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Energia

Che cosa si sta architettando a Bruxelles su Mes e backstop bancario?

Il Mes riformato porta in dote (come un cavallo di Troia) la ridefinizione delle due linee di prestito a favore degli Stati membri. L'analisi di Giuseppe Liturri.

 

È bastato un lancio di agenzia per riaccendere i riflettori su un tema che ha dominato a lungo la scena politica negli ultimi due anni: la riforma del Mes. Radiocor ieri ha riferito che “c’è il chiaro rischio che gli Stati Eurozona non siano in grado di garantire che il ‘backstop’ per la risoluzione bancaria (salvagente finanziario di ultima istanza) sia operativo dal primo gennaio 2022. Lo hanno indicatori fonti informate sulla preparazione delle riunioni dell’Eurogruppo (che si riunirà lunedì a Bruxelles). Il motivo è di tipo ‘procedurale’ e non ‘politico’ hanno aggiunto le stesse fonti. Il processo di ratifica nazionale non è stato infatti completato in tutti gli Stati (tra i quali l’Italia)”.

Sembrano siano stati fatti pochi passi in avanti rispetto al precedente allarme, lanciato ai primi di ottobre, in occasione del quale vi avevamo ampiamente riferito circa le criticità del processo di ratifica da parte dei 19 Stati membri dell’Eurozona.

Allora perché tutta questa agitazione? Ci rifiutiamo di credere che l’eventuale assenza dal 1 gennaio 2022 del “paracadute” (backstop) per il fondo di risoluzione unico delle crisi bancarie possa costituire un problema. Si tratta di un prestito di circa 55 miliardi a cui il fondo potrebbe attingere qualora, dovendo intervenire per risolvere una grande crisi bancaria, esaurisse la propria dotazione (altri 60 miliardi circa). Se ce ne fosse realmente bisogno in fretta, ci sarebbe davvero da preoccuparsi.

Allora giova ricordare che il Mes riformato porta in dote (come un cavallo di Troia) la ridefinizione delle due linee di prestito a favore degli Stati membri. Quella precauzionale (PCCL) e quella di emergenza (ECCL). Con l’essenziale dettaglio che l’accesso alla prima è soggetto a condizioni sulla solidità delle finanze del Paese richiedente, talmente rigide, che oggi l’Italia (e numerosi altri Paesi) ne sarebbe fuori e sarebbe quindi spedita alla ECCL, con conseguente programma di aggiustamento macroeconomico “alla greca”. Giova anche ricordare il recente e strano impeto propositivo del direttore del Mes Klaus Regling a proposito della riforma del Patto di Stabilità. Completa il quadro il recente braccio di ferro – destinato a non esaurirsi – tra i mercati e la presidente della BCE, Christine Lagarde, che ha visto il rendimento del BTP decennale arrivare a sfiorare 1,30%, per poi ripiegare oggi intorno a 0,95%.

Allora si rafforza sempre più l’ipotesi che da Bruxelles, Berlino e Francoforte, intendano tenere il Mes di scorta, pronto a entrare in scena, qualora la BCE fosse costretta a cedere alle pressioni tedesche preoccupate per la recente risalita dell’inflazione.

Si dice che due indizi fanno una prova. Ma qui ne abbiamo già almeno tre.

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