“Come si fa a pensare che un’azienda con oltre 680 miliardi di euro di attività non sia interessata all’asset management? Significherebbe non voler fare gli assicuratori!”.
Parole e punto esclamativo del presidente di Assicurazioni Generali, Gabriele Galateri di Genola – di solito poco aduso ai punti esclamativi – in un’intervista al Corriere della Sera, in cui di fatto – con i toni soffusi tipici del personaggio – rintuzza critiche e piani dei pattisti di Leonardo Del Vecchio, Francesco Gaetano Caltagirone e Fondazione Crt, secondo i quali proprio l’asset management è uno dei punti deboli dell’attuale vertice di Assicurazioni Generali che loro vogliono ribaltare.
Non solo: i pattisti addossano la responsabilità di questa inerzia del Leone alle aspettative e agli input di Mediobanca (primo azionista di Generali contestato dai pattisti) che – secondo la versione insufflata da giorni ai giornali – terrebbe a bagnomaria Banca Generali, che anzi nei mesi scorsi proprio l’istituto di Piazzetta Cuccia guidato dall’ad, Alberto Nagel, avrebbe voluto comprare con grande scorno dei pattisti (che hanno mire non esplicitate anche sull’immobiliare di Generali, secondo le indiscrezioni raccolte da Startmag).
“Il piano avrà una sempre maggiore attenzione alla tecnologia, che significa gestione dei big data per spostarci su servizi che prevengono i rischi, oltre che sulla copertura del danno. E tutti i nuovi prodotti e servizi saranno pensati fin dall’inizio sulla base di criteri di sostenibilità»., ha aggiunto Galateri di Genola che, notoriamente gradito a Mediobanca, si vuole ritagliare un ruolo da super partes nella contesa fra soci di Generali, anche se dall’intervista emergono stilettate ai pattisti.
«Io non amo parlare di scontri. Preferisco parlare di board “dialettico”, dove si espongono posizioni diverse, anche piuttosto intense. Per me è una garanzia che la decisione presa sia stata prima passata al setaccio, anziché approvata da un consiglio che accetta tutto senza discutere. Detto questo la maggioranza del cda si è espresso a favore di Donnet», ha affermato anche il presidente di Generali, nell’intervista al Corriere della Sera, sullo scontro in atto tra i soci del Leone. Sul fatto che si sia ora oltre la dialettica, «credo che in questo caso specifico ci siano motivi che non riguardano solo l’andamento operativo. Il mio come presidente è un ruolo di garanzia e comunque c’è un punto di sbocco che è l’assemblea.
I soci decideranno qual è la scelta migliore per Generali. Il mio compete è che le cose siano fatte in maniera rispettosa delle regole», assicura Galateri. Interpellato sulla lista del cda, se questa sia davvero del board o di Mediobanca come dicono i soci pattisti, «partiamo dalle origini. La possibilità di presentare una lista del cda è un fatto acquisito in tutti i principali mercati finanziari; in Generali è stata chiesta da alcuni consiglieri e portata in cda, dove l’abbiamo approvata all’unanimità e in assemblea ad aprile 2020 è stata votata con oltre il 99% dei voti favorevoli. Per me – ha aggiunto Galateri- era una logica conseguenza procedere con la lista, un non problema. Da super partes, quando sono arrivati i tempi per decidere se presentarne una per aprile 2022, ho portato la proposta in consiglio ed è stata approvata a maggioranza. Le regole sono regole, non è previsto che la decisione vada presa all’unanimità. A quel punto abbiamo informato Ivass e Consob. Così abbiamo deciso di c la procedura per la lista».
Sulla revisione da parte della Consob della procedura di formazione delle “liste del cda”, “abbiamo approvato in Consiglio una procedura che considero molto avanzata Ora la Consob ha detto di adeguarla aprendo ancora di più agli indipendenti. Così abbiamo allargato e dato maggiore centralità al comitato nomine ad hoc».
E, prosegue Galateri. «Posso affermare che i consiglieri – indipendentemente da chi li ha proposti – tutti la responsabilità di agire per l’interesse della società. Non presto attenzione al fatto che si dica ci sia qualcuno dietro questo o quell’altro consigliere. In ogni caso, esiste un comitato nomine che sovraintende a queste valutazioni». Quanto infine a una sua ricandidatura, «nella mia vita professionale ho fatto bellissime che non avrei mai voluto lasciare. Il codice di corporate governance dice che dopo nove anni non si è più considerazioni indipendenti. Vedremo con serenità le circostanze che si danno»