Mai si è parlato così tanto di intelligenza artificiale generativa. Dal 17 novembre, il destino di Sam Altman, l’uomo a capo dell’azienda che ha creato il software ChatGPT – in grado di produrre testi in linguaggio naturale, in base alla richiesta dell’utente – è stato oggetto di titoli ininterrotti – scrive Le Monde.
Non solo perché il capo di una start-up valutata quasi 90 miliardi di dollari (82 miliardi di euro) è stato (temporaneamente) licenziato, ma anche perché gli strumenti che sta sviluppando – capaci di scrivere un saggio al posto di uno studente, una sceneggiatura al posto di uno sceneggiatore o di consigliare un assicurato al posto di un interlocutore umano – sembrano in grado di cambiare la traiettoria dell’economia globale.
Recentemente, il 2 novembre, Elon Musk, anch’egli investitore in OpenAI, la società di Sam Altman, ha stimato che alla fine arriverà un momento in cui non sarà più “necessario” il lavoro umano. Questa osservazione è smentita da un rapporto pubblicato il 17 novembre da Roland Berger, che si concentra sulla sola Francia.
Un terzo delle professioni si troverà di fronte a questa situazione
Questo rapporto descrive in dettaglio l'”esposizione” dell’intero settore economico francese all’IA generativa, suddividendolo in 400 professioni e descrivendo per ognuna di esse ogni compito che potrebbe essere automatizzato – in altre parole, svolto da un robot – o migliorato grazie all’uso di queste tecnologie. Maggiore è la percentuale di compiti che potrebbero essere automatizzati, maggiore è il rischio che il lavoro scompaia.
Nel caso di una segretaria, ad esempio, uno o più programmi software potrebbero occuparsi di compiti quali la verbalizzazione delle riunioni, la gestione dell’agenda, la redazione di moduli standard e la risposta alla posta di routine. D’altro canto, potrebbe essere ancora necessaria la presenza dell’IT per le funzioni a più alto valore aggiunto, come ricevere i visitatori, rispondere alle chiamate importanti o organizzare fisicamente le riunioni.
La prima constatazione è che un terzo delle professioni sarà confrontato, positivamente o negativamente, con l’emergere di questa tecnologia nel breve periodo, da qui al 2030 circa. “L’impatto è significativo, ma nonostante ciò è improbabile che molte professioni vedano cambiare le proprie mansioni nei prossimi anni”, sottolinea Laurent Benarousse, direttore generale di Roland Berger France.
Le donne sono più colpite degli uomini
Le professioni più manuali sono ovviamente quelle più risparmiate da questa rivoluzione tecnologica: il ChatGPT non sostituirà un idraulico, un falegname o un parrucchiere, anche se, a margine, le aziende potranno utilizzare questo tipo di tecnologia per funzioni accessorie (fissare appuntamenti, redigere documenti, ecc.).
Resta il fatto che 800.000 posti di lavoro rischiano di essere distrutti dall’intelligenza artificiale generativa in Francia alla fine del decennio. I più colpiti saranno i colletti bianchi. Roland Berger elenca i lavori amministrativi (199.000), i servizi di contabilità (140.000), gli impiegati (100.000) e i receptionist (80.000) tra quelli che hanno maggiori probabilità di essere automatizzati.
Non sono risparmiate nemmeno le funzioni creative, come i giornalisti (50.000 posti di lavoro per tutte le professioni legate alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione), gli sceneggiatori o i grafici. L’IA generativa non produce solo testo, ma anche voce e immagini.
Anche le donne hanno maggiori probabilità di essere colpite rispetto agli uomini. Circa il 36% delle donne è esposto allo sviluppo dell’IA generativa nel proprio lavoro, rispetto al 30% degli uomini.
Sostituzioni
Il numero di posti di lavoro che potrebbero essere “aumentati”, grazie all’IA generativa che si occuperebbe di alcune mansioni a basso valore aggiunto, potrebbe arrivare a 1,4 milioni. Così le persone potrebbero diventare più produttive. Un insegnante, ad esempio, potrebbe generare istantaneamente un dettato adatto alle particolari difficoltà di ogni suo alunno. Un falegname potrebbe utilizzare questi nuovi strumenti per produrre rapidamente piani e specifiche.
“Le aziende stanno valutando come migliorare la loro produttività utilizzando questi strumenti, ma aumentare la produttività non significa necessariamente ridurre l’occupazione. È questo il punto”, insiste Benarousse. “Non crediamo che l’impatto sul volume complessivo dell’occupazione in Francia sarà massiccio, ma siamo convinti che ci saranno delle sostituzioni e che domani alcune persone faranno qualcosa di diverso da quello che fanno oggi. Prima di fare un paragone con la rivoluzione digitale: Questa ha trasformato enormemente la nostra economia, ma la disoccupazione non è aumentata a causa di essa, anzi”.
(Estratto dalla rassegna stampa estera a cura di eprcomunicazione)