro-soluto di 15 milioni di crediti difficilmente esigibili. Inoltre le valutazioni su altri crediti hanno portato ad accantonare 10 milioni. Il risultato netto di gruppo è stato negativo per 17,8 milioni mentre l’esercizio 2021 si era chiuso in utile per 1,5 milioni. Migliorata la posizione finanziaria netta che al 31 dicembre 2022 risultava negativa per 67,5 milioni rispetto ai -86,2 milioni di fine 2021.

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