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orsini telematiche

La guerra Confindustria-Luiss-Pegaso che imbarazza liberisti, prof, comunicatori e lobbisti

Orsini, presidente di Confindustria, bistratta le università telematiche e provoca un cortocircuito inatteso. Fatti, dichiarazioni, reazioni, omissioni e pezzi maliziosetti nella lettera di Claudio Trezzano

Caro direttore,

da oggi sembra proprio che le università telematiche, finora prosperate nel disinteresse del legislatore, avranno un nuovo cane da guardia intenzionato a non perderle di vista. Un cane da guardia a dir poco inatteso, sarò sincero. Parlo infatti del liberal-liberista Emanuele Orsini che siede alla poltrona più comoda in quel di Viale dell’Astronomia, sede della confederazione degli industriali, non so se mi spiego. Forse sconfortato dal fatto che il ministero competente, pur chiamato a regolamentare quel far west più e più volte raccontato proprio da Start, dopo lunghissime trattative alla fine ha preferito elargire agli 11 atenei virtuali riconosciuti soltanto qualche buffetto al posto dei sonori scapaccioni che da diverse parti s’attendevano, ha deciso di dire la sua e invocare nuovi tagliandi alla normativa appena prodotta.

Mi ha fatto trasalire – e sebbene per motivi diversi credo di essere in buona compagnia – il virgolettato attribuito a Orsini letto per puro caso su OrizzonteScuola: “Farò una grande lotta affinché vengano limitate e regolate”. Parole pronunciate durante l’evento ‘Industria e Università, insieme per l’innovazione’. Parole che sembrano fare da epitaffio a qualsiasi collaborazione, appunto, tra industria e università. Peraltro, quando si parla di innovazione, sappiamo fin troppo bene che le università telematiche sostengono di essere soprattutto questo: innovative.

Non per il presidente degli industriali. Che sembra deciso a scatenare un cortocircuito anche ideologico, considerato che gli atenei virtuali sono massima espressione dell’università privata gestita secondo canoni commerciali da imprenditori e fondi che come solo obiettivo, al netto di tanta reclame, hanno il profitto. E questo dovrebbe essere approvato dalla Bibbia liberal-liberista che ogni presidente di Confindustria tiene sul proprio comodino, no?

La platea, comunque, ha gradito. L’evento del resto era organizzato da Confindustria e dalla Crui. E sappiamo cosa ne pensa la presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane Giovanna Iannantuoni, rettrice della Bicocca, delle rivali digitali.

Orsini ha sottolineato quei dati innegabili che, rimbalzati da più parti, hanno infine spinto il ministero dell’Università ad avviare l’iter per regolamentare la materia che ha portato lo scorso 6 dicembre a un decreto che sembra non aver soddisfatto nessuno, né gli atenei digitali né chi chiedeva regole più serie: secondo il rimbrotto di Orsini, infatti, le università telematiche hanno “un rapporto di un docente ogni 385 ragazzi che vengono formati da un video dove non si tiene in considerazione l’aspetto umano”.

Quindi Orsini si è rivolto addirittura a Roma (passaggio che deve aver fatto imbestialire il settore, che era convinto ormai di avere già dato a livello normativo) auspicando altre riforme del comparto: “Spero che il ministro Bernini metta un occhio veramente in modo rapido e veloce su questa ingiustizia, noi su questo faremo un focus, lo faremo in maniera seria. Lo dico a tutti i genitori, abbiamo sul territorio nazionale delle università  eccellenti, chi parla con uno studente deve capire da che tipo di ateneo è uscito. C’è una differenza, deve essere marcata”.

Se la platea, si diceva, ha gradito, United (Università Italiane Telematiche e Digitali), l’associazione di riferimento, ha invece impugnato la baionetta: “Apprendiamo con sorpresa e sgomento le dichiarazioni del presidente Orsini”, la nota rilasciata a stretto giro nella quale sottolineava come le università online intercettino le esigenze di oltre 250.000 studenti, il 13% del totale.

Non mancano, peraltro, nella replica le stoccate: “Dispiace che queste frasi provengano dal presidente dell’associazione italiana degli imprenditori – proprietaria dell’Università Luiss Guido Carli – che tante volte ha sottolineato la centralità della formazione continua nell’odierno mercato del lavoro”.

Quello che non poteva dire United (non fosse altro perché come avevamo raccontato è stata voluta proprio da Multiversity) viene scritto invece su Lettera43 che infatti madronianamente velenoso titola: “Orsini attacca le università telematiche ma è partner di Multiversity”. Ancora più duro il catenaccio: “Il presidente degli Industriali spara a zero contro gli atenei online ma dimentica che, attraverso il Sole 24 Ore, Confindustria è socia del gruppo proprietario di Pegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma…”.

L’articolo riporta in modo graffiante l’affondo di Orsini: “L’ultima crociata dell’industriale emiliano ha messo nel mirino le università telematiche. Forse perché, sussurrano i maligni, la Luiss, ovvero l’ateneo controllato da viale dell’Astronomia, non sta passando i suoi momenti migliori. «Farò una grande lotta contro l’università telematica», ha dichiarato il capo degli imprenditori (che per inciso, come il suo predecessore, non è laureato) intervenendo al convegno ‘Industria e Università, insieme per l’innovazione’, organizzato dall’associazione degli industriali e Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane, per rilanciare la collaborazione tra il mondo accademico e quello industriale”.

L43 più che dare conto delle frasi di Orsini insiste appunto sulla parentela con Multiversity: “Di fronte alle sue dure parole, i partecipanti al convegno hanno cominciato a darsi di gomito. E a sussurrare una domanda: ma questo Orsini che spara sulle telematiche è lo stesso che attraverso il Sole 24 Ore, giornale della casa, partecipa alla joint venture con il gruppo Multiversity (Pegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma), uno dei principali attori del mercato delle università telematiche controllato dal fondo inglese Cvc, da cui è nata Sole 24 Ore Formazione, scuola di formazione manageriale e imprenditoriale? C’è dunque da immaginare l’entusiasmo con cui Multiversity ha accolto le parole del suo socio così animatamente impegnato a darsi la zappa sui piedi”.

Il cortocircuito creato da Orsini, l’ho scritto subito, è di quelli molto seri. E non solo per questioni ideologiche, bensì assai più concrete e basse. Ad esempio ci sono comunicatori e lobbisti in ambasce visto che seguono-curano la comunicazione e non solo di alcuni dei litiganti. A margine, inoltre, c’è da annotare che proprio il Sole, tirato in causa da L43, secondo i risultati che Google (non) restituisce ha preferito evitare di trattare il tema. Comunque è indubbio che proprio Multiversity fa vedere rosso a tutti coloro che osteggiano le università telematiche. Ti leggo ciò che scrivevano in merito Flc Cgil che si sono a lungo occupati della questione, redigendo report ben documentati sulle mancanze degli atenei digitali: “Multiversity, ha trasformato le sue università in società di capitali, costruendo una strategia industriale focalizzata su centri territoriali in franchising (learning point) e l’accompagnamento agli esami, anche oltre il lecito (esami on line da casa; esami standardizzati a scelta multipla; diffusione di panieri con le risposte, stile esame per la patente)”.

Insomma, proprio ora che persino l’aulico mondo culturale italiano, ben rappresentato da pesi massimi quali Fondazione Einaudi e Istituto Bruno Leoni, aveva spalancato le proprie porte alle università telematiche che da sempre lamentano di soffrire lo stigma di essere considerate formazione di serie C e che Bernini aveva accomodato la questione, scontentando tutti, Orsini agita le acque del nostro placido e sonnacchioso stagnerello, pigliandosi però schiaffi da chiunque, persino dai media e mandando nel panico, con le sue minacce di invocare ulteriori strette direttamente al dicastero competente, davvero tutti, forse pure chi, nel mondo della Luiss si appoggia a quelle società di comunicazione che lavorano pure per gli atenei digitali…

All’inizio dell’anno accademico ne vedremo delle belle.

Un saluto

Claudio Trezzano

Ps: mi sorge un dubbio, ma Marcella Panucci, ex direttore generale di Confindustria, ha lasciato l’incarico di capo di gabinetto del Mur di Bernini per codeste faccende? Ah saperlo, diceva Dagospia quando era ancora Dagospia (che da tempo silenzia ogni polemica sulle telematiche private, chissà perché)

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