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Letta Fit For 55

Next Generation, cosa deve fare l’Italia. Parla Enrico Letta

Next Generation Eu rappresenta un'occasione che si presenta una volta sola nell'arco di una generazione e l'Italia non può sprecarla. L'intervista di Michele Guerriero a Enrico Letta, già presidente del Consiglio e ministro, ora direttore della Scuola di Affari Internazionali dell'Istituto di studi politici di Parigi

 

I prossimi passi che l’Italia compirà in Europa saranno determinanti per il corso della nostra storia e di quella europea. Non solo il Recovery Fund, che ormai tutti tirano in ballo in ogni dibattito e in ogni premessa di ragionamento politico ed economico, ma anche la costruzione di meccanismi quali la politica fiscale comune, o la politica di difesa comune.

Per capire meglio quali sono le sfide che attendono il nostro Continente abbiamo deciso di chiedere un parere ad Enrico Letta, già Presidente del Consiglio e Ministro in diversi governi, che attualmente dirige la Scuola di Affari Internazionali dell’Istituto di studi politici di Parigi.

L’Italia, secondo Letta, dovrà coinvolgere le migliori energie e tutti gli attori sociali per raggiungere un risultato conseguente a quello che definisce un “accordo politico storico”, riferendosi al programma Next Generation Eu. Ma vediamo meglio cosa ci ha detto l’ex presidente del Consiglio, Letta.

Con il Consiglio Europeo dello scorso luglio, che ha dato avvio al cosiddetto Recovery Fund, ritiene che l’Europa abbia scelto davvero di entrare nell’età della maturità?

In quel momento l’Europa si è trovata scegliere tra la vita e la morte, e ha scelto la prima. Ha scelto di unirsi e superare alcuni dei suoi tabù esistenziali, come l’ingente emissione di debito comune europeo da distribuire in base alle necessità dei vari paesi. A quell’accordo politico storico, adesso è cruciale fare seguire una rapida messa a terra e un’attenta implementazione; e tutto ciò non è scontato. Serve massima attenzione e non può mancare uno scrutinio democratico di questo processo: per questo credo nell’importanza del ruolo di controllo assunto dal Parlamento europeo.

Si discute di come utilizzare le risorse, ingenti, provenienti dal Recovery Fund. Quali pericoli corriamo come paese che storicamente ha peccato di mancanza di programmazione, per esempio, sui fondi comuni europei?

Serve una visione unitaria che sappia tenere insieme progetti di diversa portata. Non c’è dubbio, ci troviamo in una situazione senza precedenti negli ultimi decenni: mai ci siamo trovati con una disponibilità così ampia di fondi pubblici da investire in così poco tempo. Per questo è vitale coinvolgere tutte le energie del paese, a partire dalle associazioni di categoria e le parti sociali, che durante la pandemia hanno dimostrato di giocare un ruolo fondamentale.

Su quali settori dell’economia pensa sia opportuno investire le risorse che l’Europa ci mette a disposizione?

Next Generation Eu insiste sui due pilastri della sostenibilità e della digitalizzazione. Perché queste due transizioni siano un successo, è necessario gestire in maniera attenta il loro impatto economico e sociale, che sarà tutt’altro che uniforme, con significativi effetti redistributivi. Per questo, serve aggiungere un terzo pilastro: un ripensamento del nostro sistema di welfare per accompagnare al meglio queste grandi transizioni, a partire dalla formazione.

Difesa comune, nello specifico la sicurezza telematica, la cyber security: non rischiamo come europei di rimanere stritolati nella cyber guerra tra Usa e Cina?

Sono proprio i sempre più numerosi e preoccupanti scenari di instabilità geopolitica nel mondo che possono agire da catalizzatore per un’autonomia strategica europea. Mai come oggi vediamo che la difesa dei valori europei coincide con la promozione dei nostri interessi comuni: lo vediamo per la tecnologia, ma anche nel campo della sostenibilità e nella difesa della democrazia e dello Stato di diritto. Passo imprescindibile, però, è dotare l’Ue delle competenze necessarie per essere efficace nella sua azione geopolitica esterna.

Un paese come la Germania, per fare un esempio, forza trainante del Continente, è stato fondamentale per la risoluzione del Consiglio europeo di luglio. Ma allo stesso tempo sulle politiche energetiche si muove da solo, come dimostra la costruzione del gasdotto North Stream 2 e l’accordo in esclusiva con la Russia. Pensa che le due anime della Germania, quale leader dell’Unione Europea e “solista”, possano convivere?

Next Generation Eu è la dimostrazione che la Germania ritiene che un’Europa unita, forte e prospera sia una condizione necessaria per il suo modello economico, che non può più basarsi esclusivamente sulle esportazioni. Al tempo stesso, va detto che non saremmo mai arrivati a questo risultato senza il sistema di alleanze costruito dall’asse dei tre grandi paesi del Mediterraneo: Italia, Francia e Spagna. Questa è la forza dell’Europa: creare alleanze per raggiungere risultati altrimenti irrealizzabili.

(Estratto dell’intervista pubblicata sul quadrimestrale di Start Magazine “Digital Europe – Il ritorno dell’Unione e l’occasione dell’Italia”; qui l’intervista integrale)

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