skip to Main Content

Mps

Mps, Bper, Bpm, Ubi e non solo. Tutti i giudizi più recenti degli analisti sul risiko (vero o finto)

L'approfondimento di Emanuela Rossi

Non solo Intesa-Ubi. Se l’offerta pubblico di scambio lanciata il 17 febbraio scorso è l’indiscussa protagonista delle cronache finanziarie delle ultime settimane – in attesa della sua conclusione il 28 luglio – qualcosa a breve si muoverà anche fra le altre banche italiane. Chiamate, se vogliono essere competitive con quello che diventerebbe il quarto gruppo europeo e con Unicredit, a processi di M&A, ossia di acquisizioni e fusioni.

COSA ACCADRA’ ALL’OPS SU UBI DOPO IL RILANCIO DI INTESA

Il rilancio di Carlo Messina convince gli analisti o meglio li porta a credere che Intesa Sanpaolo riuscirà ad arrivare all’agognato 66,67% e dunque alla maggioranza qualificata (qui i 3 scenari sull’Offerta). Così gli analisti di Hsbc ritengono che la mossa di Ca’ de Sass “convincerà gli azionisti di Ubi a partecipare all’offerta” mentre “Intesa Sanpaolo ha mantenuto tutti gli obiettivi finanziari dell’operazione invariati”. Addirittura Ubs pensa che l’offerta sia ora destinata a “sorprendere il mercato”.

Attualmente, secondo Kepler Cheuvreux, il gruppo lombardo è valutato implicitamente 3,684 euro per azione (4,2 miliardi di euro) sulla base della “quotazione del titolo Intesa di venerdì (17 luglio, ndr) più la componente cash di 0,57 euro (652 milioni di euro per il 100% di accettazione), quindi il 12,7% in più rispetto al prezzo del titolo Ubi Friday”. Insomma, le condizioni migliorate dovrebbero consentire a Messina ottenere “la fusione delle due banche e il raggiungimento di sinergie complete”. Peraltro il prezzo offerto per Ubi (implicito 3,605 euro sulla base di un rapporto di cambio 1,7x e 0,57 euro in contanti) secondo Bank of America è molto più alto della “nostra valutazione di Ubi standalone. Intesa Sanpaolo giustifica un prezzo così alto per le sinergie che si aspetta di ottenere (700 milioni di euro al lordo delle imposte entro il 2024)”.

MPS E LE POSSIBILI CANDIDATE ALLE NOZZE

E se è l’Ops tra Intesa e Ubi a tenere banco in questi giorni non si deve dimenticare che il risiko, vero o finto che sia, ha nelle banche italiane di medie dimensioni altre possibili protagoniste. A cominciare da Montepaschi che dal prossimo anno, come confermato di recente dal ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri, vedrà cominciare l’uscita di Via XX Settembre dal suo capitale. Attualmente il Mef è primo azionista di Siena con il 68%.

Secondo Intermonte, come riferisce l’Ansa, proprio Mps insieme a Banco Bpm, Bper e Creval sono i gruppi per cui il coinvolgimento nel risiko bancario è “più probabile”. E ciò, spiegano gli analisti, “in parte grazie a una valutazione molto bassa (in media un rapporto tra prezzo delle azioni e patrimonio netto tangibile di 0,4 volte), alti badwill (differenza tra valore del patrimonio e prezzo, ndr) e Dta (ossia le attività fiscali differite, ndr) e il bisogno di sfruttare sinergie nell’attuale contesto di bassi tassi e di incombente recessione”.

Non c’è dubbio che “l’offerta di Intesa per Ubi ha dato il calcio d’inizio al processo di consolidamento in Italia” proseguono da Intermonte secondo cui “ci sono tre ragioni per essere più positivi sul settore” ovvero “l’impatto positivo” sul margine di interesse della liquidità a basso costo fornita dalla Bce con i prestiti Tltro III, l’attesa per “un’ulteriore riduzione dello spread Btp-Bund”, l’atteggiamento più accomodante da parte di Francoforte riguardo a fusioni e acquisizioni.

E PER IL TERZO POLO C’E’ CHI GUARDA A BPER COME PROTAGONISTA

A fare da concentratore per il futuro, possibile, terzo polo bancario nostrano sarà Bper secondo Fabrizio Bernardi, analista del gruppo di investimenti Fidentiis, intervistato sul Foglio nei giorni scorsi. “Siena è lontana e la logistica ha un suo peso nelle concentrazioni bancarie anche oggi che siamo nell’epoca digitale. Resto convinto dell’idea che se nascerà un terzo polo bancario sarà tutto nel nord Italia” spiega. Dunque “in prospettiva è Bper a diventare un potenziale soggetto aggregatore. E a metterlo in evidenza è stata l’Antitrust nella relazione con cui ha dato il via libera condizionato a Intesa-Ubi.

Nel provvedimento di chiusura dell’istruttoria, l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato si legge infatti che “la prospettata cessione degli sportelli potrebbe consentire all’acquirente (Bper, ndr) di raggiungere a livello nazionale una quota di mercato paragonabile a quella attualmente detenuta da Ubi, rafforzando il proprio posizionamento competitivo”.

Insomma, non v’è dubbio che “dopo l’operazione Intesa-Ubi, lo scenario di fusioni e acquisizioni è certamente in forte espansione e qualsiasi accordo sembra possibile” prosegue Bernardi che, a proposito di Unicredit, ricorda come l’ad Jean Pierre Mustier “ha sempre ribadito la sua riluttanza a finalizzare qualsiasi accordo di fusione e acquisizione, nazionale o transfrontaliero”.

Invece “un accordo tra Banco Bpm e Bper avrebbe molto più senso  strategico anche in funzione del coinvolgimento di un terzo soggetto che è la Popolare di Sondrio”.  A tal riguardo osserva che “le numerose partnership industriali con Bper suggeriscono che qualcosa potrebbe accadere se la Sondrio non vuole restare relegata in una posizione marginale dopo essersi trasformata in spa”.

Back To Top