Sl pacchetto del jobs act, su di esso si scatenano le accuse di aver ridotto le tutele contro il licenziamento e le coperture degli ammortizzatori sociali (stendendo un velo d’oblio sulla loro estensione tendenzialmente universalistica) e di aver ampliato il c.d. precariato. Non conta dire – statistiche alla mano – che il tasso d’occupazione è tornato ai livelli del 2008. Banditi i voucher, ridimensionate le collaborazioni, ora sono imputati i contratti a termine, prevalenti nei flussi, ma sostanzialmente allineati con gli standard europei negli stock.
Ma è utile fare anche un po’ di confronti internazionali per capire come davvero stanno le cose. Nel 2016, l’anno di cui si hanno i dati un po’ di tutti i Paesi, l’occupazione a tempo indeterminato è stata in Italia pari all’86,0%, sopra la media europea che è risultata pari all’84,4%. Stiamo peggio della Germania, che ha a tempo indeterminato l’86,8% dei suoi occupati, ma meglio della Francia (83,9%), della Svezia felix (83,9%) e dell’Olanda (79,4%).