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Diga Di Genova

Pnrr, perché l’Anac delude Webuild sulla diga di Genova

L'Anticorruzione conferma i rilievi sull'appalto dei lavori della diga foranea di Genova assegnato al consorzio Breakwater guidato da Webuild e ipotizza sperperi di denaro pubblico e possibili illeciti. A Chigi ci si interroga anche sulla governance di Webuild

Rischia di arenarsi la principale opera del Pnrr, quella diga foranea di Genova da 1,3 miliardi la cui realizzazione è stata affidata, non senza alimentare dubbi e polemiche, al consorzio Pergenova Breakwater con capofila Webuild, il colosso delle costruzioni ex Salini partecipato da Cdp e banche (Unicredit negli scorsi giorni ha venduto le azioni con ampia plusvalenza).

Con il procedimento che ora, dai tavoli dell’Autorità Anticorruzione, rischia direttamente di finire sulla scrivania della Procura del capoluogo ligure, con trasmissione degli atti pure alla Corte dei Conti. In soldoni, per Anac troppe anomalie e varianti sono state concesse a Webuild esclusivamente per favorirla, scrive Il Sole 24 ore riportando le decisioni dell’authority presieduta da Giuseppe Busia.

TROPPI FAVORITISMI A WEBUILD?

“Diga di Genova, regalo in vista per Webuild: ecco la variante da 350 milioni senza gara”, titolava ancora qualche giorno fa, mentre il fascicolo dell’Anticorruzione viaggiava spedito verso la Procura, Il Fatto Quotidiano. “Se per la prima tranche da 950 milioni le fu risparmiato il fastidio d’una gara d’appalto, WeBuild potrebbe ora ottenere la seconda fase dei lavori di realizzazione della nuova diga foranea del porto di Genova (valutata 350 milioni e a oggi non finanziata) senza nemmeno partecipare a una procedura negoziata come in quel caso”, annotava velenoso il giornale diretto da Marco Travaglio.

COS’È LA DIGA FORANEA DI GENOVA

Ma cos’è e a cosa serve questa maxi opera pubblica da 1,3 miliardi finanziata coi soldi del Next Generation Eu per la ricostruzione post pandemica? Sul sito di Webuild si legge: “Nuova Diga Foranea di Genova: un progetto unico al mondo”. E, ancora “la più profonda d’Europa”.  La brochure virtuale del costruttore spiega: “La Nuova Diga Foranea di Genova è un’opera impressionante e unica nel suo genere dal punto di vista ingegneristico: il suo basamento poggerà su fondali fino a una profondità record di 50 metri e nella sua configurazione finale raggiungerà una lunghezza complessiva di 6.200 metri”.

E, ancora: “Per realizzare il basamento saranno impiegati 7 milioni di tonnellate di materiale roccioso, sul quale verranno posizionati elementi prefabbricati in cemento armato composti da quasi 100 cassoni cellulari. I cassoni misureranno fino a 33 metri di altezza (come un palazzo di dieci piani), 35 metri di larghezza e 67 metri di lunghezza”.

“La nuova diga – spiega il costruttore – consentirà l’ingresso nel porto di Genova delle grandi navi portacontainer, lunghe oltre 400 metri e larghe 60 metri, e delle navi da crociera “World Class”. I lavori saranno divisi in due fasi: nella prima fase, che terminerà nel 2026, sarà realizzato il nuovo ingresso da levante, largo oltre 300 metri, e sarà esteso lo spazio di manovra per le navi. Nella seconda fase, che verrà conclusa nel 2030, sarà completato l’ampliamento del canale di Sampierdarena, che arriverà a una larghezza di 400 metri, aumentando così l’operatività e la competitività di tutti i terminal dello storico bacino commerciale”.

I MAGNIFICI SETTE

Chi segue la vicenda, in ballo ormai da più di 24 mesi di fitti scambi epistolari tra controllore e controllato, sa bene che l’Anac aveva già contestato all’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure sette rilievi critici che, ritenute evidentemente insufficienti le risposte dagli interpellati, sono andati a dare corpo a cinquanta pagine della delibera n.142/2024 trasformandosi in veri e propri atti d’accusa, con la configurazione di possibili sperperi di denaro (da lì la trasmissione del fascicolo alla Corte dei Conti) e illeciti di varia natura (per questo indagherà la Procura).

Ma, soprattutto, col rischio che la Commissione Ue, che per volontà dei “Quattro Frugali” nella costruzione del Next Generation Eu aveva avocato a sé il cosiddetto “freno d’emergenza” come sistema di controllo eccezionale sulle modalità d’impiego degli Stati dei fondi comunitari, tiri quella famigerata leva bloccando tutto, con ripercussioni a cascata su altre opere e sull’economia del Paese in un periodo economico non certo facile.

Dopo aver ribadito la propria competenza a esaminare il progetto, l’Anac torna, naturalmente, sulle deroghe conseguenti ad avere infilato l’opera nel cosiddetto decreto Genova (quello cioè per la ricostruzione a tempo di record del viadotto sul Polcevera crollato il 14 agosto del 2018) senza che ricorressero le condizioni della norma “la quale riguardava opere da costruire in emergenza a causa del crollo del ponte Morandi (sostanzialmente opere di ripristino viabilità)” e quindi concludendo che “le deroghe previste dalla suddetta normativa (decreto Genova) sono state ritenute non applicabili alla diga”.

QUALE URGENZA, ERA PREVISTA NELLA PROGRAMMAZIONE DEL 2010

Ma l’Anac contesta anche il suo inserimento tra le opere del Pnrr che ha permesso alla diga di Genova di beneficiare di altre deroghe, quelle al codice dei contratti ex dl 77/21 con l’affidamento dell’opera in procedura negoziata senza bando, eccezione valida solo in caso di massima urgenza, che però la controparte non sarebbe riuscita finora a documentare. “Ciò in considerazione anche del fatto – sottolineano dall’authority . che l’opera era prevista da tempo ed era stata infatti inserita nella programmazione risalente al 2010”.

In merito sarà da accertare la responsabilità del Commissario in quanto “la stazione appaltante avrebbe dovuto fornire una spiegazione delle ragioni che l’avrebbero indotta a preferire la procedura negoziata senza bando, atteso che il Legislatore ha dato ai Commissari straordinari con poteri in deroga la mera facoltà e non certo un obbligo di utilizzo della procedura negoziata senza bando e solo laddove ne sussistano i presupposti”.

Ripercorrendo l’iter l’Anac contesta anche l’avviso andato deserto dopo la manifestazione di interesse di due imprese e dopo il quale però si è insistito comunque nel non bandire la gara. Si ferma al pettine dell’Autorità giudiziaria anche il grosso nodo del mancato adeguamento dei prezzi e il cambio in corsa delle condizioni contrattuali. “La stazione appaltante – rileva Anac – ha infatti, in maniera irrituale, soddisfatto le richieste formulate dai concorrenti che riguardavano aspetti rilevanti del contratto di appalto, tra cui le modalità di contabilizzazione del corrispettivo e di revisione prezzi e una modifica del contratto originariamente posto a base di gara in relazione alla possibilità di apportare varianti per “incerto” geologico”.

All’Anac insomma non piace affatto la concessione a WeBuild di prevedere che “qualora – a valle dell’esecuzione dei nuovi sondaggi e dei campi prova necessari alla redazione del Progetto Definitivo e/o Esecutivo – dovesse intervenire la necessità di apportare modifiche al progetto e/o alle modalità operative di esecuzione dell’Opera, tali modifiche saranno considerate come varianti”. Questo perché per l’Anticorruzione “le probabilità che le caratteristiche geotecniche e geologiche si rivelino difformi dalle previsioni del Pfte (Progetto di Fattibilità Tecnica ed Economica) sono elevatissime, praticamente certe, anche se non si sa in quale entità”.

Una variante che non aveva convinto nemmeno il Consiglio superiore dei Lavori pubblici, come riferisce la delibera, che in un parere aveva posto come “condizione imprescindibile da assolvere, prima della fase di affidamento” la “predisposizione di un capitolato prestazionale dettagliato, che consenta di gestire efficacemente la fase di successivo sviluppo del progetto con la realizzazione dei campi prova”.

Non è piaciuto nemmeno il collegio di esperti che l’Anac ricorda essere stato “sostituito a causa di incompatibilità dei suoi membri – si legge -.Tale sostituzione è avvenuta successivamente all’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche ed economiche in contrasto con i principi di trasparenza, par condicio e pubblicità delle gare pubbliche”.

E poi c’è un caso di “possibile conflitto di interessi dell’ingegner Marco Rettighieri, il quale era prima responsabile dell’attuazione del programma straordinario, tra cui è inserita anche la diga oggetto dell’appalto (nominato dal commissario per la ricostruzione nonché sindaco di Genova, Marco Bucci) e successivamente è divenuto presidente del Consiglio di Amministrazione di WeBuild Italia spa, azienda facente parte del gruppo Webuild Spa mandatario del raggruppamento vincitore dell’appalto”.

PALAZZO CHIGI STUDIA IL DOSSIER WEBUILD?

A latere del dossier diga di Genova, Start Magazine apprende da ambienti governativi che settori della presidenza del Consiglio sta valutando la governance di Webuild, considerata da alcuni sbilanciata a favore del capo azienda. Eppure i patti parasociali del gruppo sono stati rinnovati nei giorni scorsi. Non si sa se nella direzione attesa o auspicata da chi nel governo scruta (compreso il ministro della Difesa, Guido Crosetto) assetto e mosse del gruppo capeggiato dall’amministratore delegato, Pietro Salini.

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