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Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm e Ubi. Come andranno gli stress test dell’Eba

Fatti, analisi e scenari sull'esame dell’Eba che riguarderà 48 banche europee (37 vigilate da Bce, tra cui le italiane Unicredit, Intesa Sanpaolo, Ubi e Banco Bpm)

Tra meno di una settimana, venerdì 2 novembre alle 18, saranno pubblicati i risultati degli stress test sulle maggiori banche europee, in una fase in cui i gruppi italiani sono finiti di nuovo sotto la lente dei mercati.

I TEST EBA SU 37 BANCHE TRA CUI INTESA SANPAOLO, UNICREDIT, UBI E BANCO BPM

Stavolta il problema non sono più i crediti deteriorati, il cui ammontare è diminuito in modo rilevante, ma l’aumento dello spread italiano, che riduce il capitale e rende la raccolta più complicata e costosa.

TUTTI I NUMERI AL CENTRO DEI TEST EBA

Negli esami tuttavia saranno stressati i bilanci sulla base della fotografia di fine 2017, quindi non saranno considerati i movimenti più recenti. Nel settore bancario si ritiene che i risultati saranno nel complesso positivi, nonostante alcune richieste dei supervisori giudicate severe sul rischio di credito e sul margine di interesse.

GLI SCENARI POST STRESS TEST EBA

Solo nell’eventualità (improbabile secondo gli operatori) di deficit legati agli scenari avversi si aprirebbero spazi per ricapitalizzazioni precauzionali da parte dello Stato, come quelle ipotizzate nei giorni scorsi da Lega e Cinque Stelle (sull’esempio di quanto accaduto a Mps dopo il precedente stress test).

NON SOLO BANCHE ITALIANE

Sarebbe un errore però limitare lo sguardo ai risultati delle banche italiane. Gli esiti dei gruppi francesi e tedeschi, in particolare, aiuteranno a capire in quale modo siano stati considerati dalle autorità i rischi di mercato diversi da quelli sui titoli di Stato. L’ultimo Global Financial Stability Report del Fmi ha per esempio osservato che in Europa, più che in ogni altra area geografica nel mondo, è significativo il pericolo dei titoli illiquidi di livello 2 e 3.

NEL MIRINO ANCHE GLI ISTITUTI FRANCESI E TEDESCHI

Lievi variazioni del valore di questi strumenti causerebbero una riduzione significativa del capitale per alcune banche: il Fmi non ha indicato i nomi degli istituti, ma è noto che i più esposti siano quelli francesi e tedeschi. Nei prossimi mesi peraltro i mercati potrebbero subire contraccolpi dall’aumento dei tassi americani, dalla guerra dei dazi e dal rallentamento della crescita in Cina e in altre aree. Sarà perciò necessario verificare la resistenza allo stress delle banche esposte sui rischi finanziari, anche per valutare la credibilità e l’omogeneità della prova.

I DUBBI DEL PROF RESTI

In tal senso sono state espresse perplessità in alcuni report indirizzati al Parlamento Ue. In particolare Andrea Resti, docente della Bocconi, ha evidenziato che alcune disposizioni potrebbero rivelarsi particolarmente vincolanti per le banche commerciali che trasformano i depositi in prestiti. Al contrario, sui titoli di livello 2 e 3 (per i quali non è possibile individuare prezzi di mercato) ci si affida ai modelli interni delle banche, che sono difficili da contestare, motivo per cui i supervisori spesso rinunciano a farlo.

IL FALSO SENSO DI SICUREZZA

Perciò secondo Resti esiste il pericolo che lo stress test possa fornire un «falso senso di sicurezza» sulla resilienza di istituti che detengono un portafoglio considerevole di strumenti finanziari illiquidi (per la prima volta inclusi nell’esame). Anche riguardo a rischi legali e possibili multe l’approccio seguito dall’esame è considerato blando.

UN’ALTRA ANALISI CRITICA

Un’altra analisi di Brunella Bruno ed Elena Carletti ha osservato che la regola dei bilanci statici (secondo cui i banchieri non reagirebbero in alcun modo a situazioni di crisi) rende gli esiti della prova maggiormente comparabili, ma a danno della loro credibilità.

LA METODOLOGIA DEGLI STRESS TEST

Secondo quanto previsto nella metodologia, il prossimo stress test sarà in assoluto il più severo sulle banche europee in termini di deviazione del pil ipotizzata rispetto alle attese. La differenza cumulata al 2020 per il prodotto interno lordo Ue è dell’8,3%. La deviazione del pil italiano è inferiore alla media (6,5%): il Paese tuttavia parte da attese di crescita più basse e quindi alla fine l’andamento del pil ipotizzato è allineato alla media europea (-2,7% cumulato nei tre anni), come risultato di un calo del pil dello 0,6% nel 2018, dell’1,5% nel 2019 e dello 0,6% nel 2020. Questi numeri si confrontano con un pil italiano invece atteso in crescita dell’1,4% nel 2018 e dell’1,3% annuo nel 2019 e nel 2020. Per Germania e Francia si ipotizza una caduta cumulata in tre anni del pil rispettivamente del 3,3% e dell’1,5% (con deviazione dalle attese rispettivamente dell’8,6% e del 6,4%).

ECCO LE BANCHE SOTTO ESAME

L’esame dell’Eba, che riguarderà 48 banche europee (37 vigilate da Bce, tra cui le italiane Unicredit, Intesa Sanpaolo, Ubi e Banco Bpm), non si basa solo sulle ipotesi di recessione ma anche su altri rischi nel triennio in Europa, tra cui un aumento medio della disoccupazione del 3,3%, un’inflazione più bassa dell’1,9%, prezzi residenziali inferiori del 28% rispetto alle attese. Non si considera la Brexit, ma le conseguenze sono incluse indirettamente negli scenari ipotizzati. Per la prima volta sarà considerato il nuovo principio contabile Ifrs9. Come nella precedente prova, inoltre, non è prevista una soglia di capitale da superare.

LO SCENARIO

Quindi formalmente nessuna banca verrà bocciata. In ogni caso gli esiti degli stress test confluiranno nei requisiti di secondo pilastro (nella parte non vincolante deli Srep). Gli istituti saranno obbligati a coprire il deficit rispetto ai minimi patrimoniali nello scenario base, mentre sull’eventuale fabbisogno nello scenario avverso la Bce deciderà caso per caso. In parallelo Francoforte condurrà propri stress test per gli istituti vigilati direttamente che non sono coperti dall’analisi dell’Eba.

(articolo pubblicato su Mf/Milano Finanza)

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