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Perché il programma economico del governo M5s-Pd non mi entusiasma troppo. Il commento di Polillo

Limitarsi a parlare soprattutto di cuneo fiscale è visione assolutamente riduttiva. Una sorta di riedizione degli 80 euro voluti da Matteo Renzi. Epilogo già visto. Il commento di Gianfranco Polillo

 

Avendo espresso grande apprezzamento, su Start (30 giugno 2019), per Roberto Gualtieri, in epoca non sospetta, non possiamo che rallegrarci per la sua nomina a ministro dell’Economia. Del resto, per un governo che sembra essere, almeno in maggioranza, il cast del bel film di Paolo Genovese (“Perfetti sconosciuti”), aver guidato per ben due legislature la Commissione per i Problemi economici e monetari del Parlamento europeo è essersi guadagnato sul campo un titolo di merito. Specie se si considera che si deve in gran parte al suo lavoro se la stessa Commissione, con un voto paritario, ha bocciato la proposta della Commissione europea di inserire definitivamente il Fiscal compact nell’ordinamento giuridico. Piccolo vanto da rivendicare, considerato l’imprevedibile mutamento del clima a livello internazionale. Che, in un batti baleno, ha reso obsolete quelle vecchie impostazioni.

Basterà? Difficile rispondere. L’Italia ha bisogno di un ministro dell’Economia che non solo sappia dove mettere le mani in Europa. Ma al tempo stesso promuovere efficacemente una politica di sviluppo. Che è cosa non facile da realizzare. Bisogna sfatare i vecchi miti di un egualitarismo: anticamera dell’assistenzialismo. Sopportare, controllandolo, un tasso di alterazione del tessuto sociale, nella convinzione che sviluppo equivale a dinamismo. E che quest’ultimo principio mal si concilia con “lacci e laccioli” che soffocano, sul nascere, ogni tentativo. Nessun darwinismo economico e sociale. Ma la convinzione che la redistribuzione delle risorse è tema di un “secondo tempo”. Seppure da preventivare. Quando il meccanismo della crescita si sarà rimesso in moto e consolidato. Anticipare i tempi, come si è visto con il salario di cittadinanza, ha come probabile risultato la crescita zero.

Finora i mercati hanno risposto in modo positivo. Ma sono soprattutto quelli finanziari. Rappresentati da coloro che hanno a cuore prevalentemente la difesa del proprio castelletto, specie se questo è costituito da titoli di Stato e da corporate. Disposti anche ad accettare una limatura dei propri rendimenti di fronte alla certezza che quei titoli, alla scadenza, saranno rimborsati. Ma l’economia reale è, purtroppo, un’altra cosa. Specie in un Paese caratterizzato da quella prevalenza di piccole e medie industrie che producono essenzialmente per il mercato interno. La grande palude che, in questi anni, ha soffocato ogni “voglia di fare”. Non v’è dubbio quindi che sia indispensabile una riforma del sistema fiscale, che è cosa diversa dalla flat tax, tanto vagheggiata. Dovrebbe costituire una priorità. Tenendo conto del tempo trascorso – erano gli anni ’70 – dalla grande riforma voluta da Cesare Cosciani e Bruno Visentini. Da questo punto di vista limitarsi solo a parlare di cuneo fiscale è visione assolutamente riduttiva. Una sorta di riedizione degli 80 euro voluti da Matteo Renzi. Epilogo già visto.

In questo sforzo non potrà trovare grande conforto nei punti del programma di governo enunciati dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Troppo generiche ed omnicomprensive le relative indicazioni. Di fronte alle difficoltà del presente, che confina l’Italia nelle ultime posizioni, sia per quanto riguarda i ritmi di crescita sia i livelli di benessere individuale, individuare un baricentro, intorno al quale costruire una proposta programmatica è assolutamente indispensabile. Si tratterebbe, infatti, di avere contezza della scarsa potenza del motore che traina l’economia e quindi degli interventi necessari per aumentarne la velocità di crociere. Scelte che richiedono disponibilità di risorse, ma non solo. Perché quello che conta effettivamente è come si usano le poche o tante risorse disponibili.

Si possono anche fare debiti ulteriori. Le famiglie italiane lo fanno. Ma un conto è utilizzare i prestiti così ottenuti per avviare un’attività professionale o acquistare un immobile. Un altro è pagarsi la vacanza della vita. Avrà, quindi, l’appoggio indispensabile da parte dei suoi colleghi di governo? Lo speriamo, ma considerata la loro scarsa esperienza – salvo lodevoli eccezioni – siamo portati al pessimismo. Certo è che sarebbe un miracolo il contrario. L’inveramento della teoria del calabrone che, stando alle leggi dell’aerodinamica, non dovrebbe volare. Ed invece si libra nell’aria a dispetto di tutti.

Questi quindi i dubbi che assillano la mente. Che si tratti del più giovane governo della storia repubblicana è indubbio. Che si tratti di una discontinuità, seppure di second best, pure. Absolute beginners, come cantava David Bowie. Chissà se l’amore tra le due principali forze politiche che lo compongono sarà sufficiente, come nella canzone, a farli “volare oltre le montagne” e “ridere degli oceani”?

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