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Conti Banche

Creval, Banco Bpm, Ubi e non solo. Ecco come vanno davvero le ex Popolari

L’articolo di Luca Gualtieri, giornalista di Mf/Milano finanza, con i confronti fra ex banche popolari come Bper, Banco Bpm, Creval e non solo Dopo l’acceso confronto del 2015, le banche popolari ed ex popolari sono tornate al centro della scena politica. Le parole vaghe ma decise del premier Giuseppe Conte hanno fatto balenare al mercato…

Dopo l’acceso confronto del 2015, le banche popolari ed ex popolari sono tornate al centro della scena politica. Le parole vaghe ma decise del premier Giuseppe Conte hanno fatto balenare al mercato l’ipotesi di una controriforma che modifichi in profondità le scelte del governo Renzi.

CHE COSA SI STUDIA DAVVERO SU BCC E POPOLARI

Sono molte le ipotesi che in questi giorni si rincorrono tra Roma e Milano, da una moratoria per chi ancora non si sia trasformato in spa all’introduzione di un tetto al possesso azionario affine al vecchio principio capitario.

DUBBI E PERPLESSITA’ SU IDEE E PROGETTI PER POPOLARI E BCC

Ipotesi scivolose, non solo perché rischiano di sfociare in contenziosi senza fine, ma anche perché potrebbero minare la credibilità del Paese tra gli investitori internazionali.

TUTTI I CONTRACCOLPI DI NUOVE MODIFICHE PER BCC E POPOLARI

In generale, non c’è dubbio che a risentire maggiormente degli effetti di una controriforma sarebbero gli azionisti delle ex banche popolari diventate spa tra il 2015 e il 2016. E magari proprio costoro, alla luce delle parole di Conte, stanno facendo oggi un bilancio della riforma Renzi.

LA STORIA RECENTE SU POPOLARI E BCC

Delle dieci banche coinvolte nel provvedimento, due sono finite in liquidazione per i dissesti creati dalle gestioni precedenti (Bpvi e Veneto Banca), mentre altre due non si sono ancora convertite (Popolare di Bari e Popolare di Sondrio). Si può insomma fare un bilancio solo per le ex Bpm e Banco Popolare, fuse in Banco Bpm, oltre che per Bper, Ubi e Credito Valtellinese.

GLI ELEMENTI COMUNI

Sfogliando gli ultimi bilanci di queste banche, si notano alcuni elementi comuni. In primo luogo quasi tutte hanno tenuto sotto controllo i costi, a volte in misura molto significativa. La strategia non è certo figlia solo della nuova governance, ma non c’è dubbio che il pungolo del mercato abbia spronato i vertici in tale direzione.

IL CONFRONTO TRA CREVAL, BANCO BPM

L’esempio più virtuoso è il Creval, che dal 2014 al 2017 ha ridotto i costi operativi del 12% grazie a forti economie messe a punto prima dall’ad Miro Fiordi e poi dal direttore generale Mauro Selvetti. Bene anche Banco Bpm che, anche a seguito della fusione, ha ridotto i costi del 7% rispetto al dato combinato del 2014.

UBI BANCA E NON SOLO

L’aumento degli oneri registrato da Ubi è invece figlio soprattutto del salvataggio delle tre good bank effettuato l’anno scorso e non di problemi strutturali. Altro aspetto comune alle ex popolari è il rafforzamento del patrimonio. L’ex Banco Popolare, Ubi Banca e Creval hanno lanciato aumenti di capitale in prossimità o dopo la trasformazione, riuscendo ad attrarre investimenti dall’Italia e dall’estero.

CHE COSA E’ SUCCESSO IN BPER BANCA

Anche Bper Banca, che pure nel periodo in esame non ha fatto ricapitalizzazioni, ha aumentato il cet1 ratio passando dall’11,3% del 2014 al 13,9% del dicembre 2017. Del resto, scopo principale della riforma Renzi era proprio facilitare l’accesso al mercato dei capitali facendo leva sulla maggiore contendibilità e su una struttura di governance più vicina agli standard internazionali. Nonostante questi miglioramenti, però, nessuna delle ex popolari è riuscita a creare valore per gli azionisti nel periodo esaminato.

I CONFRONTI TRA BANCHE

Se al Creval spetta la maglia nera con un ribasso borsistico del 91%, solo Bper è riuscita a battere l’indice Ftse Banche lasciando sul terreno solo il 26% del valore. A incidere su queste performance non sono stati solo elementi congiunturali. È risaputo che nonostante i progressi fatti sul controllo dei costi e sul capitale, la forte dipendenza dal margine di interesse e la conseguente contrazione dei ricavi restano problemi aperti. L’unica eccezione positiva è rappresentata da Ubi che, tra il 2014 e il 2017, ha visto crescere i proventi del 5%.

Dopo la riforma della governance servirebbe insomma una riforma del modello di business in direzione di una maggiore diversificazione dei ricavi. Ma non sembra essere questo l’obiettivo a cui sta lavorando il governo.

(Articolo pubblicato su Mf/Milano finanza)

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