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Lega e Fratelli d’Italia mugugnano su Gualtieri e Pd in Cassa. Fatti e rumors

Che cosa si dice e si bisbiglia tra le opposizioni su alcune indiscrezioni che riguardano la Cassa depositi e prestiti (Cdp), controllata dal Mef di Gualtieri

S’odono sbuffi in Lega e Fratelli d’Italia sulla Cassa depositi e prestiti. Eppure le ultime mosse del gruppo Cdp – come le operazioni di finanziamento a Fincantieri e Leonardo – vanno nel solco di un sostegno a settori strategici e a campioni nazionali.

CHE COSA HA SCRITTO IL MESSAGGERO SUL COMITATO NOMINE CDP

“Ieri nel consiglio di Via Goito la proposta sull’istituzione del comitato nomine, avviata dal board del 18 dicembre, ha suscitato un vivace dibattito – ha scritto due giorni fa Il Messaggero -. L’idea iniziale del presidente Giovanni Gorno Tempini era di un organismo di 3-5 membri in modo da ricomprendere anche consiglieri indipendenti, come la best practice delle quotate. Il ministero dell’Economia, che è primo azionista (82,77%), ha chiesto un comitato di tre membri: il presidente Gorno, espresso dalle fondazioni, socie con il 15,93%, l’ad Fabrizio Palermo e il dg del Tesoro Alessandro Rivera. E siccome Palermo è indicato da via XX Settembre, il comitato è a maggioranza del Tesoro”.

LA ZAMPATA DEL PD SU CDP?

“Dietro questa mossa potrebbe esserci la voglia del Pd di avere voce in capitolo”, ha chiosato l’inviato e firma di finanza Rosario Dimito del quotidiano del gruppo Caltagirone. Infatti, ha continuato il quotidiano diretto da Virman Cusenza, “considerando che il ministro dell’Economia è Roberto Gualtieri, esponente di punta del Pd, partito di governo, uscito vincitore dalla tornata elettorale in Emilia Romagna e che ha fatto sapere di voler monetizzare questa supremazia, la prova di forza del Mef ha una sua motivazione. Eppure alcuni dei consiglieri indipendenti espressi dal Tesoro si sono battuti per un comitato a cinque con la presenza proprio di indipendenti”, ha concluso Il Messaggero.

LE PROTESTA DELLA LEGA

Sulla scia delle indiscrezioni del giornale romano, la Lega ha alzato la voce: “Mentre il dibattito politico continua a ruotare attorno alle modalità con cui Matteo Salvini conduce le campagne elettorali, il governo attua una prova di forza sulla Cassa Depositi e Prestiti in vista delle nomine nelle partecipate pubbliche”, hanno dichiarato Alberto Bagnai, Roberta Ferrero e Cristiano Zuliani, i tre senatori della Lega membri della Commissione di vigilanza sulla Cdp.

CHE COSA SCRIVE BAGNAI

“Se la notizia fosse confermata, il primo appunto da fare è sicuramente nel merito – hanno spiegato i senatori – dato che, così facendo, la Cdp si allontanerebbe dalla ‘best practice’ adottata dalle società quotate che prevede anche figure indipendenti all’interno del comitato nomine, come d’altronde rientrava nel piano iniziale proposto dal presidente Giovanni Gorno Tempini. La seconda osservazione è sul metodo, perché evidenzierebbe la voracità con cui il partito di riferimento dell’attuale ministro del Tesoro passa all’incasso dopo il risultato elettorale in Emilia Romagna”.

LA NOTA DEGLI ESPONENTI LEGHISTI

“Naturalmente è ovvio che un azionista con l’82% abbia più peso degli altri su una questione così importante come le nomine – concludono gli esponenti leghisti – tuttavia sarebbe stato forse gradito un maggiore ‘fair play’ da parte del Tesoro data l’importanza sull’economia italiana sotto il profilo occupazionale e degli investimenti che comporterà la scelta degli amministratori delegati e top manager di società di interesse strategico del calibro di Snam, Terna e Fincantieri”.

COME SI REPLICA NELLA MAGGIORANZA

Una polemica che in ambienti della maggioranza di governo viene definita “strumentale”. Si argomenta – sulla scorta delle interlocuzioni avute con i vertici della Cassa – che “un comitato nomine è un meccanismo di Governance che da metodo e trasparenza. Può esserci qualcosa di male se ti ispiri alle migliori pratiche di corporate governance? La composizione del comitato ovviamente deve tener conto delle peculiarità della Governance di Cdp”. Ma gli sbuffi tra i partiti di opposizione – in particolare Lega e Fratelli d’Italia – si sono alimentati oggi dopo un articolo del quotidiano La Verità: Alessandro Da Rold del quotidiano fondato e diretto da Maurizio Belpietro ha elencato una serie di professionisti vicini a vario titolo a esponenti del Pd che ora gravitano nella galassia delle società del gruppo Cdp.

I NOMI DEMOCRAT INDICATI DA LA VERITA’

La Verità ha scritto: “L’ultimo che si registra è Giacomo D’Amico, anche chiamato il Gianni Letta della regione Lazio di Nicola Zingaretti. Storico democristiano di sinistra, D’Amico era un’istituzione nella regione governata dal Pd. Molto ben introdotto negli ambienti diplomatici, lascia Roma per entrare nelle relazioni istituzionali di Sia, la controllata di Cdp che si occupa dei pagamenti digitali dove da poco è arrivato alla presidenza Federico Lovadina, socio dello studio legale di Francesco Bonifazi, ex tesoriere Pd ora in Italia Viva. Negli ultimi mesi è arrivato in Cdp alle relazioni esterne anche Carlo Malagnino, figlio di Ugo Malagnino, senatore pugliese, storico braccio destro di Massimo d’Alema. Alla fine del 2018 arrivò in Cdp anche Marco Laudonio, social media manager durante il governo di Enrico Letta e molto vicino all’ex capo di gabinetto del Mef. Roberto Garofoli. C’è anche Roberto Basso, ex portavoce di Piercarlo Padoan, che vanta un piccolo rapporto consulenziale su temi internazionali con il gruppo”.

CHE COSA SI DICE DEI LUNCH DI MONTANINO NELLE CHAT DEI FRATELLI D’ITALIA

Infine, nelle chat di alcuni parlamentari di Fratelli d’Italia rimbalza il prossimo appuntamento del neonato think tank di Cdp con l’invito di Andrea Montanino, capo economista del gruppo Cassa depositi e prestiti (silurato dai vertici di Confindustria diretta da Marcella Panucci, secondo le indiscrezioni di Start), per il secondo appuntamento del “Lunch Seminar”. Sarà ospite per parlare di “politiche per la crescita sostenibile” l’economista Andrea Roventini, già candidato da M5S  a un posto da ministro in campagna elettorale. Roventini è considerato amico e vicino all’ex ministro Lorenzo Fioramonti, giudicato dai grillini un contiano doc tanto che lavora a un gruppo parlamentare con ex pentastellati a sostegno del governo giallo-rosa di Conte. Quello con Roventini è il secondo appuntamento di una serie che di sicuro avrà ospiti di altri orientamenti. Il primo ospite è stato Antonio Nicita, commissario Agcom esperto di cose digitiali e di pluralismo tv; un intellettuale di orientamento liberal e progressista.

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