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Francia

Com’è andata l’economia della Francia nel 2021

Com'è andata l'economia della Francia nel 2021. L'articolo di Andrea Mainardi.

 

L’impegno messo in campo dal governo francese nelle ultime settimane, limita in Francia più che in Italia il folle aumento della bolletta energetica, tutela famiglie e imprenditori e un po’ indirizza gli argini del dibattito politico nelle presidenziali di aprile. Ma i dati pubblicati martedì dalla Direzione generale delle dogane segnano un record atteso e non per questo meno drammatico. Mentre Oltralpe si registra una crescita del 7%, la bilancia commerciale scopre un deficit nel 2021 – il peggiore di sempre –, a 84,7 miliardi di euro (ovvero il 3,4% del Pil). Rispetto al 2020, quando aveva raggiunto i 64,2 miliardi di euro, il deficit commerciale si è ampliato di circa venti miliardi. Un deficit commerciale che avanza da anni e sta lentamente erodendo l’economia francese.

“Ci vorranno dieci anni per ridurre questo deficit del commercio estero”, aveva confidato all’inizio di gennaio il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, avvertendo lo tsunami certificato ieri. Gli ultimi dati confermano la portata del compito, con la fotografia di un buco superiore di oltre il 30% rispetto a quello osservato nel 2020. È vero che l’impennata dei prezzi dell’energia spiega in parte il deterioramento delle condizioni. Ma anche senza questo, la situazione è drammatica. Il deficit manifatturiero continua ad aumentare anno dopo anno, perché il tessuto industriale è sempre meno in grado di soddisfare le esigenze della domanda interna e del mercato globale. Anche nei settori in cui un tempo i francesi erano i campioni del mondo, come l’agricoltura, le prestazioni sono in calo.

Disavanzo commerciale (senza precedenti) di quasi 85 miliardi di euro. Ipotesi nell’emergenza energetica

Dietro le ragioni a breve termine si trovano spiegazioni strutturali, concordano gli analisti: quelle di un Paese con servizi forti e industria debole.

Cruciale, lì come ovunque, il prezzo della bolletta energetica, passata dai 25,2 miliardi di euro del 2020 ai 43,1 del 2021. Ma i rincari nello stesso periodo hanno colpito altri Paesi, senza che la loro bilancia commerciale si sia deteriorata altrettanto. Il peggioramento del deficit si dettaglia “con un rimbalzo più marcato delle importazioni (+18,8% dopo -13% nel 2020) che delle esportazioni (+17% dopo -15,8%)”. Preferendo osservare il bicchiere mezzo pieno, Franck Riester, segretario di Stato all’economia, con delega al commercio estero, ricorda un “avanzo record nei servizi, a 36,2 miliardi di euro”.

Aeronautica e agroalimentare: settori che vanno bene per l’export. Ma non abbastanza

L’industria aeronautica rimane orientata a livello internazionale, così come i settori del vino, dei cereali e dei prodotti lattiero-caseari.

L’aeronautica, settore di punta dell’export francese, è stata penalizzata dalla pandemia, con una bilancia commerciale inferiore al livello record del 2019 (19,7 miliardi di euro, contro 30,8 miliardi). Resta uno dei principali esportatori francesi, eppure non regala la performance attesa. È tornata solo al 57% del livello prima della crisi sanitaria. In termini di aeronautica civile, i clienti francesi pesano poco negli ordini di Airbus e Safran. Safran indica che nel 2020, nonostante il Covid, l’80% dei suoi 16,5 miliardi di dollari di fatturato è stato realizzato fuori dalla Francia. La stragrande maggioranza dei 10.300 motori già presenti nel suo portafoglio ordini alimenterà aerei di compagnie aeree straniere. Dal lato Airbus, la quota delle esportazioni è ancora maggiore: il fatturato della sua attività di aviazione commerciale è realizzato per oltre il 95% da clienti stranieri. Nel 2020, nonostante la pandemia, Airbus ha raggiunto un fatturato di 49,9 miliardi di dollari, rispetto ai 70,5 miliardi di dollari dell’anno precedente. Nel 2021 ha consegnato 611 aeromobili, di cui solo 12 ad Air France-KLM.

Nel settore agroalimentare, il settore dei vini e dei distillati, inebria. Le vendite di cognac sono aumentate del 30% nel 2021. Scrive Le Monde: “anche il fatturato dello Champagne ha raggiunto il livello record di 5,5 miliardi di euro, di cui più della metà ottenuti fuori dai confini”.

Sorridono gli incrementi nell’export di profumi e cosmetici (+111%), lusso (+115%), agroalimentare (+109%), tessile (+109 %).

A mezz’asta, quasi oltre il crinale, più verso il burrone, le esportazioni di auto

La crescita al 7% e l’emergenza pandemica, sostiene il segretario c Riester, ha poi incrementato le importazioni, in particolare dalla Cina, nel settore sanitario o elettronico.

Reindustrializzare en marche!

In un rapporto pubblicato all’inizio di dicembre, l’Alto Commissario per la Pianificazione, François Bayrou, ha osservato che il 74% delle esportazioni francesi (in valore) sono realizzate dal settore industriale, per un importo di 468 miliardi di euro di manufatti nel 2019. “Nonostante questi risultati, l’industria manifatturiera da sola ha un deficit commerciale di oltre 51 miliardi di euro”, lamenta Bayrou. “La deindustrializzazione della Francia ha certamente contribuito ad aggravare il nostro deficit commerciale”, ha osservato a gennaio Guillaume Vanderheyden, vicedirettore del Commercio internazionale presso la Direzione generale delle dogane.

Passaggio cruciale, la reindustrializzazione.

Fenomeno che da tempo si cerca di invertire.

Senza successi clamorosi. Sfida di prima grandezza per i candidati alle presidenziali. Oggi tutti sostengono che la Francia deve essere reindustrializzata. Ma la difficoltà è evidente. I governi nel tempo si sono concentrati soprattutto su politiche di riduzioni generali di tasse e contributi per reindustrializzare il Paese e quindi ridurre il deficit commerciale. Nel presente, dei 100 miliardi dell’ultimo piano di ripresa (il France Relance), 34miliardi sono destinati allo scopo, 20 per la riduzione delle tasse di produzione.

“Non ci sono altre soluzioni per ripristinare l’equilibrio commerciale estero della Francia che reindustrializzare in modo massiccio e veloce il nostro Paese”, ha commentato ieri il ministro Le Maire a France Inter.

L’imprenditore e analista Francis Journot denuncia le scelte politiche che hanno accelerato il declino industriale della Francia dagli anni ’70 e non crede nella capacità dei candidati alla presidenza di invertire la tendenza: “Valérie Pécresse ed Emmanuel Macron, probabilmente non hanno alcuna intenzione di reindustrializzare la Francia, soprattutto perché un piano massiccio sarebbe impossibile nel quadro europeo”.

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