Focus su Banca Generali. Continuano le grandi manovre in Assicurazioni Generali, anche se si delinea sempre più la strategia (anti Mediobanca) del patto fra Del Vecchio, Caltagirone e Fondazione Crt
Il patto parasociale fra Caltagirone, Del Vecchio e Fondazione Crt è salito al 15,171% del capitale di Generali. E’ quanto emerge da un estratto del patto pubblicato sul sito della compagnia che dà conto del superamento della soglia del 15% con gli ultimi acquisti fatti dai tre aderenti, compresa Crt..
I NUOVI NUMERI DI CALTAGIRONE, DEL VECCHIO E CRT IN ASSICURAZIONI GENERALI
Il gruppo Caltagirone ha oggi in mano il 7,558% del Leone, Delfin il 6,139% e Fondazione Crt l’1,474%. L’accordo di consultazione, che vale fino alla prossima assemblea di Generali di aprile, è stato sottoscritto da Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio lo scorso 10 settembre e si vincolava il 10,948% di Generali cui si è aggiunta dal 17 settembre la quota di Fondazione Crt, che era all’1,23%.
LE MOSSE DEL PATTO PARASOCIALE IN ASSICURAZIONI GENERALI
Lo scopo del patto parasociale di Generali, che raggruppa in tutto 16 azionisti, di cui solo Caltagirone, Delfin e Fondazione Crt hanno modificato le proprie quote, è di “istituire previa richiesta di diritto di diritto di voto” tra le parti contraenti, come indica l’articolo 122 del Testi Unico della Finanza. Sono escluse quindi dall’accordo parasociale la costituzione di organi esecutivi all’interno del patto, la previsione di clausola penali nei confronti di una parte inadempiente rispetto agli obblighi dall’accordo, eventuali clausole di rinnovo, anche non automatico e l’obbligo di deposito di azioni oggetto del patto “in costanza di efficacia dello stesso”. Le parti sono rappresentate all’interno dell’accordo con “la totalità delle azioni” che hanno in portafoglio.
CHE COSA HA DECISO LA CONSOB SULLA LISTA PER IL CDA DI GENERALI
Sulla tenzone fra i due soci e Mediobanca (primo azionista di generali), in vista dell’assemblea dei soci del Leone di Trieste e dunque dell’elezione del nuovo board, la Consob ha individuato in settimana alcune linee guida per regolare il fenomeno delle «liste del cda», una prassi non prevista dalla legge — e per questo non vietata — che ha preso piede tanto da essere prevista negli statuti di 52 società, con 11 che l’hanno applicata e Generali che la sta per varare, ha sintetizzato il Corriere della Sera.
LA CONSOB DI SAVONA HA UN PO’ DELUSO CALTAGIRONE
Il collegio della Consob si è riunito e ha votato a maggioranza (non all’unanimità) la scelta di indire una consultazione di mercato sui rischi connessi alla presentazione di una lista da parte del board uscente di una società, come sta avvenendo in Generali. “Sostanziale disco verde della Consob alle liste del cda”, ha scritto Repubblica. “Il collegio Consob ha deciso di non decidere su Generali”, ha invece rimarcato il Sole 24 Ore, che ha aggiunto: nei fatti la scelta dell’Authority dilata i tempi del confronto, non boccia di per sé la lista del consiglio ma al tempo stesso pone alcuni paletti al processo di elaborazione. Sta di fatto che la Consob presieduta da Paolo Savona, economista, ex ministro ed ex editorialista del quotidiano Il Messaggero di Caltagirone ha di fatto un po’ deluso il costruttore ed editore.
LA STRATEGIA DI CALTAGIRONE, DEL VECCHIO E CRT SU BANCA GENERALI
Uno dei punti chiave su cui Del Vecchio e Caltagirone punteranno da un lato per dimostrare la gabbia operata da Mediobanca su Generali in termini di business e dall’altro per auspicare una maggiore intraprendenza del Leone non solo nelle acquisizioni: il risparmio gestito, ad esempio, secondo i due imprenditori è stato di fatto tarpato proprio perché l’istituto di Piazzetta Cuccia guidato dall’amministratore delegato, Alberto Nagel, non vede di buon occhio la crescita di un potenziale concorrente, quale può essere Banca Generali, controllata dal gruppo Assicurazioni Generali con il 50.17%. Mentre nel frattempo ci sono state occasioni mancate per Banca Generali come Pioneer e Finanza&Futuro, secondo la visione dei pattisti.
CHE COSA HA SCRITTO IL SOLE 24 ORE SU CALTAGIRONE, MEDIOBANCA E BANCA GENERALI
Svela oggi il Sole 24 Ore: “Gli imprenditori, supportati anche dall’ente torinese e da una serie di advisor finanziari, sono al lavoro per mettere nero su bianco le idee chiave da cui far decollare la crescita del Leone nei prossimi anni. E uno degli elementi cardine, come detto, sarebbe proprio Banca Generali, perno attorno alla quale si vuole realizzare lo sviluppo della compagnia nel risparmio gestito. Proponendola nel ruolo di polo aggregante e di possibile veicolo delle iniziative di espansione future. Del resto Banca Generali ha numeri importanti: 82,1 miliardi di euro di masse a settembre 2021 contro i 56 miliardi del 2018, che vale un tasso di crescita del 47%, e un utile netto di 271 milioni, sempre nei nove mesi, contro i 180 milioni dell’intero 2018 e i 275 milioni del 2020. È solida, complice un Cet1 che supera il 15%, ed è anche sempre stata piuttosto generosa in termini di politica di dividendo: nel periodo 2019-21 ha distribuito 3,3 euro per azione. In ragione di tutto questo, è convinto il patto, è un asset da valorizzare e che può generare ancora parecchio valore, non certo da vendere e neppure da lasciare in disparte”.
IL RUOLO DI CALTAGIRONE E CRT IN BANCA GENERALI
Tra l’altro, nella banca guidata dall’amministratore delegato Gian Maria Rossa, si notano già due presenze nel cda di rappresentanti del patto a tre fra Caltagirone, Del Vecchio e Fondazione Cassa di risparmio di Torino (Crt): ossia Azzurra Caltagirone e Massimo Lapucci, segretario generale della Fondazione Crt. I tre componenti del patto di fatto anti Nagel e Donnet aveva giudicato negativamente la mossa recente di Mediobanca per un’offerta su Banca Generali, “sia per i termini della proposta (un mix di contanti e carta che coinvolgeva sia titoli di Piazzetta Cuccia che di Generali) sia per la tempistica (a marzo 2020 in piena pandemia)”, chiosa oggi il Sole 24 Ore.
IL BUSINESS IMMOBILIARE
Insomma i sogni bancari di Caltagirone non sono finiti, così come quelli di Del Vecchio; anche se i due “arzilli vecchietti” hanno sempre un occhio agli affari immobiliari anche in Generali, si bisbiglia in ambienti finanziari milanesi.