Google ha licenziato almeno duecento dipendenti dei suoi team “Core”, quelli cioè che si occupano di sviluppare i sistemi alla base dei prodotti tecnologici dell’azienda (ad esempio gli sviluppatori Python) e di garantire la sicurezza online degli utenti. Come ha rivelato CNBC, che ha avuto accesso a una serie di documenti interni, una parte di questi posti di lavoro verrà delocalizzata in India e in Messico.
In un’e-mail ai dipendenti, Asim Husain – è vicepresidente di Google Developer Ecosystem – ha spiegato che la società vuole “mantenere la nostra attuale impronta globale, espandendoci allo stesso tempo in località con forza lavoro in forte crescita, in modo da poter operare più vicino ai nostri partner e alle comunità di sviluppatori”.
I TAGLI DI ALPHABET (GOOGLE)
È dall’inizio del 2023 che Alphabet, la società madre di Google, sta portando avanti una grossa riduzione degli organici: circa un anno fa annunciò appunto il licenziamento di 12.000 dipendenti, ovvero il 6 per cento della sua forza-lavoro totale. I tagli erano stati giustificati con la flessione del mercato della pubblicità online; di recente l’online advertising si è ripreso, eppure Alphabet sta continuando a licenziare.
A metà aprile la direttrice finanziaria Ruth Porat ha fatto sapere che il dipartimento finanziario della società verrà sottoposto a un intervento di ristrutturazione: ci saranno cioè licenziamenti e spostamenti di posizioni a Bangalore (nell’India meridionale) e a Città del Messico. A marzo Prabhakar Raghavan, responsabile del motore di ricerca Google Search, aveva spiegato l’intenzione di Google di creare team più vicini agli utenti dei mercati chiave, come l’India e il Brasile, dove il costo del lavoro è più basso rispetto agli Stati Uniti.
EPPURE ALPHABET CRESCE
Come fa notare CNBC, il licenziamento di duecento persone giunge in un periodo di forte crescita per Alphabet: non solo il tasso di crescita è il più rapido dall’inizio del 2022, ma sono anche migliorati i margini di profitto. Nel primo trimestre del 2024 la società ha registrato un aumento del 15 per cento delle entrate su base annua e ha annunciato sia il suo primo dividendo, sia un programma di riacquisto di azioni da 70 miliardi di dollari.
INTELLIGENZA ARTIFICIALE E REGOLAZIONE
Nelle comunicazioni ai dipendenti, la dirigenza di Google spiega che i licenziamenti e i ricollocamenti “sono al servizio dei nostri obiettivi più ampi”: l’azienda sta puntando parecchio sull’intelligenza artificiale – a febbraio, per esempio, ha annunciato grandi modifiche al suo chatbot Bard, ora chiamato Gemini – e per questo avrebbe necessità di rendere più efficienti i team di sviluppatori. “I recenti progressi dell’intelligenza artificiale generativa nel settore [tecnologico, ndr], tra cui Gemini di Google, stanno cambiando la natura stessa dello sviluppo del software così come lo conosciamo”, ha scritto Husain nell’e-mail.
I licenziamenti riguardano però anche i team dedicati alla governance e alla protezione dei dati, particolarmente importanti visto l’inasprimento del contesto regolatorio: da marzo nell’Unione europea è entrato in vigore il Digital Markets Act, la legge sulla promozione della concorrenza nei mercati digitali che impone alle grandi compagnie tecnologiche (le cosiddette “Big Tech”: non solo Alphabet ma anche Amazon, Apple, Meta…) di non privilegiare i propri servizi sulle loro piattaforme rispetto a quelli delle altre aziende.
GOOGLE VORREBBE NUOVE POLITICHE SULL’IMMIGRAZIONE
Nonostante i tagli, Google e le altre società tecnologiche statunitensi stanno facendo fatica ad assumere personale specializzato nell’intelligenza artificiale. Per questo, il colosso di Mountain View ha chiesto al governo statunitense di rivedere le politiche sull’immigrazione in modo da favorire l’ingresso nel paese di lavoratori stranieri formati sull’intelligenza artificiale e sulla cybersicurezza.
Karan Bhatia, responsabile degli affari governativi di Google, ha dichiarato a The Verge che “è ampiamente riconosciuto che c’è una carenza globale di talenti nel campo dell’intelligenza artificiale, ma resta il fatto che gli Stati Uniti sono uno dei luoghi dove è più difficile portare talenti dall’estero. Rischiamo di perdere alcune delle persone più ricercate al mondo”.