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Telecom

Opa di Vivendi su Lagardère. È terremoto (non solo) nell’editoria francese. Ecco perché

Portata, effetti e scenari dell'Opa di Vivendi sul resto di capitale del gruppo Lagardère. Fatti e approfondimenti

 

Ultimo round prima della vittoria. Con il via libera dell’Autorité des marchés financiers (Amf), Vincent Bolloré può lanciare ufficialmente, tramite la controllata Vivendi, la sua Offerta pubblica di acquisto (Opa) sul restante capitale del gruppo Lagardère, di cui possiede già il 45%.

È l’esito di una lunga battaglia che ha mobilitato avvocati, banchieri e parte dell’élite del business francese, tra cui Bernard Arnault, boss di Lvmh e azionista di Lagardère. Ma anche del mondo politico, da Bercy all’Eliseo, passando per l’ex presidente Nicolas Sarkozy, amministratore del gruppo. La fine di un’era per l’impero costruito da Jean-Luc Lagardère. È la tappa finale di un assalto, durato due anni, al leader dell’editoria francese Hachette Livre, e a media influenti. Nemmeno troppo sullo sfondo, l’obiettivo di costruire un “Netflix europeo”.

Gli azionisti Lagardère potranno, fino al 20 maggio, vendere le proprie azioni a Vivendi a 25,50 euro per tutte le azioni Lagardère esistenti che non detiene. Per conto di Vivendi, l’Opa è presentata da Bnp Paribas, Cic, Lazard Frères Banque, Natixis e Société Générale. Vivendi si impegna inoltre, in via sussidiaria, ad offrire agli azionisti Lagardère, previa applicazione di un meccanismo di riduzione, di ricevere, per ciascuna azione, un diritto di vendere ad un prezzo unitario di 24,10 euro fino al 15 dicembre 2023.

Arnaud Lagardère, alla guida dell’impero industriale e mediatico costruito dal padre, Jean-Luc, scomparso nel 2003, ha dovuto risolversi ad accogliere il gruppo Vivendi e la famiglia Bolloré. Una “garanzia di stabilità e di sostegno alla nostra cultura, alla nostra strategia e alla nostra integrità a lungo termine” , ha scritto di recente ai suoi azionisti.

I membri eletti del comitato del gruppo Lagardère avevano ritenuto, nel loro parere depositato presso l’Amf il 22 marzo, “di poter solo prendere atto” di questa offerta pubblica di acquisto, sottolineando “le loro preoccupazioni, basate ovviamente, sulle conseguenze sociali ed economiche”. Deplorano che “Vivendi sia rimasta completamente opaca nelle informazioni trasmesse e sulle sue vere intenzioni per il futuro”. La fusione tra la prima e la seconda casa editrice del mercato francese – Hachette Livre di Lagardère ed Editis di Bollorè – “è molto difficile da prevedere senza l’imposizione di rimedi molto potenti (vendite di entità) su quasi tutti i segmenti di mercato”. Il comitato teme “significative conseguenze sociali”: “nella migliore delle ipotesi, il trasferimento dei dipendenti a un altro datore di lavoro” , o anche “profonde riorganizzazioni” che porterebbero alla perdita di posti di lavoro.

Arnaud Lagardère ha ottenuto il diritto di rimanere presidente e Ceo fino al 2027. Ha già annunciato l’intenzione di conferire i suoi 15,6 milioni di azioni (ovvero l’11% del capitale) all’offerta controllata e di dare immediatamente in pegno i diritti di trasferimento ottenuti a garanzia di un nuovo finanziamento. A fine marzo, il consiglio di amministrazione di Lagardère ha raccomandato ai suoi azionisti di sottoscrivere l’Opa di Vivendi, mentre l’offerta principale prevede l’accesso a liquidità immediata e il prezzo offerto è superiore a quello offerto da Amber Capital. Il conglomerato mediatico Vivendi ha acquisito lo scorso dicembre il 17,5% del capitale di Lagardère dal fondo di investimento Amber Capital, al prezzo di 24,10 euro per azione. Ha quindi depositato all’inizio di febbraio una proposta di offerta pubblica di acquisto sul 55% del gruppo di distribuzione e media che non detiene ancora. Dal 14 aprile, con il via libera dell’Amf, si comincia.

Se Lagardère affronta un importante debito, il gruppo Bolloréricorda Le Monde – può contare su una notevole liquidità “dopo la vendita per quasi 6 miliardi di euro delle sue attività logistiche africane”. E la dismissione del 10% di Universal Music Group (Umg).

C’è un innegabile effetto economico. E c’è il desiderio di Vincent Bolloré (70 anni dal 1 luglio) di cedere a breve, come promesso, la mano ai figli. Non prima però di essersi assicurato il nuovo impero dei media.

Ma la partita riguarda sopratutto l’intero mondo culturale francese. Tutti questi passaggi in tempo di presidenziali, inoltre, non fa che alimentare dubbi e retroscenismi.

L’operazione pone problemi di concorrenza nell’editoria, con la fusione dei maggiori editori del mercato. Se la scalata avrà successo, e non pare ci siano dubbi a proposito, consacrerà il riavvicinamento di due famiglie emblematiche del capitalismo francese, o meglio la dissoluzione dell’una nell’altra. Alla fine, Vincent Bolloré deterrà una quota schiacciante di case editrici in Francia. Nell’attività distributiva e distributiva, Editis e Hachette sono egemoniche; circa il 65% di quota di mercato.

Bolloré possiede già Editis, tra cui Plon, Presses de la Cité, Belfond, 10/18, Robert Laffont, Julliard, La Découverte. Rileverà, con Hachette – terzo editore mondiale nell’editoria di consumo e scolastica, il primo in Francia – un insieme di altre case editrici. La quota di mercato complessiva in Francia di Hachette e di Editis, secondo alcuni osservatori, rappresenterebbe il 71% nei testi scolastici, il 63% nei dizionari e il 54% nei tascabili. Sotto l’ombrello entrano Fayard, Stock, Grasset, Hatier, Larousse, Calmann-Lévy, Le Livre de poche, Marabout.

Stesso discorso per la distribuzione: questa acquisizione consente anche di agglomerare Interforum e Hachette, i due maggiori distributori del settore. Sull’operazione servirà il disco verde delle autorità europee garanti della concorrenza.

La concentrazione, quindi il controllo sul mercato, pone domande sulla possibile pressione diretta sugli editori affinché influenzino la loro linea editoriale. È già avvenuto. Emblematica la vicenda, svelata da Le Monde, della pressione esercitata da Nicolas Sarkozy. Dal 2021, anno in cui è entrato a far parte del consiglio di amministrazione di Lagardère, l’ex capo di Stato non ha esitato a intervenire all’interno del gruppo per monitorare libri e media che parlano di lui e dei suoi “affari”.

Di fronte a una commissione senatoriale che indaga sul pluralismo nei media, Vincent Bolloré, a inizio anno, ha cercato di relativizzare il peso del suo gruppo nel panorama dei media così come il suo potere personale. L’imprenditore bretone ha definito “il gigante Vivendi un piccolo nano”. Troppo umile.

È indubbio che l’operazione provocherà la più profonda trasformazione che il panorama mediatico ha conosciuto in Francia per quarant’anni in termini di concorrenza.

Oltre a libri e distribuzione, Vivendi è entrata nel capitale del proprietario di Europa 1, del settimanale Journal du Dimanche e di Paris Match nella primavera del 2020. Indebolito dalla crisi del Covid – in particolare nella sua rete di negozi nelle stazioni ferroviarie e negli aeroporti – il gruppo proprietario anche di Canal+, Vivendi ha saputo unire le forze con il fondo attivista Amber Capital per assaltare la cittadella Lagardère. È stata la prima mossa.

È infatti anche in termini di media, e di impatto politico-mediatico, che la partita suscita domande. Radio Europe 1 è già ben ancorata al canale di notizie conservatore CNews, con il quale condivide diversi conduttori. L’integrazione ufficiale dovrà però ottenere l’approvazione di Arcom, l’Autorità francese di regolamentazione della comunicazione audiovisiva e digitale. Quanto a Paris Match e al  Journal du Dimanche, sembrano destinati ad essere integrati da Vivendi nel gruppo di stampa Prisma Media.

Al Journal du dimanche è sorta da tempo in redazione la preoccupazione di una “bollorizzazione”. Lo documentano nuove firme, brusche partenze e cambiamenti nelle pagine politiche. Due mesi fa, l’arrivo di Jérôme Béglé – ex Le Point ed editorialista del canale Cnews – è stato visto come un primo segnale nel settimanale di grande influenza nel mondo politico.

Lagardère aveva taciuto sulle ragioni del licenziamento di Hervé Gattegno a fine ottobre e non ha fornito una motivazione per il cambio di direzione con Béglé. A parte le solite note standard di ringraziamento e benvenuto ai cambi di direttore. Béglé, che ha lavorato per la redazione di Paris-Match, Figaro Magazine e Le Point, interviene regolarmente sul canale CNews, di proprietà di Vivendi, il gruppo guidato dal miliardario conservatore Bolloré. Sotto la sua guida, la radio Europe 1, anch’essa di proprietà di Lagardère, ha fatto un riavvicinamento con CNews in questa stagione, provocando un’emorragia di partenze tra i giornalisti.

Cyril Petit, direttore editoriale, mantiene invece le sue funzioni e affiancherà Jérôme Béglé per “continuare i progetti di trasformazione avviati su Le Journal du dimanche , in particolare sul digitale. Un film già visto in diversi media italiani.

È un terremoto, secondo gli osservatori del settore. La fusione Editis-Hachette Livre preoccupa editori, librai e autori concorrenti. Gli autori di Hachette di fronte all’arrivo della Vivendi di Bolloré, temono la dipendenza da ritorni finanziari sempre più elevati. Bolloré è anche sospettato di perseguire obiettivi politici. Anche sulla concentrazione editoriale in Italia abbiamo già visto mosse simili. Intanto Bernard Arnault, Ceo di Lvmh e azionista di Lagardere si è presentato come un mecenate della stampa e ha sottolineato la necessità che il settore abbia azionisti potenti. Per lui il pluralismo non è a rischio e l’impatto di operazioni di fusione non dovrebbe essere esagerato.

Vivendi è al centro di alcune delle partite finanziarie in Italia che ruotano attorno a Mediaset e a Tim.

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