skip to Main Content

Industria

Tutti i problemi dell’industria chimica in Germania

Cosa dicono le stime dell'Ifo sull'industria chimica e sulla situazione del mercato del lavoro in Germania. L'articolo di Pierluigi Mennitti.

Illuminazioni cittadine ridotte al minimo, riscaldamento razionato negli edifici pubblici, fine degli sconti alle pompe di benzina e per gli abbonamenti a mezzi pubblici e treni. L’autunno dell’austerity energetica è appena iniziato per i tedeschi e i prossimi mesi si annunciano come una vera e propria prova di resilienza. Intanto i segnali di pessimismo continuano ad arrivare dal mondo economico e, per ora, si tratta ancora solo di stime.

Le ultime arrivano dall’istituto Ifo di Monaco e riguardano l’industria chimica, forse la più esposta alla crisi energetica. “La guerra in Ucraina sta pesando molto sull’economia del settore, poiché il gas naturale rappresenta una quota importante del consumo energetico dell’industria chimica”, premette il bollettino del centro di ricerca economico bavarese.

I numeri: una sequenza di segni “meno”. Il clima economico dell’industria chimica è peggiorato drasticamente in agosto. È sceso a – 33 punti, dopo i – 14 punti di luglio. La valutazione della situazione economica attuale è scesa in modo particolarmente marcato. Per la prima volta da settembre 2020, le imprese hanno espresso una valutazione negativa, pari a – 8 punti, dopo i + 22 di luglio. Le aspettative per i prossimi mesi sono scese a – 55 punti, dopo i – 45 punti di luglio: “Si tratta del valore peggiore dal 1991”, sentenziano gli economisti dell’Ifo.

I piani per la produzione futura hanno subito un forte calo, con il valore corrispondente che è sceso a – 38 punti in agosto, dopo i – 27 punti di luglio. Solo la carenza di materiali è stata un po’ più attenuata in agosto. La situazione è leggermente migliorata: il 50% delle aziende ha segnalato problemi di approvvigionamento, rispetto al 54% di luglio. Non è un granché, ma di questi tempi è un dato che può essere preso con qualche respiro di sollievo.

Dati più rassicuranti arrivano dal fronte dell’occupazione, forniti dall’Agenzia federale del lavoro. Ad agosto il numero di disoccupati in Germania è aumentato di 77.000 unità rispetto al mese di luglio, superando complessivamente i 2 milioni e mezzo. Il tasso è aumentato di 0,2 punti, raggiungendo il 5,6%. Rispetto all’agosto dell’anno precedente, il numero dei disoccupati è diminuito di 31.000 unità. “Nonostante le incertezze economiche e politiche, il mercato del lavoro è solido”, ha detto Andrea Nahles, ex leader senza fortuna dell’Spd, ora spedita da Scholz alla guida dell’Agenzia federale per il lavoro.

D’altra parte, la domanda di nuovi lavoratori rimane ad un livello molto alto. E quel che preoccupa funzionari politici e imprenditori è soprattutto la carenza di manodopera. La domanda di nuovi lavoratori rimane infatti a un livello molto alto. Ad agosto sono state registrate 887.000 offerte di lavoro presso le agenzie di collocamento, 108.000 in più rispetto a un anno fa. Sul mercato della formazione, circa 408.000 giovani si sono registrati presso l’agenzia alla ricerca di un apprendistato da ottobre 2021 ad agosto 2022. Si tratta di 13.000 unità in meno rispetto all’anno precedente.

L’allarme per la carenza di lavoratori è stato lanciato da tempo, ma negli ultimi mesi tutti gli istituti di ricerca economica tedeschi sono tornati a evidenziarne i pericoli nel medio periodo: più dei costi energetici e delle strozzature nelle catene di approvvigionamento, fattori considerati comunque contingenti, è la scarsità di manodopera a minare la crescita economica della Germania. Nei Länder orientali, già prosciugati della sua giovane e qualificata forza lavoro negli anni della grande migrazione a Ovest succeduta alla riunificazione, gli effetti negativi sono già oggi misurabili.

Andrea Nahles, che in fondo è un politico, sembra aver recepito l’allarme e, in un’intervista all’Handelsblatt, spinge per una rapida semplificazione della legge sull’immigrazione. Una riforma da attuare subito, “meglio oggi che domani, altrimenti saremo sempre perdenti rispetto ai classici Paesi di immigrazione come il Canada o gli Stati Uniti”.

Secondo l’ex politica socialdemocratica, che nella sua carriera è stata anche ministro del Lavoro, un una riforma complessiva servirebbe anche a ridurre il numero di quegli immigrati che poco temnpo dopo dalla Germania a loro volta emigrano. Può sembrare un paradosso: ma degli 1,14 milioni di persone che arrivano in Germania ogni anno, due terzi emigrano di nuovo perché, ad esempio, il ricongiungimento familiare è troppo complicato. “Evidentemente, in ultima analisi, non ci consideriamo ancora un Paese di immigrazione”, ha criticato Nahles.

Back To Top