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Panetta

Tutti gli effetti della nomina di Fabio Panetta a governatore della Banca d’Italia

Obiettivi, sfide e incognite specie in Bce dopo la nomina di Fabio Panetta a governatore della Banca d'Italia. L'analisi di Stefano Feltri sul suo blog Appunti

 

Una volta la scelta del nuovo governatore della Banca d’Italia era un processo lungo e farraginoso, che vedeva contrapposti partiti, blocchi di potere, culture. Questa volta sta andando tutto come previsto: il governo Meloni ha avviato la procedura di nomina del successore di Ignazio Visco e ha puntato sul grande favorito, Fabio Panetta.

IL PROFILO DI FABIO PANETTA

Panetta è un raro caso di candidato che incrocia il curriculum adatto e l’affinità politica, perché ha seguito la carriera interna della Banca d’Italia fino al massimo grado, direttore generale, e poi è stato promosso nel board della Banca centrale europea, posizione ricoperta in passato da altri italiani più che autorevoli di provenienza Banca d’Italia (Lorenzo Bini Smaghi e Mario Draghi, che della Bce era anche presidente).

LE CONSONANZE POLITICHE

Quanto alla consonanza politica, Panetta viene da un ambiente romano che in senso lato si può definire più vicino alla destra che alla sinistra e con Giorgia Meloni ha coltivato fin da subito un rapporto che lo avrebbe portato a diventare ministro dell’Economia, a ottobre scorso.

IL NO A MINISTRO

Ma Panetta ha saggiamente declinato l’offerta, perché un posto da governatore della Banca d’Italia è più duraturo, più prestigioso (e meglio pagato) di una nomina inevitabilmente effimera in via XX Settembre.

IL RUOLO DI PANETTA A FRANCOFORTE

Panetta, con la raffinatezza dialettica del banchiere centrale, ha continuato a mandare anche da Francoforte rassicurazioni sulla sua affidabilità, con ben due citazioni di Lucio Battisti (che negli schieramenti musicali italiani sta a destra) e l’invito alla Bce a non guidare “a fari spenti nella notte”.

I DISCORSI DI PANETTA

Come tutta la comunicazione della Bce in questa confusa fase di inflazione, anche i discorsi di Panetta assumono un tono un po’ oracolare aperto a più interpretazioni. Quella che è stata data in Italia è che Panetta era in linea con il governo di Roma (e perfino con la Banca d’Italia di Ignazio Visco) nel tentativo di arginare i paesi del Nord che chiedono aumenti dei tassi di interesse e restrizioni monetarie annunciate, dure e progressive fino a quando l’inflazione non sarà di nuovo sotto controllo.

LA BCE SECONDO PANETTA

Panetta invece caldeggia l’approccio che la Bce chiama “dipendente dai dati” che nel concreto significa navigare a vista sperando che il futuro non riservi sorprese troppo negative, senza vincolarsi in anticipo ad aumenti di tassi di interessi che potrebbero rivelarsi non necessari se l’inflazione (soprattutto nei servizi) dovesse frenare e se i timori di recessione dovessero farsi più concreti.

I RISCHI DELLA NOMINA

Da un punto di vista tattico, o di interesse della “nazione”, come direbbe Meloni, la nomina di Panetta è un rischio sul piano europeo. Panetta lascerà il board della Bce e non è affatto detto che l’Italia riesca a sostituirlo con un altro membro italiano: un po’ perché non ci sono molti candidati con lo stesso standing (si parla di Daniele Franco, ex ministro ed ex direttore generale di Banca d’Italia), ma anche perché il peso politico dell’Italia in Europa in questo momento è ai minimi storici.

Fuori dagli assetti politici che hanno regolato l’Ue in questa legislatura, non ancora in grado di approfittare del possibile allargamento a destra della maggioranza fondata sul Ppe che si prefigura dopo le elezioni 2024.

E, soprattutto, guardata con sospetto dal lato dei conti pubblici: il governo Meloni si appresta a rinviare a settembre la discussione sulla ratifica della riforma del fondo salva Stati Mes (bloccata di fatto dal veto italiano, dopo l’approvazione a livello governativo nel 2021) e non ha ancora ottenuto la terza rata di pagamenti relativa al Pnrr, del quale continua a chiedere la revisione senza presentare alcun progetto.

CHI DOPO PANETTA IN BCE?

Perdere un riferimento nel board permanente della Bce comporta poco di formale ma molto di sostanziale: per un paese ad alto debito quale l’Italia avere un interlocutore ricettivo e comprensivo nel comitato ristretto che decide la politica monetaria è cruciale, soprattutto quando ci sono fasi di turbolenza politica che possono generare incertezza finanziaria (eventualità assai frequente in Italia).

LO SCENARIO

Magari riuscirà anche a portare un po’ di cultura economica ed europea in un governo che finora non ne ha dimostrata molta. O magari ci troveremo una Banca d’Italia più in sintonia con la retorica conservatrice e nazionalista della premier. Lo capiremo presto.

(Estratto dal blog Appunti di Stefano Feltri)

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