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Sussidi

Perché gli agricoltori in Europa sono in rivolta? Fatti, numeri e analisi

Vanno avanti ormai da più di un mese e si sono allargate a macchia d'olio in tutta Europa. Sono le proteste degli agricoltori, che con i loro trattori sono scesi in strada per farsi sentire fino a Bruxelles. Le richieste, la risposta dell'Ue e i numeri sul settore

 

In principio fu la Germania a dare il via alle proteste degli agricoltori. A metà gennaio, infatti, armati dei loro trattori, i lavoratori dei campi hanno iniziato a bloccare le strade in risposta alla decisione del governo Scholz di tagliare una serie di sussidi al settore, già colpito da un’esasperazione latente causata da una ormai galoppante inflazione conseguente all’esplosione dei costi energetici, da cui era stato in parte esonerato proprio grazie agli aiuti di Stato.

Ora, più di un mese dopo, la rivolta ha contagiato anche Francia (dove le proteste rappresentano un primo test per il nuovo governo di Parigi), Belgio, Italia, Spagna e Romania. Gli agricoltori di tutta Europa si sono dunque uniti per avere risposte sia dai governi nazionali sia dall’Unione europea, considerata responsabile della crisi per le tasse e le regole che impone, oltre che per la mancanza di tutele contro la concorrenza sleale dell’estero.

Ieri, nel tentativo di gettare acqua sul fuoco, la Commissione europea ha infine annunciato alcuni interventi per l’agricoltura.

COSA INQUIETA GLI AGRICOLTORI

Per parafrasare uno degli incipit più noti della letteratura si potrebbe dire che tutti gli agricoltori felici si somigliano e ogni agricoltore infelice è invece infelice a modo suo. Le ragioni dietro le proteste nei vari Paesi sono infatti in parte le stesse e in parte specifiche di ogni realtà.

Ad accomunare la preoccupazione degli agricoltori europei sono però sicuramente la nuova Politica agricola comune (Pac) e il Green Deal.

LA PROPOSTA DI BRUXELLES

Nel tentativo di placare le proteste degli agricoltori, la Commissione europea ieri ha proposto di allentare i requisiti dell’agricoltura verde nell’ambito della Politica agricola comune (Pac).

L’idea è quella di concedere una proroga alla deroga sulle quote di terreno da lasciare a riposo e rinnovare fino a giugno 2025 l’esenzione dai dazi doganali concessa all’Ucraina, assicurando però anche garanzie sulle importazioni per evitare conflitti con gli agricoltori europei.

ALLENTAMENTI SUI TERRENI A RIPOSO

La proroga alla deroga sulle quote di terreno da lasciare a riposo sarebbe limitata a quest’anno e parziale, in quanto permetterebbe agli agricoltori di coltivare colture azotofissatrici (come lenticchie e piselli) o a crescita rapida (ma senza l’utilizzo di pesticidi) in aree che dovrebbero rimanere incolte, pur continuando a beneficiare dei pagamenti diretti.

Infatti, secondo le nuove regole per la Pac, adottate nel 2023, ma in realtà mai entrate in vigore a causa dello scoppio della guerra in Ucraina e alle relative ripercussioni sul mercato, gli agricoltori dell’Ue devono destinare il 4% dei loro terreni alla biodiversità e alla protezione del paesaggio, come siepi e prati incolti, se vogliono accedere ai sussidi agricoli europei.

La deroga deve ora essere discussa dagli Stati membri e, una volta approvata, potrebbe essere applicata retroattivamente a partire dal gennaio 2024.

RESTRIZIONI SUI PRODOTTI UCRAINI

In merito, invece, all’esenzione dai dazi doganali concessa all’Ucraina, la Commissione europea ha proposto di mantenerla fino a giugno 2025, ma con delle limitazioni ad alcuni prodotti per cercare di contenere le proteste degli agricoltori.

Come riferisce Politico, per esempio, “le importazioni di zucchero, pollame e uova ucraine – che lo scorso anno hanno subito un’impennata – saranno limitate ai livelli del 2022 e 2023”. A pesare sulla decisione sono state soprattutto le pressioni di Francia e Polonia.

Anche questa proposta dovrà ora essere approvata dagli Stati membri e dal Parlamento europeo.

Inoltre, la Commissione Ue ha annunciato che applicherà misure simili di esenzione dai dazi al suo accordo commerciale con la Moldavia.

I DATI SULL’AGRICOLTURA TRA TORTI E RAGIONI DEGLI AGRICOLTORI

Come scrive Il Post, “buona parte delle fattorie e delle aziende agricole europee riesce a sostenersi grazie ai fondi europei per l’agricoltura, che ancora oggi rappresentano circa un terzo del bilancio pluriennale dell’Unione Europea” e “circa il 95 per cento delle fattorie o aziende agricole europee è a conduzione familiare e ha un margine economico spesso molto ridotto, anche a causa della frequenza sempre maggiore di eventi estremi causati dal cambiamento climatico e dall’aumento generalizzato dei costi dell’energia”.

Tuttavia, sia Il Post citando il World Economic Forum sia Stefano Feltri in un articolo su Milano Finanza osservano che quello agricolo “è uno dei settori che finora hanno ridotto di meno le proprie emissioni inquinanti” nell’ottica della transizione ecologica.

“L’agricoltura – afferma Feltri – vale l’1,4% del pil europeo ma almeno il 10% delle emissioni inquinanti. Riceve 387 miliardi di sussidi dal bilancio settennale europeo, un terzo delle risorse intermediate dall’Ue. Quegli aiuti europei valgono in media il 23% del reddito degli agricoltori (dato 2020), che hanno comunque salari pari al 45% di quello medio europeo. Tradotto: i contadini guadagnano poco e quel poco è sufficiente solo perché comprende sussidi europei”.

MENO SUSSIDI VUOL DIRE PIÙ IMPORTAZIONI?

L’osservazione che viene fatta a sostegno delle proteste è che i sussidi dunque sono necessari per sfamarci, ma secondo Feltri “non è del tutto vero neanche questo” perché “l’agricoltura europea non è di sussistenza ma in gran parte destinata all’esportazione”.

A riprova di questo propone alcuni dati. “Tra gennaio e settembre 2023 il surplus commerciale del settore agricolo è arrivato a 51 miliardi, in aumento del 18%. Quindi – afferma Feltri – i sussidi non servono a garantire una sorta di autonomia alimentare, visto che l’Ue oggi produce molto più di quello che consuma. E lo produce inquinando troppo”.

Secondo gli agricoltori la transizione ecologica fatta di paletti europei porterà a maggiori importazioni dall’estero ma, stando ai dati riportati su Appunti, “in realtà negli ultimi quattro anni l’export agri-food è cresciuto poco meno dell’import”.

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