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Tunisia

Perché le ricette di Conte e Grillo sono nefaste per l’Italia

Le proposte di politica economica del Movimento di Conte e Grillo sono un vero saccheggio della finanza pubblica. Il commento di Polillo

 

Per Monica Guerzoni, dalle pagine de Il Corriere della sera, “il vero nodo contenuto nella lettera a Draghi”, mittente Giuseppe Conte, “è lo scostamento di bilancio. L’ala dura del M5S invoca ‘una risposta molto forte’, che in soldoni vuole dire ‘decine e decine di miliardi per imprese e famiglie’. Una richiesta che mette il premier in difficoltà estrema nei confronti dei ‘falchi’. Non quelli del M5S, ma quelli di Bruxelles, che hanno gli occhi puntati sul debito italiano”. Diagnosi difficilmente contestabile.

Per il MoVimento, o meglio per quel che è rimasto dopo la fuga di Luigi Di Maio, un keynesismo casereccio è rimasto la grande stella polare. A partire dal suo fondatore Beppe Grillo. Che esalta sia Riccardo Fraccaro che Nunzia Catalfo.

Il primo perché “ha reso possibile l’efficientamento energetico e l’adeguamento antisismico delle abitazioni a costo zero per i cittadini, dando impulso all’economia e alla salvaguardia dell’ambiente. Ora, l’ex sottosegretario Riccardo Fraccaro, è tra le 10 persone più ricercate del mondo. Se avvistato avvicinarsi con cautela, può compiere opere di bene per la collettività”.

La seconda perché “ha cercato di migliorare la vita di milioni di persone cadute in povertà. Ora, l’ex ministro del Lavoro, è tra le 10 persone più ricercate del mondo. Se avvistata avvicinarsi con cautela, può compiere opere di bene alla collettività”.

Identica la motivazione, coincidente l’analisi. I successi sono stati ottenuti “a costo zero per i cittadini”. Una solenne sciocchezza, che tuttavia dimostra l’assoluta mancanza, ma purtroppo non è il solo, di qualsiasi conoscenza in materia economica-finanziaria.

Sulla base delle relazioni tecniche che hanno accompagnato i vari provvedimenti sul reddito di cittadinanza, a partire dal decreto legge n. 4 del 2019 (convertito nella Legge 26 del 2019), si può calcolare che nel triennio 2019-21 la spesa complessiva a carico del bilancio dello Stato sia stata pari a 23.772 milioni. Quella cumulata per i prossimi 10 anni, se il provvedimento non sarà modificato, sarà pari ad altri 80.000 milioni.

Sul fronte del super bonus per l’edilizia del 110 per cento, i calcoli possono essere ancora più precisi, grazie al monitoraggio dell’Enea, ed alla sintesi operata dall’Ufficio parlamentare del bilancio. A partire dal decreto legge 34 del 2020 fino alla legge di bilancio 2022 gli stanziamenti complessivi sono stati pari a 33.312 milioni. Ed ancora ci sarà da spendere se non si vorranno bloccare i lavori in corso, rimasti senza finanziamenti.

Parlare di “costo zero” per i beneficiari, tra l’altro, è un puro eufemismo. Per molti di loro si è trattato di una vera e propria manna. Illegale, naturalmente, ma pur sempre un manna. Almeno a giudicare dal lungo elenco di truffe ai danni dell’Erario. Che nel caso del super bonus, stando ai dati del ministro dell’Economia Daniele Franco, hanno raggiunto l’astronomia cifra di 6 miliardi. Il 18 per cento dell’intero stanziamento.

Altra caratteristica, che emerge dalle indagini degli organi inquirenti, è il collegamento tra i due istituti. Molti percettori del reddito di cittadinanza erano anche i titolari di appalti inesistenti, che hanno ricevuto i ristori di legge dovuti per il super bonus. Circostanza che non dovrebbe sorprendere più di tanto. Se le maglie del mercato si allentano, con sussidi iper generosi, sono le organizzazioni criminali, che in Italia abbondano, a fare la parte del leone.

Quindi, seguendo lo schema di Beppe Grillo, “le opere di bene” compiute “a favore della collettività” sono andate a vantaggio solo di alcuni. Probabilmente i più smaliziati. Mentre il costo relativo – la cosa che Giuseppe Conte non capisce – è interamente ricaduto sulle spalle degli onesti. Di coloro cioè che, volenti o nolenti, semmai imprecando contro un Governo grassatore, le tasse sono costrette a pagarle.

Chi pagherà il nuovo conto che i 5 Stelle hanno presentato a Mario Draghi, nella famosa missiva di nove punti? Quelle “decine e decine di miliardi per imprese e famiglie” di cui parla Monica Guerzoni? Draghi li prenderà dal bilancio, riportando la spesa pubblica ai livelli del dicembre 2020, solo qualche mese prima le dimissioni del Conte II? Difficile: quel 57 per cento del Pil, interessi compresi, è un record decennale, che Draghi non potrà emulare. Aumenterà le tasse? Ancora più improbabile, se non si vuole accelerare la svolta recessiva, alla quale Putin sta lavorando alacremente.

Sarà ancora una volta l’aumento del debito pubblico a soddisfare quelle richieste? Sempre alla fine del 2020, il rapporto debito pubblico/Pil aveva raggiunto il suo massimo storico, dal 1980, raggiungendo la soglia del 155,3 del Pil con un incremento di 21,2 punti rispetto l’anno precedente: dieci volte la normale media di incremento annuale sempre da quella data. Saranno, allora, quelli di Bruxelles ad impedirlo, come scrive la Guerzoni? Anche.

Ma prima di quel verdetto, tante altre piccole catastrofi, legate alla caduta del Pil, alla crescita dell’inflazione e last but not least al possibile collasso finanziario dell’Italia. Di fronte ai rischi di questa natura, meglio abbandonare l’avvocato del popolo al suo destino. Tanto più che tutta questa pantomima non deve necessariamente portare alle dimissioni di Mario Draghi. Che anzi, ancora una volta, avrà dimostrato grande senso di responsabilità nei confronti dell’intero Paese.

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