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L’Italia, la Bce, il Mes, la Troika e la tagliola

Chi spinge l'Italia verso il Mes. L'analisi di Giuseppe Liturri

 

Chi non avesse voglia di cadere dal pero tra qualche settimana – al più tardi qualche mese – di fronte al precipitare degli eventi che potrebbero vedere il nostro Paese sostanzialmente commissariato dalla Troika (Commissione, BCE e, giusto per abbondare FMI), non dovrebbe perdere di vista due articoli usciti sul Sole 24 Ore a breve distanza.

Ignazio Angeloni e Daniel Gros – due economisti più incistati che mai nell’establishment – evidentemente non si sentivano appagati. Volevano che il messaggio giungesse chiaro e forte ed allora, dopo giovedì 30 giugno, hanno dato il bis anche venerdì 8 luglio. Quando abbiamo commentato il primo, credevamo ingenuamente che fosse già abbastanza, che avessero adempiuto onorevolmente alla loro missione, come soldatini disciplinati. Ci sbagliavamo.

Sono tornati sul punto, a magnificare le sorti magnifiche e progressive della scelta per l’Italia di chiedere un prestito precauzionale al Mes. Parola ed istituzione ad alta tossicità per l’Italia e, almeno parte (vogliamo sperare), dei nostri parlamentari.

Può capitare che si formuli una proposta e poi tutta finisca lì, ma due indizi fanno una prova. Sono la prova del fatto che il progetto è in stato molto avanzato e ben visto nelle stanze dove le azioni si “pesano e non si contano”, ed allora conviene addentrarsi “dietro le linee nemiche” ed approfondire il merito della vicenda.

I due autori temono che lo strumento della BCE per contenere gli spread di cui si parla da settimane sia troppo rischioso. Poco tempo per disegnarlo ed aspettative troppo elevate sui mercati che rischiano di andare deluse.

Allora meglio rivolgersi all’usato sicuro, cioè al prestito precauzionale del Mes, “soluzione più naturale e meno rischiosa”.

E qui, pur di vendere la merce, parte una sequenza di affermazioni apodittiche o in palese contraddizione con il tenore letterale e l’interpretazione del Trattato del Mes.

  • I Nostri dipingono come una passeggiata l’accesso alla linea precauzionale, per metterci preventivamente “al riparo da attacchi speculativi”. Ne avremmo titolo perché “godiamo di una situazione economica sana”, basta farselo “certificare” dal Mes. Ma non possono non sapere che:
    1. Non è il Mes che certifica la sostenibilità del debito pubblico italiano ma, dopo la richiesta del Paese, la Commissione “di concerto con la BCE e, se possibile, insieme al FMI”.
    2. In linea di principio il “MES fornirà un sostegno alla stabilità ai membri del MES il cui regolare accesso al finanziamento sul mercato risulti o rischi di essere compromesso” (considerando 13 del Trattato). Non è esattamente una precauzione da prendere quando si è ancora sani.
    3. Quindi se un Paese è sano, non ricorre al Mes, nemmeno in via “precauzionale”. Se viene attaccato è perché manifesta delle vulnerabilità. Anzi, se ricorre al Mes, che comunque ha capacità di sostegno limitata, il rischio di profezia autoavverante è molto alto. Equivale ad andare in ospedale se si è una persona sana: a qualcuno verrebbero dei dubbi sulla nostra salute. Quel “precauzionale” è da interpretarsi in coppia con l’altra linea “a condizioni rafforzate”. La differenza sta nelle condizioni presenti nel protocollo d’intesa: “possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite” (art. 12).
    4. L’argomento secondo il quale l’ammissione avverrebbe senza uno scrutinio eccessivamente severo perché il Patto di Stabilità è sospeso, è fuorviante e ingannevole. Prima di tutto al Mes ciò non interessa: dal punto di vista del creditore, le condizioni contano eccome. E poi cosa accadrebbe col ripristino del Patto di Stabilità? Ci spedirebbero direttamente nel girone dei debitori cattivi, senza appello?
  • Sempre secondo Angeloni e Gros, una volta ottenuto il finanziamento del Mes, si accede al programma di acquisti OMT della BCE. E anche qui fingono di dimenticare che:
    1. Quel programma è indissolubilmente legato ad un rigoroso programma di aggiustamento macroeconomico stipulato col Mes. Senza programma, niente OMT.
    2. Proprio per le dispute giuridiche con Corte di Giustizia e Corte costituzionale tedesca, il concreto utilizzo del programma OMT pone tali e tante condizioni che lo rendono di fatto inutilizzabile. A meno di ipotizzare la spoliazione di fatto dell’Italia.
    3. Gli autori si trincerano dietro il debole paravento costituito dalla probabile sufficienza dell’effetto annuncio. E se i mercati volessero andare a vedere il bluff, ben sapendo della fragilità applicativa del OMT? “Falqui, basta la parola!”, resta solo il titolo di un famoso spot del passato.
  • Angeloni e Gros, quando cercano di superare le obiezioni alla loro proposta, ricordano la famosa frase “si faccia una domanda, si dia una risposta” di Gigi Marzullo. Si scelgono loro le obiezioni e le superano (non sempre) agevolmente.
    1. Trascurano il fatto che, ammesso e non concesso che la “qualificazione sia automatica” perché le condizioni sono già soddisfatte secondo la loro interpretazione, ciò avviene “in questo momento”. Una volta che si è messa la testa sotto la tagliola, è possibile in qualsiasi momento cambiare le condizioni, Trattato alla mano.
    2. Minimizzano il danno reputazionale derivante da questa scelta, perché l’adesione avverrebbe per nostra autonoma decisione, senza esservi costretti da un’emergenza. Invece è proprio questa che appare un’onta che gli investitori tradurrebbero in un attimo in una irrevocabile sentenza sullo stato comatoso del nostro Paese. E poi come si fa a sostenere che non siamo costretti? Se viene presentato proprio come l’unico strumento su piazza, prendere o lasciare?

In conclusione, l’unica cosa che condividiamo con Angeloni e Gros è la perplessità circa il nuovo strumento della BCE: “da inventare in fretta e fra mille dubbi e opposizioni”. Per il resto, ringraziamo ma non compriamo nulla.

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