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Fuori i lavoratori, dentro l’IA. Anche Google assume intelligenze artificiali

Google continua la dieta per la competitività: dopo aver licenziato circa 12.000 persone nel gennaio 2023 (il 6% della sua forza lavoro), il colosso di Moutain View quest'anno lascerà a casa altro personale, da sostituire con l'IA

Le prime a licenziare personale da sostituire con gli algoritmi dell’intelligenza artificiale sono state le Big Tech cinesi. Non aveva sorpreso nessuno: i bassi costi della manodopera locale e i diritti tendenti allo zero dei lavoratori di Pechino e d’intorni hanno reso assai facile la vita a tutti gli imprenditori senza scrupoli che hanno deciso di sostituire gli impiegati con gli algoritmi, allettati dai facili risparmi. E Google è la prima software house occidentale a seguire l’esempio cinese, licenziando lavoratori da sostituire con l’IA.

LA CASSANDRA CINESE

Secondo il report di Rest of World nel Paese asiatico la ricerca di illustratori professionisti per videogiochi è diminuita del 70% a causa delle intelligenze artificiali. E a nulla sono valse, per ora, le proteste dell’utenza, specialmente nel campo videoludico, in cui migliaia di videogiocatori hanno provato a boicottare titoli realizzati col contributo dell’intelligenza artificiale: la sola volta che il partito comunista è intervenuto sul punto, infatti, è stato per ricordare che le opere d’ingegno, create dall’IA o dall’uomo, devono comunque ispirarsi ai valori fondanti del socialismo.

La Cina, nella sua spietatezza, si sta rivelando uno specchio deformato in grado di mostrarci quello che potrebbe accadere da noi nel giro di pochi mesi se il legislatore non interverrà per disinnescare la nuova bomba sociale la cui miccia sembra essere stata accesa da ChatGpt e soci.

GOOGLE LICENZIA LE INTELLIGENZE UMANE PER TENERE L’IA

“Ogni anno, seguiamo un processo rigoroso per strutturare il nostro team in modo da fornire il miglior servizio ai nostri clienti Ads. Come parte di questo, alcune centinaia di posti di lavoro sono stati tagliati a livello globale”. Questo è il ferale messaggio attraverso il quale il proprietario della principale piazza del Web comunica i licenziamenti in corso, la cui portata al momento resta indefinita.

Il colosso guidato da Sundar Pichai, impegnato in una strenua competizione con il Bing di Microsoft potenziato dall’IA di ChatGpt, sta ottimizzando la propria organizzazione, automatizzando numerose mansioni di tipo amministrativo e creativo.

Alla luce di questo pare persino beffardo il periodo successivo del comunicato nel quale l’azienda rassicura i licenziati cui ha appena dato il benservito: “I dipendenti interessati potranno candidarsi per posizioni aperte all’interno del team o altrove in Google”.

LA CORSA DI GOOGLE VERSO L’IA

La scorsa settimana, Google Cloud ha annunciato nuove soluzioni di intelligenza artificiale e intelligenza artificiale generativa “per aiutare i rivenditori a personalizzare lo shopping online, modernizzare le operazioni e trasformare l’implementazione di nuove tecnologie in-store”.

I nuovi strumenti consentono ai retailer di creare agenti virtuali in grado di interagire con i consumatori su siti web e app mobile, in modo molto più sofisticato rispetto ai chatbot senza AI generativa, emulando il supporto fornito da un essere umano.

COSA RISCHIAMO SENZA INTERVENTI DEL LEGISLATORE?

Secondo uno studio francese circa 800.000 posti di lavoro potrebbero essere distrutti dall’intelligenza artificiale generativa in Francia entro la fine del decennio – e le donne saranno tra le più colpite.

Recentemente, il 2 novembre scorso, pure Elon Musk, in passato investitore in OpenAI – la società di Sam Altman che minaccia di rivoluzionare il mercato del lavoro odierno – e oggi nell’agone con la sua startup sull’IA -, ha vaticinato che alla fine arriverà un momento in cui non sarà più “necessario” il lavoro umano.

Tornando allo studio francese, che ci interessa perché, aprendo uno spaccato sulla Francia, tratta un mercato del lavoro molto simile al nostro, non solo vicino dal punto di vista geografico, i più colpiti saranno i lavori amministrativi (199.000), i servizi di contabilità (140.000), gli impiegati (100.000) e i receptionist (80.000) tra quelli che hanno maggiori probabilità di essere automatizzati.

NON SI SALVA PROPRIO NESSUNO?

Non verranno risparmiate nemmeno le mansioni maggiormente creative, come i giornalisti (50.000 posti di lavoro per tutte le professioni legate alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione), gli sceneggiatori o i grafici. L’IA generativa non produce solo testo, ma anche voce e immagini. Il gender gap persevera anche con l’IA: il gentil sesso ha maggiori probabilità di essere colpito rispetto agli uomini. Circa il 36% delle donne è maggiormente esposto allo sviluppo dell’IA generativa nel proprio lavoro, rispetto al 30% degli uomini.

Forse anche per questo che dovremmo guardare con sospetto agli incontri tra i leader delle Big Tech Usa e i capi di governo europei e auspicare, quanto prima, normative che spuntino i rischi di licenziamenti di massa nelle imprese, nazionali ed estere, a favore delle intelligenze artificiali.

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