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Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi Banca, Banco Bpm, Mps e Bper. Come stanno le banche secondo Bruxelles e Bankitalia

I numeri di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi Banca, Banco Bpm, Mps e Bper. I giudizi della Commissione europea sul sistema bancario italiano. Le parole del governatore della Banca d'Italia. Il punto sulle banche italiane

 

Qualche progresso nella riparazione dei bilanci è stato fatto ma non è sufficiente a causa della pressione del mercato. Le banche italiane soffrono ancora a livello patrimoniale e di redditività e devono aumentare efficienza e ottimizzazione del livello di business.

A dirlo è stata la scorsa settimana la Commissione europea che, nel Rapporto sull’Italia, ha parlato anche del nostro sistema del credito e delle difficoltà derivanti dalla sua “elevata esposizione al debito sovrano”.

Parole che non devono aver stupito particolarmente il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il quale nelle ultime Considerazioni finali aveva notato che, sebbene “il rafforzamento dei bilanci delle banche italiane sia proseguito nel 2018, gli effetti della crisi non sono ancora pienamente riassorbiti”. Secondo il numero uno di Palazzo Koch, inoltre, “le prospettive per le banche rimangono strettamente legate all’andamento dell’economia e alla percezione del ‘rischio paese'”.

Anche sul fronte delle sofferenze, la cui “continua riduzione dello stock” per Bruxelles “rimane giustificata soprattutto per le banche di piccole e medie dimensioni”, occorre attenzione: perché se è vero – come aveva evidenziato Visco – che “la consistenza delle esposizioni deteriorate si è ridotta in modo considerevole soprattutto a seguito di importanti operazioni di cessione” ciò tuttavia “non significa che l’economia italiana sia migliorata, perché non è spostando gli Npl da un soggetto all’altro che si migliora la qualità dei pagatori, per cui la debolezza finanziaria del sistema economico italiano purtroppo rimane”.

Parole, queste ultime, del centro studi Uilca “Orietta Guerra” che ha anche lanciato un avvertimento: “La cessione degli Npl rischia di mettere in ginocchio le piccole medie imprese, la fascia più presente nel mercato italiano, dalle quali le banche si erano allontanate per operare con le grandi imprese. Non si può pensare di applicare lo smaltimento rapido dei crediti deteriorati senza un’attenta e precisa visione complessiva del problema”, si legge nelle conclusioni della ricerca sui maggiori dieci istituti di credito italiani tra cui Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi Banca, Banco Bpm, Mps e Bper.

COSA HA DETTO LA COMMISSIONE UE NEL RAPPORTO SULL’ITALIA

Ma vediamo in dettaglio cos’ha detto la Commissione europea sul nostro sistema del credito. “Le banche italiane hanno continuato a compiere buoni progressi nella riparazione del loro bilancio nonostante la rinnovata pressione del mercato. Tuttavia, a causa della loro elevata esposizione al debito sovrano, la volatilità del mercato ha influenzato negativamente le loro posizioni patrimoniali, mettendo sotto pressione i costi di finanziamento e rendendo più difficile il loro accesso a finanziamenti all’ingrosso non garantiti”.

Nel suo Rapporto sull’Italia Bruxelles ha sottolineato come “la continua riduzione dello stock di crediti in sofferenza e prestiti improbabili a pagamento rimanga giustificata soprattutto per le banche di piccole e medie dimensioni al fine di salvaguardare ulteriormente la stabilità finanziaria e rafforzare l’estensione del credito all’economia”. Sempre parlando di piccoli istituti, viene apprezzato il fatto che facciano progressi nel soddisfare i requisiti di finanziamento normativo perché in tal modo si “aumenterebbe anche la capacità del sistema di reagire agli shock esterni”.

Per la Commissione è ora decisamente “importante” che si affronti il problema della “redditività strutturalmente bassa delle banche, aumentando l’efficienza e l’ottimizzazione del modello di business”. Un riferimento è arrivato anche riguardo al risarcimento concesso dallo Stato agli azionisti e ai detentori al dettaglio di debiti subordinati di banche soggette a procedure di liquidazione amministrativa che “dovrebbe essere strettamente mirato a far fronte agli effetti sociali dei passati ‘misselling‘ (ovvero la vendita fraudolenta da parte delle banche di azioni e obbligazioni a persone non informate del rischio, ndr)”.

Bruxelles ha chiesto poi di completare la riforma del 2015 delle banche cooperative sì da migliorare la governance del sistema bancario e richiama l’attenzione sui problemi per l’accesso al credito delle piccole imprese “soprattutto nel Sud”. “Il mercato dei capitali – ha scritto la Commissione – è sottosviluppato rispetto agli altri Stati membri, anche a causa di fattori che limitano la domanda, come la scarsa istruzione finanziaria, il timore di perdere il controllo sulle imprese e gli onerosi requisiti amministrativi”. Non sono sufficienti insomma le misure introdotte negli ultimi anni sebbene “il mercato degli investimenti alternativi, il capitale di rischio e il sostegno pubblico diretto abbiano aiutato le imprese più innovative ad accedere ai finanziamenti”.

COSA HA DETTO VISCO NELLE CONSIDERAZIONI FINALI DI QUEST’ANNO

Come dicevamo, il 31 maggio scorso Visco aveva sottolineato come “anche se il rafforzamento dei bilanci delle banche italiane sia proseguito nel 2018, gli effetti della crisi non sono ancora pienamente riassorbiti e rallentano la reazione degli intermediari ai profondi cambiamenti nella struttura del mercato, nelle abitudini della clientela, nella regolamentazione finanziaria, nella tecnologia. Come nel resto dell’area dell’euro – rilevava il governatore – la redditività, pure in ripresa, resta bassa e l’incidenza dei costi operativi stenta a ridursi: il rapporto tra costi e ricavi è ancora elevato (66 per cento) e il rendimento del capitale (5,7 per cento) resta inferiore a quello che gli investitori chiederebbero per sottoscrivere azioni di nuova emissione”. Risultato: “Il divario, che risente anche del più elevato ‘rischio paese’, ostacola l’accesso al mercato e il rafforzamento della base patrimoniale degli intermediari italiani”. Secondo Visco, inoltre, “le prospettive per le banche rimangono strettamente legate all’andamento dell’economia e alla percezione del ‘rischio paese’, che si riverberano sulla qualità degli attivi e sul costo da sostenere per reperire risorse sui mercati”.

Sul fronte della qualità del credito bancario, Visco aveva affermato che “i progressi continuano”. “Grazie anche al miglioramento della congiuntura, negli ultimi anni il tasso di deterioramento dei finanziamenti è sceso su valori inferiori a quelli osservati prima della crisi; nel primo trimestre di quest’anno è stato pari all’1,3 per cento. La consistenza delle esposizioni deteriorate si è ridotta in modo considerevole – aveva continuato – soprattutto a seguito di importanti operazioni di cessione; in complesso queste hanno riguardato 26 miliardi di prestiti deteriorati nel 2016, 42 nel 2017 e 55 nel 2018. Spinto dalle pressioni delle autorità di vigilanza, l’aumento delle vendite è stato favorito dai progressi delle banche nel fornire informazioni dettagliate sulle caratteristiche delle esposizioni e dallo sviluppo degli operatori specializzati nelle attività di recupero. Il tasso di copertura ha raggiunto il 52,7 per cento alla fine del 2018, un valore superiore di 6 punti percentuali a quello medio delle maggiori banche dell’area dell’euro. Il rapporto tra le esposizioni deteriorate e il totale dei finanziamenti è sceso, al netto delle rettifiche di valore, al 4,3 per cento per il complesso delle banche, dal 9,8 di fine 2015; secondo i piani richiesti dalla Vigilanza a tutti gli intermediari dovrebbe arrivare intorno al 3 per cento alla fine del 2021”.

Restando in argomento il governatore della Banca d’Italia aveva chiarito che “con il calo delle sofferenze conseguito negli ultimi anni, oltre la metà dei prestiti deteriorati netti delle banche è oggi costituita da esposizioni verso imprese in situazione di temporanea difficoltà (le cosiddette inadempienze probabili)” e auspicato che si agisse “per favorirne il più possibile il rientro in bonis; come avviene in altri paesi, il ricorso a operatori specializzati, quali i fondi di turnaround, può fornire, eventualmente in associazione con le stesse banche, risorse e conoscenze funzionali al rilancio delle aziende in difficoltà”.

QUALCHE NUMERO

Anche il 2019 pare non essersi aperto sotto una buona stella. L’analisi dei conti economici del primo trimestre del 2019 dei dieci principali istituti di credito italiani, realizzata sempre dal centro studi Uilca, ha infatti evidenziato un calo dell’utile complessivo, rispetto allo stesso periodo del 2018, di 375 milioni di euro. Le principali voci del conto economico di questi gruppi – tra cui Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi Banca, Banco Bpm, Mps e Bper – hanno mostrato una continua contrazione sia nei ricavi sia nei costi.

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